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Il cattivo bambino

Eppure glielo avevano detto piรน e piรน volte che di Ninetto non ci si poteva fidare neanche un po', ma Sofia a 10 anni, sapeva giร  pensare con la sua testa e soprattutto era dotata di una sensibilitร  non comune...

Eppure glielo avevano detto più e più volte che di Ninetto non ci si poteva fidare neanche un po’, ma Sofia a 10 anni, sapeva già pensare con la sua testa e soprattutto era dotata di una sensibilità non comune, non solo tra i suoi coetanei. Gli amichetti del quartiere glielo ripetevano quasi ogni giorno che era meglio stare alla larga da quel vandalo di Ninetto, chiamato da tutti così, non perché fosse dolce e grazioso, bensì perché era gobbo.

Era gobbo davvero e i suoi lineamenti in effetti non erano meravigliosi. Anche la mamma suggeriva spesso a Sofia di non degnarlo di attenzione, perché un bambino capace di uccidere i gatti del quartiere, era sicuramente una cattiva compagnia. Ninetto infatti era un sadico e la stessa Sofia una volta lo vide appendere allo stenditoio della signora Gilda, un micio fulvo, ucciso dal ragazzetto a colpi di racchetta. L’anziana donna abitava al piano terra dello stesso palazzo di Sofia e di frequente riceveva regali simili da Ninetto, il quale ne combinava pure di altri colori.

Per esempio entrava nei portoni di Via Del Ferro Vecchio per rubare la corrispondenza dalle cassette delle lettere dei più sventurati e infastidiva gli altri ragazzini della zona bucando palloni, rubando le biglie, schernendo e altro ancora. E nessuno riusciva a fermare le mascalzonate di quel citrullo, perché anche a dirglielo a sua mamma, lei si sarebbe imbizzarrita, in quanto nessuno si poteva azzardare a dir parole brutte sul suo amabilissimo figliolo! Il suo babbo invece, nessuno lo aveva mai conosciuto. Una volta Sofia sentì mormorare che egli abitava all’estero, intento a gestire affari poco nobili, ma chissà se era vero.

La bimba non era interessata ai genitori di Ninetto, bensì a lui e basta; non riusciva a spiegarsi perché un bimbo della sua età fosse così cattivo e non capiva neanche come facesse sua mamma a difenderlo a spada tratta, anche davanti all’evidenza delle sue malefatte. Come se gli abitanti di via Del Ferro Vecchio fossero dei bugiardi e tutti insieme avessero deciso di prendersela con quel bimbo. Eh sì, Sofia si convinceva ogni giorno di più che Ninetto aveva bisogno di essere compreso. Nessuno nasce malvagio e forse quella gobba gli era troppo greve e quindi se la prendeva col mondo intero per la sfortuna che gli era capitata. Forse nessuno gli aveva ancora spiegato come amare la vita a dispetto dei suoi strani scherzi. In effetti Sofia era molto matura per la sua età, quindi ne convenne che non poteva fare come se niente fosse. In fondo Ninetto era solo un bambino come lei. Fu così che un pomeriggio d’estate, mentre lei e gli amici scorrazzavano in bicicletta, vennero presi a sassate dal cattivo coetaneo.

Non era certo la prima volta, ma a differenza delle altre, mentre tutti fuggivano, Sofia frenò di scatto, scese dalla bicicletta e l’appoggiò al muretto in cui erano soliti sedersi la sera i ragazzini più grandi. La bambina si diresse con fare mite verso Ninetto che intanto scherniva quelli che se l’erano data a gambe, accusandoli di essere dei fifoni mocciosi.

– Stavo pensando che potresti unirti a noi per giocare a nascondino. Inizieremo tra una mezz’ora, che ne pensi? – Chiese Sofia con tono deciso ma dolce; era la prima volta che si trovava faccia a faccia col bambino cattivo. Lui le rivolse un tiepido sorriso ed era già un buon segno, pensò tra sé Sofia. Con tono gentile le rispose che per lui andava bene, però doveva per forza avvisare sua madre che si sarebbe spostato di qualche cortile più in là. Quindi si diresse verso la sua palazzina a due passi dal punto in cui Sofia rimase ad aspettarlo fiduciosa e scomparve dietro il portone a vetri. Era contenta di quel primo approccio, la bimba era davvero felice. Ad un tratto sentì fischiare e voltandosi vide sua madre affacciata alla finestra. La donna la salutò con la mano e le chiese come mai stesse parlando con Ninetto. Sofia le spiegò tutto in poche parole e notò che il viso della mamma mutò espressione. Trascorsero un paio di minuti e poi furono urla dell’altro mondo; Sofia si voltò di scatto e vide giungere a passo nervoso la madre di Ninetto, con lui appresso in lacrime.

