Il grimdark nasce come risposta al fantasy classico, quello costruito su linee guida precise: mondi secondari abitati da eroi destinati a grandi imprese, lotte tra bene e male, figure archetipiche come il mago, il cavaliere, il drago. Tolkien, con “Il Signore degli Anelli”, aveva tracciato la via maestra fondendo mito, epica e allegoria morale. Per decenni il genere ha conservato questo impianto: una narrativa d’avventura che offriva consolazione e speranza. Ma, a un certo punto, la luce si è incrinata…
Dal fantasy classico al bisogno di oscurità
Se il fantasy classico prometteva che il bene, pur dopo mille prove, avrebbe trionfato, una parte dei lettori e degli scrittori ha iniziato a chiedersi cosa succede se le cose vanno diversamente. Se i protagonisti non sono eroi, ma persone imperfette, mosse da egoismo e vendetta. Se i mondi non sono luoghi dove la luce vince, ma scenari corrotti, dove la violenza e l’ingiustizia non hanno soluzione.
Cos’è il grimdark
Da questa domanda nasce il grimdark, il sottogenere che porta il fantasy nel territorio del nichilismo e del realismo estremo. La parola deriva dal motto del wargame Warhammer 40,000: “In the grim darkness of the far future, there is only war”. In letteratura, grimdark significa mondi senza redenzione, moralità ambigua, protagonisti antieroici, violenza cruda e scelte disperate.
Il successo del grimdark è legato a un cambiamento del pubblico: lettori cresciuti con il fantasy classico hanno iniziato a chiedere storie meno idealizzate e più aderenti alle zone d’ombra della realtà. È un genere che riflette la sfiducia contemporanea verso istituzioni, ideali e promesse di futuro: niente lieti fine, solo lotta per la sopravvivenza.
I primi grandi grimdark
Uno dei primi grandi esempi è la trilogia “The First Law” di Joe Abercrombie, pubblicata tra il 2006 e il 2008 (in Italia: “Il richiamo delle spade”, “Non prima che siano impiccati”, “L’ultima ragione dei re”).
Abercrombie ha definito il suo mondo con la sigla “low fantasy”, popolato da mercenari, inquisitori sadici, maghi manipolatori, ladri e guerrieri che non hanno nulla dell’eroe classico. Le sue storie uniscono dialoghi taglienti, humour nero e una violenza che non risparmia nessuno, in un equilibrio che ha reso i suoi libri un punto di svolta.
La trama de Il richiamo delle spade (The Blade Itself)
Tre personaggi incarnano lo spirito grimdark: Logen Novedita, guerriero del Nord soprannominato il Sanguinario, che alterna brutalità e riflessioni malinconiche; Sand dan Glokta, inquisitore storpio e torturatore che odia sé stesso quanto il mondo; e Jezal dan Luthar, giovane aristocratico arrogante e superficiale. Le loro strade si incrociano in un mondo sull’orlo della guerra, dove ogni scelta è compromesso, ogni alleanza fragile, ogni speranza corrotta.
Abercrombie mostra come nessuno dei tre sia un vero eroe, ma tutti siano prigionieri di cicli di violenza e tradimento che rispecchiano la durezza della realtà.
Un grimdark contemporaneo
L’acciaio sopravvive (The Steel Remains) di Richard K. Morgan
Conosciuto per la cyber-noir “Altered Carbon”, Richard K. Morgan porta nel fantasy la stessa brutalità lucida e la stessa attenzione al disincanto morale. “L’acciaio sopravvive” è un grimdark duro e politico: il mondo post-bellico che racconta non offre gloria, solo rovine etiche e traffici di potere. Morgan spinge su tre linee tipiche del sottogenere: antieroi spezzati, sessualità trattata senza filtri (protagonista queer, elemento centrale non “di contorno”), violenza come linguaggio del mondo.
Sono passati anni dall’ultima grande guerra contro i demoni alati. Gli “eroi” di un tempo sono diventati scarti utili, tollerati finché servono: Ringil Eskiath, spadaccino omosessuale esiliato dal proprio casato; Archeth, consigliera imperiale di discendenza non umana, ultimo legame con una civiltà tecnologicamente superiore; Egar, barbaro del sud trascinato in un’urbanità che non capisce.
Quando la madre di Ringil lo prega di ritrovare una cugina scomparsa, il compito apparentemente privato spalanca un mercato di schiavi, culti oscuri e interessi imperiali. Intanto, segnali inquietanti annunciano che qualcosa dei “Signori” sconfitti potrebbe non essere davvero finito. Le piste dei tre convergono: politica corrotta, religioni di facciata, vecchie armi che forse era meglio non risvegliare.
Morgan scrive dialoghi taglienti e battaglie feroci, ma il cuore è la disillusione: non ci sono profezie da compiere, né redenzioni; esistono solo scelte sporche e conseguenze. Il world-building mescola acciaio, rovine post-magiche e residui di una scienza “aliena” (quella del popolo di Archeth), spingendo il grimdark verso un bordo quasi science-fantasy.