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Chi è Giulia Tofana, donna anticonformista come Modesta de “L’arte della gioia”

Giulia Tofana e Modesta: due donne, due epoche, un’unica ribellione. Protagonista de "L’avvelenatrice di uomini" di Cathryn Kemp, connosciamo più da vicino questa figura storica enigmatica.

Giulia Tofana e Modesta: due donne, due epoche, un’unica ribellione. Giulia Tofana, protagonista de “L’avvelenatrice di uomini” di Cathryn Kemp, è una figura storica enigmatica: nel Seicento creò un veleno letale, l’Acqua Tofana, diventando simbolo oscuro di libertà femminile e potere sulle proprie sorti.

Modesta, invece, l’indimenticabile protagonista de “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza, incarna la rivoluzione interiore e sociale di una donna che, sfidando convenzioni e tabù, riscrive il proprio destino con intelligenza e audacia. Due personaggi lontani nel tempo, ma accomunati dal desiderio di autodeterminazione in un mondo che vorrebbe limitarle.

Giulia Tofana e Modesta

Giulia Tofana e Modesta sono spiriti indomiti. Entrambe le donne dimostrano una forte determinazione nel superare le limitazioni imposte dalla società. Modesta lotta per la sua indipendenza e autorealizzazione, mentre Giulia Tofana agisce in modo radicale per aiutare altre donne a liberarsi da situazioni oppressive.

Modesta rifiuta i ruoli tradizionali delle donne, vivendo la sua sessualità in modo libero e perseguendo i suoi obiettivi senza conformarsi alle aspettative sociali. Giulia Tofana, invece, sfida le norme dell’epoca agendo al di fuori della legge, utilizzando mezzi estremi per garantire la libertà delle donne.

Modesta rappresenta una figura di emancipazione attraverso l’istruzione, l’arte e la consapevolezza di sé. Giulia Tofana, invece, incarna una forma di ribellione più oscura e disperata, ma comunque finalizzata a dare potere alle donne in un contesto di oppressione.

Modesta vive in un’epoca di cambiamenti sociali e politici, mentre Giulia Tofana opera in un periodo di maggiore repressione femminile. Questo influenza le loro scelte e i mezzi attraverso cui esprimono il loro anticonformismo.

Entrambe le figure rappresentano modelli di resistenza femminile, ma mentre Modesta incarna una ricerca positiva della gioia e della libertà, Giulia Tofana rappresenta una reazione più radicale e distruttiva alle ingiustizie del suo tempo.

L’avvelenatrice di Uomini

Un romanzo forte e d’impatto

Il romanzo ripercorre la vita di Giulia Tofana, nata in Sicilia come Modesta, fu una  figura storica realmente esistita nella Roma del Seicento, accusata di aver venduto a donne oppresse un potente veleno, l’acqua Tofana, per liberarsi di mariti violenti o indesiderati. La storia mescola realtà e leggenda, dipingendo Giulia come una donna complessa: vittima, criminale e, per alcune, un’eroina femminista ante litteram.  

Kemp esplora il contesto sociale dell’epoca: patriarcato, povertà, violenza domestica, trasformando Giulia in un simbolo di resistenza femminile, pur senza negarne le ombre.

I punti di forza del romanzo 

L’avvelenatrice di uomini è ambientato nella Roma barocca e a Napoli, città che vengono descritte con ricchezza di dettagli, dai vicoli oscuri alle sontuose residenze nobiliari, creando un affresco vivido e credibile.  

Giulia non è ritratta come una semplice assassina, ma come una donna segnata da traumi (orfana, abusata), costretta a scegliere tra sopravvivenza e moralità.  

Il romanzo solleva questioni come la violenza di genere, l’autodeterminazione femminile e l’etica della vendetta, rendendo la storia rilevante per il lettore moderno.  

Il romanzo è caratterizzato da ritmo incalzante Intrighi, colpi di scena e momenti di tensione che mantengono alta l’attenzione, con un bilanciamento tra dramma storico e suspense.  

Un romanzo avvincente e provocatorio, consigliato a chi ama storie di donne anticonformiste e a chi apprezza il historical fiction con una prospettiva femminista. Nonostante qualche forzatura, Kemp regala una riflessione potente sul potere e le contraddizioni femminile in un’epoca oscura.

Chi era Giulia Tofana? La storia e la leggenda

Giulia Tofana (o Toffana) operò a Roma, Napoli e Palermo nella metà del XVII secolo. Figlia di un farmacista, si dice abbia ereditato conoscenze tossicologiche, rivendicando anche origini nobili (il nome “Tofana” potrebbe riferirsi alla famiglia napoletana degli Thofan). La sua fama è legata alla vendita clandestina di veleni, in particolare l’acqua Tofana, un composto a base di arsenico, piombo e belladonna, dal sapore quasi impercettibile se mescolato a cibo o vino.  