– Brutta disgraziata, come ti permetti di prendere in giro mio figlio! Ma ti sei vista tu? Sembri un elefante! Con quale coraggio vai a dire in giro che Ninetto ha una gobba gigantesca e che è cattivo! – Urlò la signora, mentre il figlio dietro di lei continuava a frignare o forse a far finta. Sofia rimase di sasso, non replicò, non pianse. Aspettò solo che quell’uragano di menzogne passasse. Sua mamma aveva assistito alla scena dalla finestra e si era precipitata in cortile per difendere la figlia. Nessuno poteva permettersi di dire cose non vere della sua bambina e farla passare per crudele, quando l’unico crudele era Ninetto! Le due madri si trovarono una di fronte all’altra pronte al duello, ciascuna per difendere il proprio cucciolo.

– Insegni l’educazione a questa sciagurata di sua figlia, altrimenti sarò io a farlo! Ninetto è venuto da me in lacrime dicendo che lei lo aveva sbeffeggiato davanti a tutti e che canticchiava ‘Ninetto c’ha la gobba, Ninetto c’ha la gobba’! – Sbraitò la donna. A quel punto Sofia afferrò il braccio della mamma, prima che questa replicasse con uno schiaffo, alle accuse dell’altra. – Andiamo mamma, non è il caso di difendermi. Ninetto sa bene come sono andate le cose, non c’è motivo di litigare, non serve a niente – disse Sofia con tono pacato. La madre le diede retta e dopo aver lanciato un’occhiata a Ninetto, abbracciò la figlia e insieme si diressero verso casa. Sofia sentiva una fortissima fitta al petto che tardò a scemare.

Non volle parlare dell’accaduto, né con la mamma, né con altri. Non aveva niente da dire, nulla da recriminare. Aveva fatto ciò che il cuore le aveva dettato e si era presa una fregatura; niente di grave in fondo. Non si pentì di aver provato a far capire a Ninetto che essere tutti amici era meglio che farsi la guerra, ma giurò a sé stessa che non lo avrebbe più avvicinato. Quello spiacevole episodio le era bastato per capire che forse Ninetto era già diventato irrimediabilmente cattivo e sua madre in fondo non era da biasimare. Forse anche lei non era stata aiutata ad accettare un figlio un po’ diverso dagli altri bambini senza però farlo sentire tale. Forse lo amava troppo e il troppo amore rende le persone cieche e poco obbiettive. Oppure chi lo sa. Quanti ‘forse’ nella testa di Sofia, quante domande senza risposta, lei aveva solo dieci anni e non poteva essere lei a cambiare Ninetto. Si sentiva impotente. Forse da grande ci avrebbe pensato lui stesso a diventare migliore.

C’era tanto tempo in fondo. Lei gli voleva bene comunque, non provava rancore a causa delle menzogne che lui aveva raccontato a sua madre. Solo un gran dispiacere, perché Ninetto aveva scelto di respingere la sua amicizia e la mamma aveva creduto al racconto del figlio, senza porsi il minimo dubbio. Qualche anno più tardi, Ninetto fu arrestato per spaccio di eroina. Anche lui ne faceva uso abbondante. Quando ebbe appena vent’anni sparò ad un ragazzo in discoteca. Il giovane entrò in coma e morì poco dopo. Ninetto non era cambiato, era solo diventato più cattivo. Lui, la sua gobba e una vita da miserabile, riposarono sotto terra di lì a breve, dopo che lui si tolse la vita in carcere. La madre morì di dispiacere poco dopo e il padre forse non seppe neppure che fine avesse fatto suo figlio.

Questa è la storia di Ninetto e di tanti altri, ma cattivi non si nasce, credete a Sofia.

Claudia Magnasco

Foto: Disegno di Brancaleone Cugusi

1 ottobre 2014

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