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”Il miglio verde”, un trattato sulla sofferenza e sull’umanità che, se non commuove, fa almeno riflettere

Mi mancano pochissime pagine alla fine di uno dei romanzi più belli che abbia mai letto. Romanzo poi per modo di dire. L'ennesimo libro di King che mi capita sotto mano, questa volta preso ad un mercatino dell'usato per solamente 3 euro. Ne vale molti di più...

Mi mancano pochissime pagine alla fine di uno dei romanzi più belli che abbia mai letto. Romanzo poi per modo di dire. L’ennesimo libro di King che mi capita sotto mano, questa volta preso ad un mercatino dell’usato per solamente 3 euro. Ne vale molti di più.

 

Questa volta King non risalta come un maestro dell’horror come genere, bensì dell’orrore come sentimento. La sopravvivenza è quella cosa che ci spinge ad aprire gli occhi ogni mattina, a saltare su una macchina per fare un lavoro che non ci piace, per raccimolare soldi che non sappiamo come spendere, fino al giorno in cui si muore. Questa è la vita, quella normale. Poi ci sono altre vite, altre realtà. Un topo costruirebbe mai una trappola per topi? No, neanche si sogna di inventarla. Oh, ma l’uomo invece, quella bestia su due gambe a cui hanno dato il dono del comprendonio, ne inventa di diavolerie. La bomba atomica, i cannoni, le pistole, la ghigliottina, le manette. La sedia elettrica, la pena di morte. Tutto frutto dell’ingegno umano. O dell’idiozia. Ancora non so come la penso riguardo alla pena capitale. E ne ho sentite, e ne ho viste di cose orribili.

 

Ma torniamo a noi, il romanzo, partiamo dal titolo ‘Il miglio verde‘ che non è altro un tratto di linoleum smeraldo che conduce alla scintillante Old Sparky, una sedia elettrica.

 

Ci sono poche celle nel braccio della morte, il blocco E. Poche e libere subito, come le camere degli hotel dopo la notte di ferragosto. L’io narrante è Paul, un secondino dal cuore tenero che invece di prendere a manganellate i detenuti li guida verso la redenzione. I detenuti si susseguiranno tutti protesi verso lo stesso esito. Poi arriva lui, l’uomo nero e possente, alto due metri che è dentro per aver violentato e ucciso due bambine a sangue freddo. Ma Paul e gli altri non ci credono, gli occhi di quel gigante d’ebano brillano di bontà ogni qualvolta le lacrime li lasciano asciutti.

 

Poi succede qualcosa di sovrannaturale, il signor Jingles, topo super intelligente adottato da un prigioniero, viene pestato a morte. John, lo prende fra le sue manone nere e gli restituisce la vita. Questo dono non passa inosservato e i secondini decidono di farla scoprire al mondo. Questo servirà a salvarlo dalla folgorazione?

 

Non uno dei soliti libri di King, ma un trattato sulla sofferenza e sull’umanità che vi farà, se non commuovere, almeno riflettere. Proseguirò leggendo le ultime pagine che mi guideranno inesorabilmente, inevitabilmente, verso la fine.

 

Francesca Marchesani
 
10 aprile 2015
 
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