“Gli indegni”: amore, giovani in fuga e punk negli anni ’80

1 Novembre 2025

Il romanzo di Francesco Abate su "Gli indegni". Giovani in fuga, amore collisione e musica nella Cagliari punk degli Anni '80. Un bildungsroman senza filtri.

"Gli indegni": amore, giovani in fuga e punk negli anni '80

A sedici anni, Livio scappa di casa “senza scarpe” per Patti Smith. Non è romanticismo: è la prima mossa di una fuga che durerà un decennio.

“Gli indegni” (Einaudi Stile Libero) è il romanzo che non ha paura di raccontare la giovinezza quando non è mitica, ma caotica, affamata e a tratti autodistruttiva. Francesco Abate ci scaraventa nella Cagliari underground degli Anni Ottanta, dove la musica si fa salvezza e l’amore con Anaïs diventa una collisione violenta, l’unico modo per provare a salvarsi. Un libro dal ritmo punk e dall’anima malinconica, per chi capisce che la formazione è un percorso di cadute, non di ascese.

Scoprire tra le pagine de “Gli indegni”

La storia inizia con un atto di disobbedienza. Livio non è un capo branco, ma un “mediano” entusiasta, uno che risponde fiero a chi gli chiede chi sia: «Livio da Cagliari». Al concerto incontra Anaïs: magnetica, sfrontata, senza paracadute.

Con lei, Livio scopre la libertà senza istruzioni: droga, sesso, i club gay e le discoteche arcobaleno, la mutazione del punk in house. La loro base diventa la casa di Cesare, un adulto gentile che offre un tetto agli “indegni”, artisti e bohémiens che rifiutano di conformarsi. Poi arrivano le perdite, gli anni che “corrono troppo veloci” e una ricerca ostinata che tocca Parigi, Londra e torna a Cagliari.

Abate costruisce un romanzo di movimento, non di colpi di scena. Ogni incontro sposta Livio su una nuova traiettoria affettiva, ogni caduta aggiunge una piega al suo modo di amare e di stare al mondo. Il lettore è invitato a seguire questa corsa a perdifiato per capire se si può diventare adulti senza perdere sé stessi.

Essere fuori posto, essere “indegni”

Il titolo non è un’accusa, ma una dichiarazione. Come spiegato da Abate, gli “indegni” sono i giovani che non si sentono all’altezza degli standard dominanti, che non trovano un posto comodo né al centro né ai margini. Per questo, inventano le proprie regole, scelgono le proprie famiglie e creano spazi alternativi. È una bandiera, non un marchio.

Una storia d’amore e non solo

Gli indegni” è una storia d’amore, ma non nel senso convenzionale. L’amore qui è collisione, dipendenza, rispecchiamento: un tentativo disperato di salvarsi insieme, e a volte anche di perdersi. È soprattutto un dispositivo narrativo che permette ad Abate di attraversare la Cagliari degli Ottanta — tra liceo, un bullismo senza nome, motorini, radio locali e la geografia minuziosa della città —, l’edonismo e le paure di un decennio — dalle droghe all’Aids, fantasma che sfiora più volte la pagina — ma anche la musica — punk, new wave, house — l’energia delle prime notti queer e la libertà che nasce come dono prima di capitolare.

Perché Abate è l’autore giusto per raccontare quegli anni

Nato a Cagliari nel 1964, Francesco Abate ha respirato gli Anni Ottanta come dj (in radio e nei club) prima di diventare giornalista e romanziere.

Questa conoscenza “fisica” della musica e della notte si sente nel ritmo secco dei dialoghi, nelle accelerazioni della prosa e nel modo in cui le scene “si accendono”, montate come una scaletta implicita da un selector esperto. Abate, che ha raccontato Cagliari spesso attraverso i suoi noir, qui sceglie il registro della formazione (bildungsroman) senza sacrificare la concretezza del cronista.

La crescita, i corpi, l’appartenenza

Sul piano tematico, “Gli indegni” è un romanzo di formazione lontano da ogni abbellimento o idealizzazione, dove il protagonista, Livio, non è un eroe ma un ragazzo che sbaglia moltissimo e si mostra impulsivo; è proprio questo suo continuo vacillare a renderlo credibile, l’opposto del modello del “genio dannato”, riflettendo le autentiche oscillazioni di chi impara a sentirsi degno di esistere.

