Jane Austen: 5 romanzi a lei dedicati

13 Dicembre 2025

5 libri su Jane Austen tra biografie, gialli regency e romanzi ispirati a lei per esplorare la sua vita, il suo stile e il suo immaginario.

Jane Austen: 5 romanzi a lei dedicati

Jane Austen torna sempre, e dopo averla avuta come “ospite” alla fiera Più Libri Più Liberi di quest’anno, vogliamo ricordarla anche noi di Libreriamo; non con un elenco dei suoi libri più belli o più letti, ma con delle piccole scintille di novità, libri che hanno cercato di osare innalzando la sua figura.

Alcuni ricostruiscono la sua vita come un mondo da attraversare, fatto di oggetti, lettere, salotti e legami; altri trasformano Jane in personaggio, immaginandola alle prese con misteri, amori e scelte non dette; altri ancora la seguono giorno dopo giorno nei suoi romanzi, come se “Austenland” fosse un luogo reale in cui tornare per ritrovare parti di noi.

Perché, quando crediamo di averla già “vista” abbastanza Jane Austen si riaffaccia con nuove traduzioni, serie e film che continuano a riprenderla e mostrarla per quello che è stata: una donna eccezionale.

Nei libri che vi presentiamo oggi, Austen si fa più vicina e noi riusciamo quasi a toccare il suo quotidiano, a inseguire le sue stanze, a capire da dove nascesse quella voce così nitida da attraversare due secoli.

Scopriamoli insieme.

“Per sempre tua. Il mondo infinito di Jane Austen” di Carolina Capria

Non è una biografia in senso tradizionale, né un semplice saggio divulgativo: è piuttosto una specie di visita guidata emotiva dentro la vita e dentro l’opera di Austen, costruita come un diorama in cui ogni dettaglio diventa una porta d’accesso. Capria parte da una domanda che sembra impossibile da esaurire: com’è potuto accadere che una giovane donna nata in un villaggio dell’Hampshire alla fine del Settecento sia diventata una voce senza tempo della letteratura mondiale? E prova a rispondervi non con la freddezza dei fatti in fila, ma con uno sguardo narrativo, affettuoso, minuzioso.

Pagina dopo pagina si ricompongono gli oggetti e i luoghi che hanno fatto da cornice alla sua immaginazione: lo scrittoio portatile, le stanze di casa, la quotidianità fatta di visite, salotti, conversazioni, “teatri domestici” e quella rete di relazioni femminili e familiari (sorelle, amiche, alleanze, piccole frizioni) che nei romanzi diventa architettura morale. Il libro alterna così la vicenda umana dell’autrice e il suo universo letterario, facendo entrare in scena personaggi, incipit, dialoghi e descrizioni come se fossero la continuazione naturale della sua esistenza: non citazioni da manuale, ma presenze vive.

Il risultato è un ritratto che insiste sulla “lezione” austeniana, ancora attuale: la capacità di leggere il potere, l’amore, il denaro e le convenzioni sociali senza mai perdere ironia e lucidità. Le illustrazioni di Alice Conte accompagnano questo percorso come un contrappunto visivo, delicato e narrativo, rafforzando l’idea che Austen non sia soltanto un canone da venerare, ma un mondo abitabile, in cui tornare (e restare) “per sempre”.

“Natale con Jane Austen” di Jessica Bull

In “Natale con Jane Austen” Jessica Bull prende la nostra idea più confortante di sempre, il Natale tra tè, camino e buone maniere, e la incrina con una crepa irresistibile: un corpo nascosto, un villaggio che sussurra, e una Jane Austen giovane che, invece di limitarsi a osservare il mondo, decide di metterci le mani.

Siamo nell’Hampshire, inverno del 1798. Alla canonica di Steventon le feste sono vicine, ma l’allegria sembra “intrappolata nel gelo”: i fratelli sono lontani, le giornate scorrono tutte uguali, e il rischio è quello di un dicembre fatto soltanto di tazze di tè, sbadigli e canti stonati davanti al fuoco. Jane, che ha già quella fame di vita e di storie che noi riconosciamo nei suoi romanzi, avverte la noia come una prigione. Finché non inciampa letteralmente in qualcosa di “davvero interessante”: uno scheletro ben nascosto in cantina. Altro che tombola di famiglia.

Da quel momento la quiete si trasforma in enigma. Nel villaggio comincia a circolare una voce: potrebbe essere Mary Ellen, una giovane scomparsa misteriosamente subito dopo il matrimonio. Attorno al suo nome aleggia persino un fantasma, dicono abiti i boschi circostanti. Dicerie, certo. Ma Jane conosce la grammatica dei pettegolezzi: ogni chiacchiera, se la ascolti bene, contiene un granello di verità. E dove c’è verità, spesso, c’è anche colpa.

