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Jesmyn Ward, l’autrice del Mississippi che raccoglie storie struggenti

La vincitrice del National Book Award, Jesmyn Ward, si sveste completamente della finzione concessa agli autori e racconta la sua educazione e la vita tormentata nel Mississippi...

“Men We Reaped”, Jesmyn Ward racconta la verità sulla sua vita e non solo

ROMA – La vincitrice del National Book Award, Jesmyn Ward, si sveste completamente della finzione concessa agli autori e racconta la sua educazione e la vita tormentata nel Mississippi.

“MEN WE REAPED”, IL LIBRO – “Men We Reaped”, in uscita in America (Tony Cook / Bloomsbury), è una raccolta di memorie; storie vissute che si intrecciano in una trama tragica e fitta. L’autrice scrive di un’esistenza precaria e vana dove la morte passa senza trovare resistenza e trascina con sé cinque giovani uomini, compreso il fratello dell’autrice, Joshua.

All’inizio Ward è poco più che una ventenne laureata, e vive in casa con i ragazzi con la quale è cresciuta. Tra lattine di birra e gamberi, Jesmyn W. esprime il desiderio di divenire una scrittrice, ma soprattutto di raccontare una storia ambientata in una realtà domestica. Un libro sulla verità nascosta, intima, silenziosa.

Un giorno, Demond Dedeaux disse a Ward: “You should write about my life”.
Il giovane era una delle rare menti brillanti con una famiglia stabile nel Mississippi, ma disperava per un futuro senza rosee promesse. L’aspirante scrittrice rise. Molti uomini, spacciatori o puritani, credevano che ci fosse almeno un motivo per scrivere della loro storia. Ward ha confessato, alla fine della stesura del libro, di aver capito solo dopo cosa volessero dire le loro affermazioni.


LA VERITÀ
– “Men We Reaped” è una raccolta di persone, di testimonianze su una realtà complicata che esiste e persiste negli anni, come se il progresso umano ed economico fosse confinato e fertile solo in alcune terre. Le varie storie non hanno come tema principale la discriminazione e le difficoltà delle persone di colore in America, ma è una visione senza distinzione di genere e razza; nella povertà del Mississippi del ventunesimo secolo ogni volto è uguale all’altro.
Spesso la realtà può sostituirsi all’immaginazione, senza invidiarle l’imprevedibilità. Jesmyn Ward ha scritto la sua storia, come se la vita vissuta avesse l’unico scopo di farsi raccontare e così, nelle parole, ha cercato e trovato il senso.

LA FORZA DELLA SCRITTURA DI J. WARD – “Man We Reaped”, nonostante la verità e l’esperienza diretta dell’autrice, non ha un intento autobiografico. I fatti vengono riportati con la stessa importanza con cui rientrerebbero in una notizia giornalistica, poi però si mescolano all’empatia e al trasporto, all’affetto e alla salvezza, alla debolezza e all’intimità di una storia che prima era solo una delle tante nell’indifferenza del Mississippi.


LA VITA PRIVATA E LA FINZIONE
– La scrittura entra nella vita e il racconto diviene un imperativo categorico, una necessità, una voce lì dove abitano solo muti. Joshua, il fratello di Jesmyn Ward, viene descritto con molta precisione; la sua figura diviene plastica e sempre percepibile, così come lo è la morte precoce a lui destinata. I momenti familiari e intimi rientrano nelle pagine e svelano ciò che c’è dietro una porta chiusa. L’autrice dichiara, però, di aver sentito il bisogno, in alcuni casi, di preservare i personaggi di “Men We Reaped” da un destino crudele e da una storia macabra. Così, con la forza delle parole, spesso ha immaginato un epilogo diverso.
“I loved them too much: as an author, I protected them from death, from drug addiction, from needlessly harsh sentences for doing stupid, juvenile things”.
(Ho amato molto tutti loro: come autrice li ho protetti dalla morte, dalla tossicodipendenza, dalle condanne per stupidi errori della giovane età.)
La scrittura diviene testimonianza, una denuncia parlante, una voce che ormai esiste e ripete sempre le stesse pagine.  Jesmyn Ward ha dato senso a quelle vite che camminano in un percorso obbligato. Ed è qui la forza delle parole. Esse svelano la verità che sembra non esistere eppure aspetta di essere raccontata per ritrovare un motivo.

 

Sofia Di Giuseppe

12 settembre 2013

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