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“Il tredicesimo dono”: una favola vera dal sapore agrodolce

Secondo la leggenda, i Re Magi, seguendo la Stella Cometa, raggiunsero il Bambino Gesù, a Betlemme, tredici giorni dopo la sua nascita.

Tredici.

Un numero denso di significati, non sempre positivi, ma che includono, dal punto di vista karmico, la morte, il cambiamento e, soprattutto, la rinascita.

Come il sole che rinasce dopo essere stato divorato dalle tenebre.

Come la terra che dopo l’inverno rinasce nell’iter ciclico che si reitera ogni primavera.

Come un Dio che si fa uomo e sposta la pietra del sepolcro, risalendo alla destra del padre.

Come una famiglia che, dopo la morte del papà, riscopre l’autentico significato della vita, che toglie e dona, in un Natale che non si esaurisce in un giorno, ma che diventa modus vivendi, nel tentativo di colmare abissi e voragini.

Ci sono tenebre che le luci colorate non illuminano.

Ci sono alberi addobbati che non riempiono angoli troppo vuoti.

Ci sono regali che scartano il cuore, lasciandolo nudo e sanguinante.

Eppure esistono amici veri che diventano preziosa presenza.

Il tredicesimo dono”, scritto da Huist Smith Joanne ed edito da Garzanti nel 2014, racconta la storia vera e struggente di un Natale speciale che coinvolse una vedova e i suoi tre figli, di età diverse e con peculiari reazioni, alle prese con l’arrivo delle feste poco dopo la perdita di Rick, amato marito e padre.

Mentre i cocci del passato sembrano non combaciare più per creare l’immagine del futuro, dal tredicesimo giorno prima di Natale, seguendo i versi di una celebre canzone, la famiglia ricevette quotidianamente un regalo accompagnato da un enigmatico biglietto.

Ebbe inizio, così, una caccia al tesoro dal sapore di un bastoncino di zucchero.

Non è un romanzo che celebra il dolore e la autocommiserazione, ma che, attraverso uno stile semplice, immediato ed accattivante, seduce il lettore, portandolo ad appassionarsi ad un mistero che si dipana ed infittisce fino all’epilogo finale, che non delude e che ci ricorda quanto, con l’età adulta, abbiamo scordato.

Babbo Natale esiste. Davvero.

Non si veste di rosso.

Non conduce una slitta trainata da renne.

Non esibisce una barba candida.

Eppure è vicino, reale e caloroso, come un abbraccio.

Emma Fenu

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