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I libri italiani più esportati all’estero? Non sono i migliori, ma quelli più venduti

libri italiani di cui più si vendono i diritti all'estero, e dunque i più conosciuti, non sono quelli di più alta qualità letteraria, ma semplicemente quelli che in patria sono dei best seller. È la triste realtà evidenziata su il Giornale da Massimiliano Parente...

Massimiliano Parente su il Giornale evidenzia come in Italia gli scrittori più spinti dalle case editrici siano quelli più vendibili e come nelle fiere internazionali i titoli italiani smerciati siano solo i best seller, non quelli di più alta qualità letteraria

LA CRITICA QUOTIDIANA – I libri italiani di cui più si vendono i diritti all’estero, e dunque i più conosciuti, non sono quelli di più alta qualità letteraria, ma semplicemente quelli che in patria sono dei best seller. È la triste realtà evidenziata su il Giornale da Massimiliano Parente, che propone un esperimento: provate a cercare su Amazon i libri di Alberto Arbasino in inglese. Risultato? Niente. E se invece si cercano Giorgio Faletti e Fabio Volo? I loro libri sì, si trovano eccome.

PER GLI AUTORI ITALIANI, QUALITÀ E POPOLARITÀ NON COINCIDONO – Naturalmente ciò si riflette sulla conoscenza che altrove hanno della nostra letteratura. Nelle classifiche degli autori italiani più apprezzati negli Stati Uniti, di Arbasino – che Parente definisce uno dei più grandi scrittori italiani viventi, il cui “Fratelli d’Italia” è da considerare secondo lui il grande capolavoro internazionale del postmoderno – non c’è traccia. E non si trovano “né Aldo Busi né Antonio Moresco, tantomeno Massiliano Parente o Isabella Santacroce, neppure un Michele Mari”. Figurano piuttosto Fabio Volo, Andrea Camilleri e perfino Melissa P., l’autrice di “100 colpi di spazzola prima di andare a dormire”. Viceversa, quali sono gli scrittori statunitensi più stimati da noi? Sono “più o meno quelli giusti”: Wallace, Pynchon, Roth, Vollmann, McCarthy, Joyce Carol Oates. Per quanto riguarda la considerazione che abbiamo degli autori stranieri, insomma, autorevolezza è sinonimo di qualità letteraria. E noi italiani nei confronti dei nostri autori? Anche in patria, i nostri scrittori risentono di una sorta di miopia letteraria del pubblico, che scambia il best seller per latteratura.

LE RESPONSABILITÀ DELLA SITUAZIONE – Una prima responsabilità di questa  situazione va imputata secondo Parente alle case editrici, che si spartiscono i premi letterari, primi tra tutti lo “Strega” e il “Campiello”, “proponendo i titoli più vendibili travestiti da letteratura”. Di solito la ricetta è la miscela di tempi impegnati e “la lingua di un Harmony”. Questi libri sono quelli di cui più si parla, che godono di un facile successo di critica e  di pubblico, e quelli smerciati dai nostri editori alle fiere internazionali nella compravendita dei diritti. Colpevoli sono anche gli atenei: “le facoltà umanistiche non hanno forza propulsiva, sono dei cimiteri senza uscita”, scrive Parente. Altrove ciò che degli autori si pensa nelle università ha un peso e dalle university press escono romanzi e saggi che sono realmente diffusi e letti dal pubblico. Qui le università sono chiuse su se stesse. “Insomma, per quanto Harold Bloom si lamenti degli effetti devastanti  del multiculturalismo e della perdita  di una gerarchia di valori letterari”, chiude Parente con una caustica battuta, “non conosce l’Italia, altrimenti scoprirebbe che l’America è in America”.

21 gennaio 2014

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