Grazia Deledda la prima scrittrice italiana a vincere il Premio Nobel

26 Settembre 2025

Scopri chi era davvero Grazia Deledda: curiosità e aneddoti poco noti sulla prima scrittrice italiana vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura. Un viaggio tra arte, Sardegna e genialità silenziosa.

Grazia Deledda la prima scrittrice italiana a vincere il Premio Nobel

Grazia Deledda non è solo l’unica scrittrice italiana ad aver vinto il Premio Nobel per la Letteratura: è anche una delle figure più sorprendenti e affascinanti della nostra cultura.

Nata a Nuoro nel 1871, autodidatta in un’epoca in cui alle donne era ancora difficile accedere agli studi, riuscì a farsi strada nel panorama letterario nazionale e internazionale con la forza della sua voce narrativa.

Nei suoi romanzi, brevi ma intensi, si fondono la luce aspra della Sardegna, i conflitti dell’anima e un profondo senso del tragico, in un continuo dialogo tra destino e libertà, peccato e redenzione.

Ma oltre alla sua produzione letteraria, Grazia Deledda è una figura costellata di episodi curiosi, sorprendenti, poco noti al grande pubblico e capaci di restituirci la vivacità, il coraggio e la modernità di questa scrittrice ancora oggi attualissima.

Deledda cominciò a scrivere giovanissima, e già a 17 anni pubblicò i suoi primi racconti su alcune riviste romane. Ma ciò che colpisce è come, pur vivendo in una realtà sociale profondamente patriarcale e provinciale, sia riuscita a costruire da sé un’identità di scrittrice.

Mandava le sue opere via posta, spesso firmandosi con pseudonimi o con il suo nome vero, ignorando il disprezzo o il paternalismo con cui veniva talvolta accolta.

Grazia Deledda: La storia di una scrittrice

La sua determinazione la portò a pubblicare presto il suo primo romanzo, “Fiori di Sardegna” (1892), e a stabilire contatti con il mondo editoriale continentale.

A soli 24 anni, quindi, Grazia aveva già fatto della scrittura una via di emancipazione e affermazione personale. Nel 1899 si trasferì a Cagliari per lavorare come corrispondente di una rivista, ma fu Roma la città che le permise di affermarsi pienamente.

Vi si trasferì nel 1900 insieme al marito Palmiro Madesani, funzionario del Ministero delle Finanze, e lì visse fino alla morte, avvenuta nel 1936.

Grazia Deledda era tuttavia molto legata alla sua terra natale, e la Sardegna, con i suoi paesaggi, le sue leggende, le sue tensioni tra modernità e tradizione, continuò ad abitare le sue pagine.

Curiosamente, benché vivesse a Roma, scrisse quasi sempre di Sardegna, definendo l’isola come una «regione dell’anima» più che come uno spazio geografico.

Nel 1926, dieci anni prima della sua morte, Deledda fece costruire la casa in cui visse gli ultimi anni della sua vita a Roma, nel quartiere Parioli.

Ancora oggi, passando per via della Camilluccia, è possibile riconoscere la villa, semplice ma sobria, con un piccolo giardino: un luogo che rivela la sobrietà e l’eleganza della scrittrice.

Era qui che, nonostante una salute cagionevole e una progressiva perdita della vista, continuava a scrivere, spesso dettando all’amata nuora, che le faceva da assistente e segretaria.

Il Nobel

Un episodio particolarmente curioso riguarda il Nobel per la Letteratura, che le venne assegnato nel 1926 con la motivazione: “per la sua ispirazione idealistica che, con chiarezza plastica, dipinge la vita così come si presenta nella sua isola natale, con profondità e simpatia.” Nonostante la portata storica del riconoscimento, Deledda fu avvertita in maniera piuttosto informale: fu un telegramma a informarla del premio, inviato da un corrispondente italiano presente in Svezia.

La scrittrice, secondo alcune testimonianze, credette inizialmente a uno scherzo. Quando poi capì che era tutto vero, provò un misto di stupore e discrezione: non rilasciò grandi dichiarazioni e si presentò alla cerimonia in Svezia con il marito, indossando un abito semplice e un mantello nero.

La sua figura colpì la stampa straniera per l’austerità e la grazia: un’apparizione controcorrente in un contesto spesso dominato dall’ostentazione.

Grazia Deledda fu anche una pioniera nella rappresentazione del desiderio femminile e dei conflitti interiori delle donne. In “La madre”, uno dei suoi romanzi più intensi, racconta la storia di un giovane prete tentato dalla passione per una donna e del tormento della madre che vede vacillare la vocazione del figlio.

È una narrazione scabrosa per l’epoca, che tocca con delicatezza ma fermezza i temi del peccato, della repressione e della colpa. Eppure, il romanzo ebbe un enorme successo di pubblico e critica, e divenne uno dei più tradotti.

D’altronde, Deledda era apprezzata da autori del calibro di Luigi Pirandello, che la definì una “grande tragica dell’anima”, e da Benedetto Croce, che ne apprezzava la capacità di introspezione lirica.

Grazia Deledda i suoi hobby oltre la scrittura

Un aspetto meno noto riguarda la sua passione per l’arte culinaria. Pur essendo una donna schiva e riservata, amava intrattenere gli ospiti con pietanze della tradizione sarda, che spesso cucinava personalmente.

I racconti della figlia e della nuora parlano di una Deledda padrona di casa gentile ma severa, che preparava il pane carasau e i dolci tipici con grande cura, considerandoli anch’essi parte di quella “cultura sarda” che desiderava tramandare con orgoglio.

In questo, la scrittrice si inserisce nella lunga tradizione delle autrici italiane che hanno legato la scrittura al mondo domestico, ma senza mai esserne imprigionate.

Nel 1934, due anni prima della morte, Deledda pubblicò il suo ultimo romanzo, “Cosima”, uscito postumo nel 1937. Si tratta di un’opera autobiografica che racconta la formazione di una giovane scrittrice sarda, evidente alter ego dell’autrice, alle prese con i pregiudizi della sua terra, con le incomprensioni familiari e con il desiderio bruciante di libertà.

Il romanzo è oggi considerato uno dei suoi vertici, perché illumina la genesi interiore di una vocazione letteraria, restituendo a Deledda anche una dimensione più intima e vulnerabile, quella della ragazza timida che, senza clamori, aveva osato sfidare le regole del suo tempo.

Grazia Deledda morì nel 1936 a Roma, assistita dalla famiglia. Ancora oggi riposa nel cimitero di Nuoro, la sua città natale, dove le è stato dedicato un museo, visitabile, con le stanze, gli oggetti e i manoscritti originali.

La sua opera continua a essere letta e tradotta in tutto il mondo, e la sua figura, sobria, coraggiosa, indipendente, rappresenta una delle voci più potenti della letteratura italiana del Novecento.

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