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Glenn Cooper a Bookcity Milano, ”Nei miei thriller offro trame complesse e forti spunti di riflessione”

Tra gli ospiti più attesi a Milano per Bookcity c'era senz'altro Glenn Cooper, l'autore americano di thriller noto soprattutto per la trilogia aperta da ''La biblioteca dei morti'', suo romanzo d'esordio pubblicato nel 2009, e conclusa quest'anno da ''I custodi della biblioteca''. Lo scrittore ha incontrato il pubblico venerdì sera al Castello Sforzesco e ha parlato dei suoi libri con Tullio Avoledo...

L’autore americano ha incontrato il pubblico di Bookcity venerdì sera al Castello Sforzesco. In compagnia di Tullio Avoledo ha parlato della trilogia, da poco conclusa, che l’ha reso noto ai lettori

MILANO – Tra gli ospiti più attesi a Milano per Bookcity c’era senz’altro Glenn Cooper, l’autore americano di thriller noto soprattutto per la trilogia aperta da “La biblioteca dei morti”, che è peraltro il suo romanzo d’esordio. Pubblicato nel 2009, il libro ha avuto tanto successo che Cooper ha deciso di scriverne un seguito, “Il libro delle anime”, e poi anche un terzo episodio, “I custodi della biblioteca”, uscito quest’anno – il 15 novembre in Italia. Lo scrittore ha incontrato il pubblico venerdì sera al Castello Sforzesco: in questa occasione ha parlato dei suoi libri in compagnia dell’autore italiano Tullio Avoledo.

UN FESTIVAL DI CUI SI SENTIVA IL BISOGNO – A giudicare dai commenti degli autori che si succedono sulle scene di Bookcity, si sentiva il bisogno di una manifestazione così a Milano. L’incontro è aperto da Tullio Avoledo, che per prima cosa si congratula con gli organizzatori del festival: “È una bella sorpresa questa manifestazione”, dice. E gli fa eco Glenn Cooper: “È una grande cosa per una città come Milano avere un proprio festival letterario, e sono onorato di essere stato invitato, per giunta in apertura.”

IL PERCORSO PROFESSIONALE DELL’AUTORE – “Sono felice di esser qui oggi con lo scrittore che più mi abbia spaventato in vita mia” prosegue Avoledo. “Mi ricordo anche il giorno in cui successe: era il 16 settembre 2011 e Glenn Cooper mi presentò il suo libro, ‘Il marchio del diavolo’, ambientato nelle catacombe di San Callisto a Roma. Sbiancai: era la stessa ambientazione che avevo scelto per il romanzo che avevo appena scritto. In seguito è risultato che c’era abbastanza spazio per tutti e due. Dove non c’è abbastanza spazio, invece, è tra le pagine di un libro per i romanzi-mondo di questo scrittore straordinario che è Glenn Cooper. Quel che di lui mi ha colpito è anche la sua biografia: oltre che autore, Cooper è medico ricercatore e archeologo.” “Il mio percorso professionale non è insolito per uno scrittore di thriller”, commenta Cooper in proposito. “Credo sia utile avere tante esperienze cui attingere per rendere i libri autentici.” “Nella tua pagina web dividi la tua vita professionale in tre atti: quello della formazione e professione medica, quello dell’attività di manager” – attualmente Glenn Cooper è presidente e amministratore delegato della più importante industria di biotecnologie del Massachusetts – “e quella di scrittore. Visto che scrivi anche per il cinema, l’attività di sceneggiatore rappresenta un quarto atto o rientra sempre in quella di scrittore?”, domanda ancora Avoledo. “Alcuni pensano che il successo sia arrivato immediatamente per me, ma prima del mio romanzo d’esordio, per vent’anni ho scritto sceneggiature per il cinema. È stato un utile percorso di preparazione e maturazione per il mio lavoro di romanziere.”

L’IDEA DELLA TRILOGIA – “Cooper riesce ogni volta a inventare qualcosa di mirabolante, ha sempre delle idee potentissime. E con l’idea de ‘La biblioteca dei morti’ ha vinto il terno al lotto”, prosegue Avoledo. “L’immagine di una biblioteca in cui sono conservati 700 mila volumi con i nomi di tutti gli esseri umani e a fianco le loro date di nascita e morte è di forte impatto.” “Mi ricordo il giorno in cui mi venne quest’idea”, interviene Cooper. “Una mattina in ufficio, era il 2006, lessi qualcosa sul Wall Street Journal che mi fece balenare l’immagine di una biblioteca sotterranea. Ci pensai su, e mi venne in mente che in questa biblioteca potessero essere custoditi i destini dell’intera umanità. Mi sembrava un buon argomento per un romanzo, perché mi permetteva di trattare anche temi filosofici, cosa che cerco sempre di fare in tutti i mie thriller. Ma non basta avere una buona idea: bisogna poi costruirci attorno una trama!”

