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In memoria di Giovanni Falcone. I miei suggerimenti di lettura, relativi alla scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino

Sabato 23 maggio 1992: una carica di 500 Kg. di tritolo, esplode lungo l'autostrada che da Punta Raisi porta a Palermo. All'altezza dello svincolo per Capaci...

Sabato 23 maggio 1992: una carica di 500 Kg. di tritolo, esplode lungo l’autostrada che da Punta Raisi porta a Palermo. All’altezza dello svincolo per Capaci.

E’ strage. Curata nei minimi particolari. Tre auto in corteo saltano in aria. La prima viene completamente investita dall’esplosione. Muoiono sul colpo tre agenti di scorta: Antonino Montinaro, Vito Schifani e Rocco di Cillo. Sulla seconda auto viaggiavano il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e l’agente di scorta Giuseppe Costanza. La dottoressa Morvillo muore poche ore dopo, così anche Falcone, che spira tra le braccia del suo fraterno amico e collega Paolo Borsellino. L’agente di scorta Costanza sopravvive all’attentato. Salvi per miracolo anche gli altri tre agenti che viaggiavano sulla terza vettura blindata che chiudeva il corteo di scorta a Falcone: Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello, Angelo Corbo.

Avevo 18 anni all’epoca, ne sono passati 21, ma il ricordo è ancora molto vivo e non credo che si attenuerà col tempo. Quelle trasmesse dai Tg, erano scene dall’inferno. Certi fatti non si possono dimenticare. Falcone fa parte di me, anche se non l’ho mai conosciuto di persona, ma questo non c’entra niente quando hai 18 anni e stai per diplomarti per poi intraprendere la Facoltà di Giurisprudenza con un ideale nel cuore e nella testa: la Giustizia. Un ideale per cui Falcone ha sacrficato la sua vita. Non voglio soffermarmi sulla sua figura professionale, perchè molti altri lo faranno e senza dubbio molto meglio di come potrei fare io. Mi preme evidenziare un aspetto, forse quello su cui nessuno dovrebbe mai stancarsi di riflettere e soprattutto di questi tempi.

Falcone aveva rivolto la sua vita in un’unica direzione, la ricerca della verità. La verità dei fatti. Per cercare di alleggerire il nostro Paese, partendo dalla Sicilia,sua amatissima terra, del grande fardello. Il più grande e spietato fardello : la Mafia. E ci è riuscito, fino a quel maledetto 23 maggio, scavando, investigando, talmente in profondità da essere divenuto il nemico da abbattere. Troppo pericoloso, perchè era stato capace di rivoluzionare il modo di condurre indagini di una delicatezza senza precedenti, dove gli interessi in gioco di mafia e Stato avrebbero rischiato di saltare fuori allo scoperto. Una volta per tutte e per tutti. Invece a saltare è stato lui. E durante il suo incarico di magistrato era perfettamente consapevole che sarebbe stato ammazzato. Eppure non si è fermato. Poteva farlo, hanno provato a convincerlo in vari modi (soprattutto sporchi, compreso un attentato fallito ai danni della moglie) ma lui non ha dubitato neanche per un attimo di voler proseguire per la sua strada. Falcone non aveva voluto figli, perchè sapeva che presto o tardi sarebbe stato ammazzato.

La sua vita era diventata un conto alla rovescia, in picchiata verso la morte e tuttavia il suo, era un dovere talmente intimo e radicato da sacrificare se stesso per provare a migliorare lo stato delle cose.

