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“I Viceré” di Federico De Roberto, storia di una famiglia in decadenza

In occasione dell'anniversario della nascita di Federico de Roberto condividiamo "I Viceré" un libro che ritrae il passaggio di una generazione in decadenza

Il 16 gennaio 1861 nasceva a Napoli Federico De Roberto, scrittore verista a lungo vissuto nell’ombra dei suoi colleghi ed amici Verga e Capuana.

Lo ricordiamo scoprendo il suo capolavoro, I Viceré, un meraviglioso romanzo storico che ci trasporta nella Sicilia dell’Ottocento raccontandoci la storia degli Uzeda, nobili discendenti dai viceré spagnoli.

I Viceré di Federico De Roberto

“I Viceré” di Federico De Roberto è ambientato sullo sfondo delle vicende del risorgimento meridionale, narrate attraverso la storia di una nobile famiglia catanese, quella degli Uzeda di Francalanza, discendente da antichi Viceré spagnoli della Sicilia ai tempi di Carlo V.

I componenti della famiglia Uzeda sono accomunati dalla razza e dal sangue vecchio e corrotto, dovuto anche ai numerosi matrimoni tra consanguinei. Il tratto comune di questa famiglia è la spiccata avidità, la sete di potere, le meschinità e gli odi che i componenti nutrono l’uno per l’altro alimentando in ciascuno una diversa patologica monomania.

Ogni membro della famiglia ha una storia segnata dalla corruzione morale e biologica, che si evidenzia anche nella loro fisionomia e nelle deformità fisiche che verranno riassunte dall’autore nell’episodio di Chiara che, dopo aver partorito un feto mostruoso lo conserva sotto spirito in un boccione di vetro.

Il romanzo è diviso in tre parti: la prima parte inizia con la morte della vecchia principessa Teresa, crudele e dispotica, che nomina eredi universali il primogenito Giacomo e il prediletto terzogenito Raimondo, lasciando solo legati minori agli altri figli: Angiolina e Lodovico, monaci, Chiara, moglie del marchese di Villardita, Ferdinando e Lucrezia, non sposati. La seconda parte segue le vicende della famiglia fino al 1870.

La terza parte è dominata dalle vicende di Consalvo e Teresa, figli di Giacomo. “I Viceré”, insieme ai “Malavoglia” del Verga, è uno dei capolavori del Verismo italiano per la ricchezza dei personaggi, l’ampiezza della struttura e la vivezza della rappresentazione.

Federico De si stabilì a Catania dove conobbe Verga e Capuana e si dedicò al giornalismo e alla letteratura, con un periodo trascorso a Milano, dove collaborò con il “Corriere della Sera”.

L’elenco delle sue opere è molto lungo e comincia con una raccolta di saggi critici nel 1883. Nel 1887 pubblica la prima raccolta di novelle, La sorte, che risente del modello verghiano e che viene criticato per l’eccessiva crudezza veristica. Il suo capolavoro, I Viceré, comparve nel 1894. Frustato dall’insuccesso, smise di scrivere romanzi e si dedicò alla critica e alla saggistica.

Un libro che ritrae il cambiamento di un’epoca

“I Viceré” racchiude tutti gli ingredienti che rendono un romanzo avvincente e appassionante. I personaggi li vediamo, mentre si muovono in una Catania calda e assolata in cui si sente la risonanza del cambiamento e la paura del nuovo.

Li vediamo accapigliarsi per il testamento della matriarca Uzeda defunta, destreggiarsi in nuovi progetti che tuttavia sanno già di decadenza, lottare per amori che sembrano poter dare senso ad una vita sempre meno serena.

E mentre la danza dei protagonisti, frenetica, si consuma fra palazzi storici, ricchezze impolverate, pelle imputridita dal tempo e dalle paure, sorge spontaneo un dubbio: cos’è cambiato nella nostra Sicilia, nella nostra Italia? Perché dietro alle vite dei fratelli e dei nipoti Uzeda, che ci attraggono con forza centripeta verso la loro distruzione, scorre la vita e la storia di un Italia in pieno tumulto, in cui tutto si sta sfaldando per fare spazio al nuovo. Che poi il nuovo non sia nulla di nuovo, possiamo saperlo solo adesso, noi posteri, che affascinati ammiriamo questi strani accadimenti con distacco.

Federico De Roberto

L’autore de “I Viceré” nasce a Napoli nel 1861 da un quarantenne ex ufficiale di stato maggiore del Regno delle Due Sicilie col grado di maggiore e da Marianna Asmundo, nobildonna di origini catanesi, ma nata a Trapani. Dopo aver trascorso i primi anni di vita a Napoli, il piccolo De Roberto si trasferisce con la madre a Catania, logorato dalla tragica ed improvvisa scomparsa del padre, che viene travolto da un treno sui binari della stazione di Piacenza.

Da questo momento in poi, nella vita di Federico De Roberto esiste un solo punto fermo: la madre, donna gelosa e possessiva che influenza in tutto e per tutto il figlio. Sempre brillante negli studi, il giovane Federico si iscrive alla facoltà di Scienze Naturali di Catania. Ma ben presto si accorge di voler coltivare altri interessi, così, in parallelo, studia le materie umanistiche ed in particolare il latino. Intanto, comincia a scrivere per alcune testate giornalistiche e intesse importanti relazioni con alcuni editori, fra cui il catanese Giannotta, che pubblica l’esordio letterario dell’autore de “I Viceré”, un saggio su Giosuè Carducci e Mario Rapisardi.

I saggi scritti da De Roberto sono numerosi e di spessore, ma il suo capolavoro è costituito da quel romanzo storico che per lunghi anni ha vissuto un po’ in ombra, surclassato dalle opere di altri autori veristi che hanno avuto più fortuna. In effetti, “I Viceré” e gli altri due romanzi concepiti da De Roberto, sono frutto di un periodo di grande cambiamento, in cui l’autore decide di allontanarsi da Catania e dalla madre per trovare fortuna a Milano.

Qui, affrancato dalla possessività della donna, riesce a dar sfogo alle sue idee, a conoscere gente e dinamiche nuove e a collocarsi in un ambiente socio-culturale confacente alla sua natura. Ma il periodo milanese dura poco, e il ritorno a Catania è segnato dalla forte presenza della madre e dal mancato successo de “I Viceré”. De Roberto decide di non scrivere mai più romanzi, di dedicarsi soltanto alla saggistica. Morirà a Catania il 26 luglio 1927.

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