UN SUCCESSO MAGGIORE IN EUROPA CHE IN PATRIA – “In effetti in un mondo come il nostro tematiche come quelle sollevate da Cooper sono fondamentali. Tutti i nostri comportamenti e le nostre decisioni sono più prevedibili di quanto possiamo immaginare: esiste addirittura una società americana, Recorded Future, che in base all’analisi di dati raccolti on line sulle persone, in base a quello che le persone scrivono o postano in rete, è in grado di prevedere i loro comportamenti. In un contesto come questo l’idea di un futuro predestinato ha in sé molto su cui riflettere. È questo impasto tra una trama avvincente e idee che offrono forti spunti di riflessione a determinare il successo di Glenn Cooper, un successo maggiore da noi, in Italia e in Europa, che negli Stati Uniti. Ti sei mai chiesto perché i tuoi romanzi funzionino di più all’estero che in patria?”, domanda Avoledo. “Ci ho pensato su molto, e la risposta è complessa”, risponde Cooper. “Una prima ragione è che i miei editori europei hanno fatto un ottimo lavoro per promuovermi. In secondo luogo, i lettori europei sono più pazienti, più disposti ad affrontare libri complessi: accolgono anche trame che si sviluppano su più piani temporali, come nel caso dei miei romanzi. I thriller più popolari in America invece sono quelli che si adattano a un format predefinito. Negli Stati Uniti mi è capitato di sentirmi dire da qualche lettore: ‘Mi piacciono i tuoi libri, ma devono per forza esserci tutti quei riferimenti storici?’”

IL PROTAGONISTA DELLA TRILOGIA – “Sono molto colpito dai cambiamenti che gli anni hanno portato in Will Piper, il protagonista della trilogia: è un bel personaggio, non il classico supereroe. Sarei curioso di sapere quando Cooper lo ha incontrato”, chiede ancora Avoledo. “Sono molto affezionato a Piper: quando si spende così tanto tempo per un personaggio – ci ho lavorato sette anni – diventa parte della propria vita. In questo capitolo della trilogia vediamo un Piper invecchiato, che ha la mia stessa età: è bello vederlo affrontare problemi con cui tutti abbiamo a che fare nella vita. Volevo appunto creare un personaggio diverso: odio la tipologia dell’eroe fumettistico. Le persone senza difetti sono noiose, a me piacciono i personaggi realisticamente imperfetti.”

IL PERCORSO DI STESURA – “Quando ha finito di scrivere ‘La biblioteca dei morti’ ha detto che non aveva in mente di scrivere un seguito, è vero? E come ha trovato l’idea che le ha permesso di scrivere il secondo episodio?” “Io avevo concepito la storia per un unico libro, non credevo nemmeno di riuscire a pubblicarlo. Ma dato che con questo primo romanzo è andata bene, il mio agente ha commentato: ‘Meglio vendere due libri piuttosto che uno solo, trova un espediente per poter scrivere un seguito!’ E io l’ho trovato scrivendo una frase su un libro mancante, un libro sottratto alla biblioteca dei morti: è nato così ‘Il libro delle anime’. A quel punto pensavo che fosse finita, e invece poi c’è stato un terzo episodio. Adesso però posso dire con sicurezza che la saga si è chiusa.”

UN QUARTO EPISODIO? – “Speravo in un quarto libro”, commenta un po’ deluso Avoledo, “visto che ci sarebbero le condizioni per continuare: il figlio di Piper sta crescendo e c’è una guerra nucleare in arrivo per il 2027” – gli scrivani di Vectis, che secoli addietro hanno compilato tutti i volumi della biblioteca e poi si sono suicidati, hanno infatti lasciato in eredità una data: il 9 febbraio 2027, la data dell’apocalisse? “Potremmo scrivere un quarto episodio insieme”, ribatte divertito Cooper. E a proposito degli scrivani maledetti dai capelli rossi e gli occhi verdi, alla domanda su che cosa rappresentino questi personaggi e da dove saltino fuori, Cooper risponde che “sono una metafora della predestinazione.”

PERCHÉ NON UN FILM? – “E come mai non c’è l’idea per un film?” insiste Avoledo. “È difficile pensare di raccontare in due ore una storia con così numerosi piani temporali”, riflette Cooper, “forse mi convincerebbe di più una serie televisiva. Un famoso regista americano poi – non ricordo bene chi – ha avanzato un dubbio: che eroe è Piper, che senso ha la sua lotta, se non può cambiare il futuro?” “L’idea di un futuro predeterminato in effetti è molto poco americana”, commenta l’autore italiano: “forse è per questo che piace meno negli Stati Uniti che da noi.”

COME MAI IL 2027? –E perché Cooper ha scelto proprio il 2027 come data fatidica? – domandano dal pubblico. “Perché è abbastanza vicino, ma non è un futuro immediato: c’è un lasso di tempo che permette alle persone, ai protagonisti della storia, di riflettere sul loro destino. Ho ambientato il mio ultimo libro nel 2026 proprio per vedere il comportamento delle persone all’avvicinarsi di questa data.”

 

19 novembre 2012

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