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Irene Chias, un libro per affrontare in chiave ironica il grave problema della violenza sulle donne

La lotta contro la violenza sulle donne è una battaglia di civiltà che dovrebbe coinvolgere tutti e interessare anche gli uomini, una battaglia che dovrebbe svolgersi innanzi tutto nei campi dell'educazione e dell'istruzione. Sono parole di Irene Chias, che a questo tema, di estrema attualità visti i fatti di questi giorni, ha dedicato il suo libro, ''Esercizi di sevizia e seduzione''...

L’autrice ci presenta il suo romanzo, “Esercizi di sevizia e seduzione”

MILANO – La lotta contro la violenza sulle donne è una battaglia di civiltà che dovrebbe coinvolgere tutti e interessare anche gli uomini, una battaglia che dovrebbe svolgersi innanzi tutto nei campi dell’educazione e dell’istruzione. Sono parole di Irene Chias, che a questo tema, di estrema attualità visti i fatti di questi giorni, ha dedicato il suo libro, “Esercizi di sevizia e seduzione”. La protagonista, Ignazia, leggendo capolavori della letteratura di tutti i tempi si è resa conto di come la violenza sul corpo delle donne sia descritta quasi come una fatto normale, mentre l’equivalente ai danni di un uomo sia guardato con orrore. Ignazia allora si fa carico di una missione, diventando una “spaventatrice seriale”. Sceglie con cura pagine letterarie che descrivono la violenza sulle donne e le riscrive al maschile, con gli uomini come vittime. Ma non finisce qui. Senza troppa fatica Ignazia seduce e rapisce uomini in carne e ossa, scelti in quanto prototipi di maschilismo, e li costringe ad ascoltare le sue pagine fino a terrorizzarli, iniettandogli infine una potente dose di ossitocina, ormone che favorisce il rilassamento, la fiducia e l’amore.

Com’è venuta l’originale idea di questo libro?
Come alla mia protagonista viene l’idea di diventare una “spaventatrice seriale”, così è venuta a me quella di scrivere questo libro. La presa di coscienza è esattamente descritta nel romanzo: Ignazia si rende conto di come la violenza sessuale ai danni delle donne sia in qualche modo considerata normale, scontata o “naturale”, laddove il corrispettivo ai danni di un uomo suscita un particolare orrore, una condanna decisamente più netta. Le occasioni che ha Ignazia per rendersene conto sono molteplici, quella più strettamente letteraria è costituita dalla lettura e dai commenti a un romanzo di Roberto Bolaño, “2666”. La parte dei delitti del libro di Bolaño racconta, romanzandolo, il diffuso femminicidio di Ciudad Juarez. Ma delle atrocità commesse ai danni di decine e decine di donne, atrocità descritte nel dettaglio, si legge quasi con un senso di ordinarietà, anche se, o forse proprio perché, si sanno basate sulla realtà. Le aggressioni sessuali agli uomini (uno viene evirato in carcere), anche queste descritte in maniera dettagliata ed effettivamente impressionante, suscitano un raccapriccio speciale.

Il tema della violenza sulle donne è quanto mai attuale. Lei sceglie di affrontarlo non con toni drammatici, ma ironici e provocatori. Può commentarci questa sua scelta stilistica?
Non so quanto sia una scelta consapevole, nel senso che è un tema inevitabile, è la realtà in cui sono immersa come tutti. Quella con cui lo affronto nel romanzo è una delle chiavi possibili, quella che è sorta spontaneamente perché forse a me più congeniale. In ogni caso non credo che nel libro manchino del tutto dei momenti drammatici, mi viene in mente ad esempio quando Ignazia mette a fuoco la sua esasperazione, o quando si rende conto che sua sorella è in pericolo. Però anche queste tragedie, pur mantenendo un loro livello di gravità, hanno dei risvolti comici, come il condizionamento al virilismo che gli stessi uomini devono subire, o un modello svenevole e vittimista di femminilità che personaggi come Cristina dimostrano di aver totalmente interiorizzato. È triste ma al contempo ridicolo.


Ignazia non è guidata nel suo agire da traumi subiti in passato. Quali sono allora le motivazioni profonde che la spingono? Può dirci qualcosa di più sulla psicologia del personaggio?

Non fare di Ignazia una “vendicatrice” di un puntuale episodio di violenza è invece una scelta precisa. Ignazia rappresenta una reazione, una ribellione a prescindere dall’aver o meno subito uno stupro vero e proprio. La considerazione è che qualunque donna immersa in questa realtà –  in questa mentalità che ti vuole in qualche modo corresponsabile di un’aggresione che subisci, che ti dice che se esci da sola di notte te la sei cercata, che minimizza se vieni presa a botte quando chi lo fa è tuo marito, che ti induce a pensare e ripensare mille volte se sia il caso di attraversare il parco da sola in una bellissima serata di primavera –  subisca già una qualche forma di privazione, di discriminazione e di violenza.

Quella che tratteggia nel suo libro è una rappresentazione del mondo femminile reale di oggi? Quali sono i caratteri principali di questo mondo?
Non credo che esista un mondo femminile e un mondo maschile. Viviamo tutti immersi nella stessa realtà, anche se è vero che probabilmente è lo sguardo ad essere diverso. Gli uomini possono permettersi di non porsi certi problemi che non li toccano direttamente. C’è stato un episodio che mi ha fatto riflettere qualche tempo fa. L’anno scorso una studente di un corso di cinema a Bruxelles, Sofie Peeters, ha proposto come saggio di fine anno un filmato che la vede camminare per le strade di un quartiere della città e subire battute volgari e approcci aggressivi dalla maggior parte degli uomini che incrocia. Una coppia di amici che vive nella capitale belga ha commentato l’episodio in maniera significativamente divergente: lei non si stupiva e anzi osservava come quotidianamente camminando da sola dovesse subire lo stesso trattamento; lui invece aveva addirittura dubitato della veridicità del filmato. Ovviamente quando era col marito la mia amica non veniva molestata da nessuno.
Le donne secondo lei hanno delle armi per ribellarsi alle violenze che subiscono ogni giorno? Quali?
Non so se spetti alle donne in quanto tali ribellarsi. È una battaglia di civiltà che dovrebbe coinvolgere tutti e interessare anche gli uomini, perché un progresso verso la libertà e una convivenza giusta sarebbe un bene per tutti, femmine e maschi. Come individui si può cercare di guardare con spirito critico agli stereotipi che da ogni parte ti piovono addosso, che tu sia uomo o donna. Cercare di guardarsi dentro per riconoscere le proprie inclinazioni e propri desideri, al di là di quello che qualcun altro ha stabilito per te o ti ha inculcato. Non credo che nella realtà una spaventatrice seriale possa sistemare le cose.  Ma credo che la battaglia dovrebbe svolgersi soprattutto su altri campi, l’educazione e l’istruzione. Tuttavia mi pare che la realtà stia andando nella direzione opposta.

8 maggio 2013

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