È uscito nelle librerie italiane per Guanda lo scorso primo aprile. È il nuovo libro di Javier Cercas. Si intitola “Il folle Dio alla fine del mondo” e rappresenta un unicum letterario: l’autore spagnolo, infatti, all’interno dell’opera racchiude un intreccio di narrazione e intervista che vede protagonista Papa Francesco, improvvisamente scomparso pochi giorni fa.
“Il folle Dio alla fine del mondo” di Javier Cercas
La sinossi del libro
«Ecco un folle senza Dio che insegue il folle di Dio fino alla fine del mondo». Da questo attacco folgorante prende avvio un libro unico, che nessuno finora aveva avuto l’opportunità di scrivere.
Il «folle senza Dio» è uno scrittore ateo e anticlericale, che si definisce laicista militante, mosso dal desiderio di parlare a tu per tu con papa Francesco, il «folle di Dio», come amava definirsi anche il santo di cui ha scelto il nome.
Ma oltre che unico, perché mai il Vaticano aveva aperto le sue porte a uno scrittore con tanta generosità, questo è un libro di notevole profondità, il racconto magistrale e personale che scaturisce dalla penna di un grande autore: quasi un thriller su quello che è il più antico mistero della storia dell’umanità.
È vero che esiste la vita dopo la morte? Nella forma narrativa che lo ha reso celebre, quella del «romanzo senza finzione», Javier Cercas cerca una risposta alla domanda che nessuno può fare a meno di porsi, fondendo in queste pagine le sue più intime ossessioni con una delle preoccupazioni fondamentali della società contemporanea: il ruolo della spiritualità e della trascendenza nella vita umana, che inevitabilmente si confronta con la religione e con il desiderio di immortalità.
Un dialogo che sfida il tempo
Ci sono libri che arrivano come presagi, con una forza silenziosa che li rende più di semplici opere letterarie: diventano specchi di un tempo, testimonianze di un passaggio epocale. “Il folle Dio alla fine del mondo”, l’ultima opera di Javier Cercas, è uno di questi.
In un intreccio audace tra narrativa e riflessione, l’autore si confronta direttamente con Papa Francesco in un dialogo intimo, profondo, a tratti spiazzante.
Non è un’intervista né una cronaca, ma un incontro umano e spirituale che si spinge verso le domande ultime: chi è Dio, oggi? E cosa vuol dire credere, in un mondo che sembra aver smarrito il sacro? Il risultato è un libro unico, quasi impossibile da incasellare, che unisce la lucidità del pensiero laico alla potenza delle parole del Pontefice.
Cercas, con il suo stile limpido e mai deferente, riesce a far emergere il cuore vivo della questione religiosa, senza sottrarsi ai nodi più scottanti: il male, la giustizia, il perdono, il senso stesso dell’esistenza.
Un testamento spirituale
La pubblicazione de “Il folle Dio alla fine del mondo” assume, in questi giorni, una risonanza imprevista. L’improvvisa scomparsa di Papa Francesco ha trasformato queste pagine in un testamento spirituale involontario.
Il tono confidenziale e diretto con cui il Papa si rivolge a Cercas – e indirettamente a ogni lettore – vibra ora di un’intensità nuova. C’è un’urgenza, una tenerezza consapevole del tempo che finisce, e insieme la volontà ferma di lanciare un messaggio che vada oltre la propria vita.
In queste conversazioni – che non risparmiano dubbi, esitazioni, silenzi eloquenti – si percepisce la grandezza di un uomo che ha incarnato il ruolo papale con l’umiltà di chi non teme di mostrarsi fragile.
E qui il merito va anche a Cercas: con la sua capacità di ascoltare senza giudicare, e di restituire il pensiero altrui con fedeltà ma anche con profondità, riesce a catturare l’anima di questo incontro. Leggere oggi questo libro significa avvicinarsi a una figura che ha segnato il nostro tempo con gesti semplici e parole forti, e farlo attraverso una narrazione che non consola, ma scuote.
Chi è Javier Cercas
Javier Cercas, nato in Estremadura e cresciuto tra letteratura e interrogativi morali, ha costruito un percorso letterario sempre in bilico tra finzione e verità. Autore di romanzi potenti come “Soldati di Salamina” e “L’impostore”, ha dimostrato di saper raccontare la storia recente con una scrittura che non fa sconti, ma neppure rinuncia alla compassione.
Nei suoi libri, il passato diventa uno specchio per leggere il presente, e l’individuo è sempre chiamato a confrontarsi con la responsabilità delle proprie scelte.
Con “Il folle Dio alla fine del mondo” si spinge oltre: abbandona la distanza del narratore e si mette in gioco in prima persona, trasformandosi in interlocutore autentico, vulnerabile, partecipe.
Non è solo il ritratto di un Papa, ma anche un autoritratto in controluce: quello di uno scrittore che cerca, che dubita, che pone domande senza la pretesa di offrire risposte. In questo, Cercas conferma la sua cifra più profonda: essere, prima di tutto, un uomo che scrive per capire. E che ci invita a fare lo stesso.