Centralmente, il cuore emotivo del romanzo è l’oasi di Cesare, una casa che offre a chi è respinto la versione minima e radicale della famiglia scelta – tetto, cura, possibilità – restituendo la topografia affettiva di un’epoca che faticava a riconoscere i luoghi LGBTQ+.

Stilisticamente, l’aderenza di Abate al protagonista è muscolare: la scrittura è asciutta ma pulsante, avanzando con il respiro delle fughe in motorino e i cut di montaggio che alternano scene di gruppo e dialoghi privati. In questa prosa, le citazioni musicali non sono semplice sfondo, ma elementi essenziali che spiegano chi sono i personaggi, mentre Cagliari non è mai sfondo, ma un corpo vivo e pulsante.

Lo stile: una prosa che corre

L’aderenza di Abate a Livio è totale. La prosa avanza per frasi brevi, cut e accelerazioni, con il respiro delle conversazioni notturne e delle fughe in motorino. Le citazioni musicali sono essenziali: non sono memorabilia, ma spiegano l’identità dei personaggi più di qualsiasi descrizione.

Il montaggio narrativo alterna scene di gruppo, dialoghi intimi e scorci di città che diventano subito spazio mentale. Cagliari non è uno sfondo, ma un corpo vivo, pulsante — e qui si sente l’orecchio allenato di chi, prima della parola scritta, ha imparato ad ascoltare.

Gli anni Ottanta senza vintage artefatto

Il libro scarta l’effetto cartolina. Non emerge la leggerezza di superficie, ma l’oscillazione costante tra euforia e crash. In questo senso, “Gli indegni” è un romanzo politico: mostra le barriere sociali e familiari che spingono i ragazzi fuori rotta, e in parallelo, l’ostinata capacità di inventare comunità. È una contro-storia dell’epoca raccontata dal basso, con attenzione a ciò che allora non aveva ancora un nome.

Un confronto con l’opera di Abate

Chi ha seguito il percorso letterario di Abate riconoscerà in “Gli indegni” sia la precisione documentaria del giornalista e cronista di città (L’Unione Sarda), sia la profonda passione per i collettivi e i luoghi, già evidente nei suoi noir recenti come la serie della Salina e le Tonnare; una continuità tematica arricchita da una musicalità che, prima intravista, qui viene portata prepotentemente al centro.

Tuttavia, rispetto ai noir degli ultimi anni (“I delitti della salina“, “Il misfatto della tonnara“), questo romanzo sposta il focus: “Gli indegni” lavora sul delitto originario di ogni adolescenza, ovvero la separazione dal mondo degli adulti e la forte tentazione di non tornarci mai più, configurandosi come un bildungsroman che utilizza con maestria i materiali della memoria personale per trasformarsi in un potente racconto generazionale.

Punti di forza e criticità

Il romanzo dimostra una forza notevole soprattutto nella scelta stilistica di tenere la telecamera fissa sul corpo a corpo tra Livio e Anaïs: in questo modo, l’autore evita ogni mediazione adulta o spiegazione psicologica dall’esterno, lasciando che i lettori assistano direttamente alla relazione.

Un altro elemento chiave è il ruolo dei personaggi secondari – Cesare, gli amici e i coinquilini – che non sono semplici macchiette, ma vere e proprie figure-ponte essenziali che spingono la trama in avanti, il tutto sostenuto da una lingua asciutta ma pulsante.

La criticità, che per alcuni lettori potrebbe rappresentare una difficoltà, risiede nel patto narrativo richiesto dal libro: bisogna accettare che la storia non presenti un arco di sviluppo “moralmente edificante” e che la trama proceda più per onde e ricorrenze emotive che per classici snodi lineari. Tuttavia, questa non è una debolezza dell’autore, ma una scelta pienamente coerente con l’oggetto del racconto, perché la giovinezza, come sappiamo, non è mai una curva regolare.

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