I cataloghi si stanno scaldando, molti annunci devono ancora arrivare e il grosso delle novità sembra essere rimandato; tuttavia, alcune uscite hanno già acceso il radar dei lettori: pochi titoli, ma capaci di farsi attendere con il classico rullo di tamburi.
Libri pronti per essere preordinati
Sul podio delle novità annunciate ci sono un romantasy bestseller internazionale che promette di conquistare chi ama le storie enemies to lovers, il ritorno di una delle saghe familiari più amate della narrativa italiana contemporanea e un nuovo romanzo dei super coralli che gioca con memoria, identità e finzione autobiografica.
Scopriamo insieme cosa ci riserva il fermento di gennaio.
“L’alba dei leoni. La saga dei Florio” di Stefania Auci
In “L’alba dei leoni. La saga dei Florio” Stefania Auci torna alle origini di una delle famiglie più amate della narrativa italiana recente, riportandoci molto prima dei fasti palermitani già raccontati nei romanzi precedenti. Siamo nel 1772, a Bagnara Calabra: un pugno di case incastonate tra montagna e mare, un luogo scuro e compatto, dove la vita è dura e ogni conquista si paga con la fatica. Qui vivono Vincenzo Florio, fabbro testardo e inflessibile come il ferro che modella, e sua moglie Rosa, che porta sul corpo e nel cuore il peso dei molti figli avuti e di quelli perduti.
La loro esistenza è fondata sull’orgoglio del nome e sulla certezza che il presente tiene insieme ciò che è stato e ciò che verrà. Ma il destino non tarda a incrinare quell’equilibrio: prima con la fuga di un figlio ribelle e sognatore, Paolo, che scopre quanto la libertà sia un’ebbrezza da pagare cara; poi con la violenza della natura, più matrigna che madre, che in un attimo spazza via case, affetti, speranze.
Da quelle macerie nasce un desiderio nuovo, un sogno rivolto a un altrove dove sia possibile reinventarsi: un’isola leggermente più a nord, dove circolano denaro, navi, possibilità. Quando nel 1799 Paolo e Ignazio Florio approdano a Palermo, non sanno ancora chi diventeranno, ma sanno benissimo chi sono stati: figli che hanno rifiutato di restare schiavi, uomini temprati dalla perdita e dal dolore, pronti a misurarsi con una città più grande di loro.
Auci racconta questo passaggio come una vera soglia narrativa: l’alba, appunto, di quei “leoni” che, partendo dall’ultimo gradino della scala sociale, trasformeranno il proprio cognome in leggenda, portandosi dietro il ricordo incancellabile della terra scabra da cui sono fuggiti.
“Partenze” di Julian Barnes
“Partenze” di Julian Barnes è un romanzo che si diverte a giocare col lettore e allo stesso tempo lo mette di fronte alle domande più serie: che cos’è la memoria, quanto c’è di vero nelle storie che raccontiamo su noi stessi, cosa resta di un amore quando il tempo ha fatto il suo lavoro.
Al centro c’è la storia di due amori, o forse della stessa storia vista da due estremi della vita. Da una parte ci sono il giovane Stephen, studente di filosofia, alto, impacciato, gentile, e la brillante Jean, caustica e affascinante studentessa di letteratura russa. È l’Inghilterra degli anni Sessanta, quella della libertà sessuale cantata e mai davvero semplice da vivere: i due si incontrano all’università di Oxford e il narratore, un certo Julian, si ritaglia il ruolo di terzo incomodo, testimone e regista al tempo stesso del loro innamoramento.
Quarant’anni dopo, ritroviamo Stephen e Jean ormai anziani, insieme, accompagnati dal cane Jimmy, un jack russell ignaro della propria mortalità. Intorno a loro, un nuovo Julian che osserva, annota, rielabora, facendo i conti con gli scherzi della memoria e con un corpo che inizia a tradire. L’acronimo I AM – Involuntary Autobiographical Memory – diventa la chiave del libro: sono quei ricordi che scattano all’improvviso, come la madeleine di Proust, a decidere chi siamo? E un ricordo non mediato dalla volontà è davvero più autentico delle storie che, a posteriori, inventiamo su di noi?
Barnes intreccia vita, malattia, appunti reali e finzione letteraria in un continuo gioco di specchi. Lo scrittore-demiurgo si diverte a “riscrivere” il destino dei suoi personaggi, ma al tempo stesso lascia filtrare la vulnerabilità di chi sa di essere, come loro, in partenza per un luogo da cui non si torna.
“Crudele illusione. Cruel is the light” di Sophie Clark
In “Crudele illusione. Cruel is the light” Sophie Clark porta il lettore in un mondo in cui la guerra tra demoni e umani va avanti da oltre un secolo e sembra ormai l’unico orizzonte possibile. Le due fazioni si fronteggiano senza tregua, in ogni angolo del globo, guidate da condottieri pronti a tutto pur di ottenere la vittoria. Da una parte c’è Selene Alleva, guerriera letale formata nella rigida e prestigiosa Accademia Vaticana, tempio dell’addestramento dei migliori combattenti umani. Dall’altra c’è Jules Lacroix, soldato infallibile, leggenda vivente del fronte avversario, considerato praticamente imbattibile sul campo di battaglia.
Quando i loro destini si incrociano, lo scontro è inevitabile: Selene e Jules si odiano all’istante, in modo viscerale, come se incarnassero tutto ciò che l’altro ha giurato di distruggere. Ma all’odio si sovrappone subito un’attrazione altrettanto potente, che manda in frantumi la disciplina imparata in anni di guerra. Più cercano di respingerla, più questa li travolge, costringendoli a mettere in discussione la netta divisione tra nemico e alleato.
Costretti dalle circostanze a collaborare, Selene e Jules scoprono un segreto terribile, capace di ribaltare ogni certezza sul conflitto che li ha cresciuti e definiti. Le origini della guerra, il ruolo delle istituzioni, la stessa natura di Jules diventano improvvisamente ambigui, sfocati, impossibili da leggere in bianco e nero. Mentre il fronte si restringe e le lealtà vacillano, Selene si ritrova davanti a una scelta che non aveva mai contemplato: restare fedele alla propria fazione o rischiare tutto per quell’amore nato nel cuore della battaglia.
Il romanzo gioca con il tropo enemies to lovers in chiave romantasy, mescolando azione, tensione politica e romance intenso, con al centro una domanda classica ma sempre potente: fin dove siamo disposti a spingerci, quando ciò che abbiamo imparato a chiamare “nemico” diventa la nostra unica possibilità di salvezza?