Tra balli a lume di candela, tazze di punch bollente e gentiluomini capaci di corteggiare con grazia (ma non sempre di essere onesti), Jane si ritrova invischiata in un intrigo che sembra uscito dai suoi futuri libri: una comunità piccola, educata in superficie, piena di crepe sotto la carta da parati. Ne nasce un giallo regency arguto e natalizio, dove l’ironia austeniana diventa strumento d’indagine e il mistero, sotto il vischio, è forse la cosa più “festiva” che possa capitare.

“Un anno con Jane Austen” di Liliana Rampello

Un libro che somiglia a un calendario dell’anima più che a un saggio tradizionale, che non pretende di “spiegare” Austen una volta per tutte, ma di accompagnarci dentro il suo mondo giorno dopo giorno, come se la lettura fosse un’abitudine quotidiana, una pratica di attenzione. Rampello parte da un’idea affilata e insieme malinconica: la Jane Austen privata, quella delle lettere e degli scritti personali, ci è arrivata in frammenti, perché la sorella Cassandra, amatissima, distrusse gran parte dei suoi testi intimi. Se vogliamo cercarla davvero, allora, non ci resta che inseguirla dove è rimasta intera: nei sei romanzi.

Da qui nasce il cuore del libro: 365 “scene” per 365 giorni, come un attraversamento lento dell’universo austeniano. Non si tratta soltanto di ripercorrere trame e personaggi, ma di soffermarsi su ciò che compone la materia viva di Austen: matrimoni e balli, case e paesaggi, incipit memorabili e finali concilianti; madri, ragazze, sorelle, zie, “zitelle”; ecclesiastici e gentiluomini, padri autorevoli e seduttori più o meno rispettabili.

È un atlante di relazioni ed emozioni, osservate con quello sguardo acutissimo che Austen possedeva: capace di leggere le gerarchie sociali, le convenienze e le piccole crudeltà del quotidiano, senza rinunciare alla leggerezza dell’ironia.

Rampello insiste anche su un altro “mistero”: com’è possibile che, dal salotto di un piccolo rettorato inglese di fine Settecento, Austen sia riuscita a spalancare “la stanza di ogni casa presente e futura”? Forse perché le sue protagoniste non sono vittime decorative, ma donne che cercano, decidono, si contraddicono, si salvano. E in cui, ancora oggi, si specchiano parti di noi.

Il libro, come dice l’autrice, è un grande gioco, ma con una posta serissima: far venire voglia di tornare ad Austen, rileggerla, abitarla. E ritrovare, tra i giorni e le parole, quella Austenland in cui continuiamo a voler rientrare.

“Un tè con Jane Austen” di Catherine Bell

Catherine Bell sceglie una strada diversa rispetto ai saggi e alle riletture critiche: entra nella vita di Jane con la forma del romanzo, mescolando fatti reali e immaginazione per restituire l’impressione di una giovane donna che sta diventando, giorno dopo giorno, la scrittrice che conosciamo. Il risultato è una narrazione che ha il passo del period drama, ma con un’idea chiara al centro: l’amore, per Jane, è un’esperienza decisiva, certo, però non basta a definirla. La sua vera fedeltà è alla scrittura.

Siamo a Steventon, Hampshire, nel 1795. Jane ha vent’anni e si prepara al Natale con la famiglia, ma l’atmosfera non è quella serena che ci si aspetterebbe. La sorella maggiore, Cass, a cui è profondamente legata, trascorrerà le festività a Kintbury con la famiglia del futuro marito: un’assenza che pesa, e che accende in casa un’altra pressione, più sottile e costante. Perché se Cassandra si sposa, la madre non avrà più pace finché non “sistemerà” anche Jane. Solo che Jane non ha alcuna intenzione di sposarsi. Il suo desiderio, quasi ostinato, è un altro: scrivere e diventare, un giorno, una scrittrice di successo.

Poi arriva il ballo di fine anno e con esso Tom, l’affascinante e colto nipote di Madame Lefroy. Con Tom Jane condivide conversazioni, letture, un’intesa che sembra finalmente diversa dalle solite cortesie. Il colpo di fulmine è immediato, ma ha già dentro la sua ombra: Tom sta per trasferirsi a Londra. L’idea della separazione spezza qualcosa e, nello stesso tempo, spinge Jane a fare ciò che sa fare meglio. Si rifugia nella scrittura e comincia a dare forma a un’eroina memorabile, Elizabeth Bennet, compensando l’assenza di Tom con un alter ego letterario destinato a diventare leggenda: Mr Darcy.