La frase di Falcone che forse più di tutte, secondo me, riassume il suo atteggiamento riguardo alla lotta alla mafia è questa: " L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Altrimenti non è più coraggio, è incoscienza! " E lo affermava per sè e per tutti i colleghi impegnati nella lotta contro la mafia e per quelli che non si sono voluti impegnare. Poi un’altra frase: " Il coraggioso muore una volta, il codardo cento volte al giorno." Lui è morto una sola volta, ma vive nel mio cuore e in quello di tante altre persone e come lui altri prima di lui. E Paolo Borsellino,il suo amico carissimo e collega è stato ammazzato di lì a poco. Una cosa che ancora oggi mi fa tantissima tenerezza è il legame freterno tra Falcone e Borsellino, uniti dallo stesso ideale e dallo stesso dovere morale. Voglio terminare questo mio breve omaggio in memoria di Falcone, proponendovi due letture, se ancora non avete avuto modo di incontrarle. Una è " Cose di Cosa Nostra " (Editore BUR Biblioteca Univ. Rizzoli ), un saggio che raccoglie venti interviste a Falcone, in cui egli spiega in modo dettagliato e scorrevole (sulla base delle sue indagini ) il fenomeno Mafia, fino ad arrivare agli innumerevoli intrecci tra vita siciliana e mafia. La seconda lettura che mi sento di proporre si intitola " Paolo Borsellino e l’agenda rossa " , ricordando che Borsellino venne ucciso in Via D’ Amelio, da un’autobomba, il 19 luglio del 1992, poco meno di due mesi dopo la strage di Capaci. Da quel momento si sono perse le tracce della sua agenda rossa, in cui era solito prendere appunti relativi alle sue riflessioni e ai contenuti dei suoi colloqui investigativi, soprattutto degli ultimi mesi che precedettero la strage. La magistratura indaga ancora, dopo ventuno anni, per riuscire a ritrovare questa agenda, considerata un documento fondamentale per riuscire a dare un volto ai mandanti esterni dell’attentato. Si presume che tali scritti contenessero nomi eccellenti della politica di allora ( e di oggi ? ) e che per questo sia stata estratta dalla borsa di Borsellino (rinvenuta intatta ), per portarla al " sicuro " e probabilmente per non venire mai più rintracciata. Questo documento di cui suggerisco la lettura è nato con lo scopo di poter contribuire al perseguimento di alcuni obiettivi di grande rilevanza, per poter arrivare alla verità completa dei fatti e al riscontro delle responsabilità di certa magistratura e di parte della politica italiana che a quei tempi rimase volutamente inerte di fronte ai gravi e palesi rischi per l’ incolumità personale dei magistrati Falcone e Borsellino. Voglio proporvi una lettera estratta da questo documento, scritta da Borsellino e indirizzata all’allora ministro del Lavoro Vincenzo Scotti, per declinare l’incalzante invito rivoltogli da quest’ultimo, a presentare domanda di ammissione al Consiglio Superiore della Magistratura.

Da " Paolo Borsellino e l’agenda rossa " ( a cura della redazione di 19luglio1992.com, Edizione 4.0, Pag. 123 )

"Onorevole signor Ministro, mi consenta di rispondere all’invito da lei inaspettatamente rivoltomi nel corso della riunione per la presentazione del libro di Pino Arlacchi. I sentimenti della lunga amicizia che mi ha legato a Giovanni Falcone mi renderebbero massimamente afflittiva l’eventuale assunzione dell’ufficio al quale non avrei potuto aspirare se egli fosse rimasto in vita. La scomparsa di Giovanni Falcone mi ha reso destinatario di un dolore che mi impedisce, infatti, di rendermi beneficiario di effetti, comunque, riconducibili a tale luttuoso evento. Le motivazioni addotte da quanti sollecitano la mia candidatura alla Direzione Nazionale Antimafia mi lusingano, ma non possono tradursi in presunzioni che potrebbero essere contraddette da requisiti posseduti da altri aspiranti a detto ufficio. Molti valorosi colleghi, invero, non proposero domanda perchè ritennero Giovanni Falcone il naturale destinatario dell’incarico ovvero si considerarono non legittimati a proporla per ragioni poi superate dal Consiglio Superiore della Magistratura. Per quanto a me attiene, le sue esposte riflessioni, cui si accompagnano le affettuose insistenze di molti dei componenti del mio ufficio,mi inducono a continuare a Palermo la mia opera appena iniziata in Procura della Repubblica che è sicuramente quella più direttamente ed aspramente impegnata nelle indagini sulla criminalità mafiosa. Lascio, ovviamente, a lei, onorevole signor ministro, ogni decisione relativa all’eventuale conoscenza da dare a terzi delle mie deliberazioni e di questa mia lettera, ringraziandola sentitamente. Paolo Borsellino, Palermo 1 giugno 1992.

L’on. Scotti ritenne di non dare pubblicità di questa lettera, limitandosi a darne comunicazione all’allora Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro ( eletto due giorni dopo la strage di Capaci ) e al Ministro di Grazia e Giustizia Claudio Martelli. L’on. Scotti spiegò le ragioni della scelta con il suo carattere riservato della missiva e con la possibilità che, trattandosi di un gesto ( quello di Borsellino ) dettato da impeto emotivo, la decisione potesse essere successivamente modificata. Per Scotti, Paolo Borsellino aveva declinato la proposta e non gli era più giunta notizia di un ripensamento. Aveva risposto alla lettera con un biglietto nel quale manifestava ammirazione per le parole del magistrato ma di esso non aveva ritrovato copia. E della proposta al CSM di riaprire i termini non si era più occupato.

Auspico di avervi incuriosito abbastanza. Onore e merito a chi ha dato la vita per abbattere il fenomeno mafioso in Italia e per quanti hanno e avranno ancora il coraggio di farlo. Non stanchiamoci mai di dire No alla mafia, ai giochi di potere e agli insabbiamenti, di cui lo Stato Italiano è responsabile in modo evidente.

 

23 maggio 2013

 

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