La leggenda dell’acqua Tofana

Secondo la tradizione, il veleno era venduto a donne sposate come “acqua miracolosa” per risolvere “problemi coniugali”. Agiva lentamente, simulando una malattia progressiva, così da non destare sospetti.  

Si narra che oltre 600 uomini siano stati uccisi con questo metodo, ma i numeri sono probabilmente esagerati: le fonti storiche (come gli archivi dell’Inquisizione) menzionano poche decine di casi accertati.  

Giulia fu infine scoperta, torturata e giustiziata a Roma nel 1659. La leggenda vuole che, prima di morire, abbia confessato i suoi crimini e maledetto la città.  

Mito vs. realtà

Le informazioni su Giulia sono frammentarie e spesso contraddittorie, filtrate da cronache misogine dell’epoca. Alcuni storici dubitano persino della sua esistenza, suggerendo che “Tofana” fosse un nome collettivo per un gruppo di avvelenatrici. Il mito, però, ha resistito, trasformandola in un’icona popolare: per alcuni una serial killer, per altri una giustiziera per donne senza voce.

L’acqua Tofana compare in opere letterarie come I promessi sposi (Don Ferrante ne parla come veleno leggendario) e in serie TV come Hannibal, a testimonianza di un mito che ancora affascina.

La struttura del romanzo: stile e prospettiva narrativa 

Il romanzo è scritto in prima persona, con Giulia Tofana che racconta in modo introspettivo la sua vita, dalle umili origini alla fama sinistra. Questo approccio permette di esplorarne le emozioni, i conflitti e le giustificazioni morali, umanizzando una figura spesso demonizzata.  

Lo stile è vivido e sensoriale: Kemp usa metafore legate al veleno (“il mio cuore era un distillato di rabbia”), creando un parallelismo tra la tossicità delle relazioni e quella dei composti chimici.  

Le conversazioni hanno un tono contemporaneo, hanno un sapore moderno,  per avvicinare il lettore, talvolta a scapito dell’autenticità storica.  

Temi chiave

Vendetta e redenzione: Giulia cerca di controllare il proprio destino in un mondo che la vuole vittima.  

Solidarietà femminile: Le donne aiutano altre donne, creando una rete clandestina di sopravvivenza.  

Etica ambigua: Il veleno è sia strumento di liberazione che di corruzione, riflettendo la dualità di Giulia.  

Perché leggere “L’avvelenatrice di uomini”

“L’avvelenatrice di uomini” non è solo un thriller storico, ma un’indagine sulle radici della ribellione femminile. Cathryn Kemp usa la figura di Giulia Tofana per interrogarsi su cosa significhi essere donna in un mondo ostile, tra compromessi e atti estremi. Pur con qualche libertà narrativa, il libro è un omaggio alle “streghe” della storia, quelle donne che sfidarono le regole per sopravvivere, proprio come Modesta di Goliarda Sapienza che, anche se, non così radicale o estrema, combatte con tutte le sue forze per non sopperire a una società fortemente maschile che, spesso, vuole vedere le donne rilegate ai margini.

Consigliato se ti è piaciuto l’arte della gioia e vuoi leggere altri libri che abbiano come protagoniste donne forte e indipendenti che lottano per la loro libertà a scapito di tutto.  

Due donne anticonformiste a confronto

Modesta è la protagonista del romanzo L’arte della gioia di Goliarda Sapienza, pubblicato postumo nel 1998. La storia segue la sua vita dalla nascita, avvenuta in una povera famiglia siciliana nel 1900, fino alla maturità, attraversando un secolo di trasformazioni sociali, politiche e culturali. Donna forte, intelligente e anticonformista, che sfida le convenzioni sociali e le aspettative imposte alle donne del suo tempo. La sua vita è segnata da una ricerca costante di libertà, autodeterminazione e felicità, nonostante le avversità e i traumi che affronta, e proprio come l’avvelenatrice, anche se con modi diversi, combatte con tutta se stessa per mantenere il suo senso di libertà e la sua forza vitale autodeterminandosi.

Giulia Tofana, invece, è una figura storica del XVII secolo, nota per essere stata l’ideatrice di un potente veleno, l’Acqua Tofana, che veniva venduto segretamente a donne desiderose di liberarsi dei mariti oppressivi. La sua storia è avvolta nel mistero e nella leggenda, ma è spesso associata a una figura di ribellione femminile contro la dominazione maschile e le ingiustizie del suo tempo. Come Modesta, Giulia, si fa strada come può in una società ancora più forte e maschile rispetto a quella vissuta da Modesta. Sebbene con modi discutibili ha fatto in modo di poter aiutare altre donne creando una catena di solidarietà femminile.

Giulia e Modesta due eroine o due figure dannate, ma questo può solo deciderlo solo chi legge le storie di queste due donne.

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