Il romanzo poi compie un salto a Londra, 1810, mostrando l’altra faccia del mito: non l’Austen già consacrata, ma l’Austen che inciampa nei rifiuti editoriali, nelle delusioni amorose, nelle riscritture necessarie. Jane ha già scritto due romanzi e non riesce a pubblicarli. Finché il fratello Henry non fa leggere un manoscritto a Mr Egerton, uno degli editori più noti d’Inghilterra: da lì si apre finalmente uno spiraglio, con la proposta di pubblicare “Ragione e sentimento” e, poco dopo, “Orgoglio e pregiudizio”.

Bell costruisce così un omaggio narrativo al “dietro le quinte” di Jane Austen: una storia che insiste sul sacrificio, sull’attesa e sulla testardaggine, e che ci ricorda quanto sia costato, in termini di tempo e di fiducia, diventare “Jane Austen, la scrittrice”.

“Il segreto di Miss Austen” di Giovanna Zucca

Un romanzo che non si limita a evocare Jane Austen come figura-icona, ma la mette al centro di una storia “nuova” costruita con ingredienti rigorosamente austeniani. Siamo in Inghilterra, nel primo decennio dell’Ottocento, tra i salotti eleganti delle campagne dell’Hampshire, dove le giovani donne cercano un posto nel mondo e gli uomini, spesso ufficiali o gentiluomini, oscillano tra dovere, reputazione e desideri destinati a restare nell’ombra. Il paesaggio è quello classico della Regency, ma lo sguardo è già quello che riconosciamo: ironico, tagliente, capace di essere compassionevole senza diventare indulgente.

Zucca immagina una Jane Austen “in procinto di esordire come scrittrice”, quindi ancora dentro la vita quotidiana che nutrirà i suoi romanzi: osservatrice attentissima delle vicende altrui, delle piccole crudeltà e delle piccole vanità, delle strategie matrimoniali e delle conversazioni in apparenza innocue. Eppure, in questa ricostruzione, anche Jane custodisce qualcosa che nei libri non è mai stato davvero svelato: un amore segreto, legato a un uomo “votato a un destino” da cui lei ha sempre cercato di sfuggire. È qui che il titolo prende senso: la Austen che ha insegnato al mondo a decifrare i sentimenti diventa, a sua volta, un personaggio attraversato da un sentimento irrisolto, potenzialmente ingombrante, forse pericoloso.

Intorno a lei si muove un piccolo teatro umano di figure femminili e maschili sfaccettate, ognuna con il proprio nodo interiore e sociale. C’è Cecilia Ravencourt, fanciulla di rara bellezza accusata di “falsa modestia”, colpa tipicamente femminile in una società che pretende grazia ma punisce l’autonomia. C’è la superba e risoluta Louise Alton, giudicata sciocca da molti, e proprio per questo interessante: perché Austen ci ha insegnato che dietro le etichette c’è sempre un’altra storia. C’è Virginia, dolce e schiacciata dai capricci della sorella maggiore, e Olimpia, contessina che prova a fare da mediatrice tra padre e fratello, come se la diplomazia fosse l’unico modo concesso alle donne per esercitare potere.

E poi c’è la miccia del romanzo: Mrs Evans, macchina da pettegolezzo perfetta, sempre pronta a sussurrare “all’orecchio giusto” la frase sbagliata. È lei a turbare le acque della buona società, perché in Austen il gossip non è mai solo maldicenza: è un sistema di controllo, un’arma sottile che decide chi può essere amato, chi può essere stimato, chi può essere distrutto.

Tra segreti custoditi, rimpianti diffusi e amori mai vissuti, Jane attraversa lo scorrere delle vite altrui con la consapevolezza che la sua vera eredità finirà nelle pagine che scrive. Zucca, profonda conoscitrice dell’opera austeniana (il romanzo nasce anche in occasione dei 250 anni dalla nascita di Austen), costruisce così un intreccio pieno di intrighi e conversazioni vivaci, di equivoci, schermaglie, balli, villeggiature e matrimoni combinati. E soprattutto restituisce l’idea di un “classico” in atto: un libro che prova a farci credere che Austen sia ancora lì, viva, pronta a rispondere con una risata a chi la accusa di essere sempre la stessa. In fondo, è proprio questo il suo segreto migliore.

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