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Giovanni Floris, ”Nel mio romanzo racconto gli anni ’80, quando si poteva sognare di farcela”

''Non รจ tanto alzarsi presto: รจ indovinare l'ora'', cosรฌ dice Bonetti, uno dei protagonisti del primo romanzo di Giovanni Floris โ€“ intitolato appunto ''Il confine di Bonetti''...

Il giornalista Rai conduttore di ”Ballarò” ci parla de ”Il confine di Bonetti”, il suo primo romanzo appena pubblicato da Feltrinelli
 

MILANO – ”Non è tanto alzarsi presto: è indovinare l’ora”, così dice Bonetti, uno dei protagonisti del primo romanzo di Giovanni Floris – intitolato appunto ”Il confine di Bonetti”. In altre parole, si tratta di cogliere il momento giusto, l’occasione buona. Una ricetta che vale anche per l’Italia, per riprendersi dalla crisi in cui si trova e ripartire. Il giornalista ci parla del suo libro, della generazione dei ragazzi degli anni ’80, che sognavano di poter diventare migliori, e del presente che stiamo vivendo.
 
Perché ha deciso di scrivere un romanzo? Com’è venuta l’idea per questo libro?
Ho sempre sognato di scrivere un romanzo. Quando Feltrinelli me lo ha proposto avevo già in mente tutto, capitolo per capitolo! Volevo parlare del confine dentro ognuno di noi, della linea di demarcazione tra quello che si può fare e quello che non si può fare, tra la trasgressione e la regola, tra il sogno e la realtà. Quel confine su cui i protagonisti della mia storia amavano passeggiare da ragazzi. Nel romanzo si racconta la loro storia, la storia di Bonetti, Ranò, Fochetti, Gallo e Navarra. Amici da sempre, cresciuti insieme. Poi la vita li divide, ed una ultima (rischiosissima) notte da leoni li riunisce. Qualcuno di loro ha mantenuto il gusto di vivere sul confine, qualcuno lo ha perso.
 
Qual è il gioco tra autobiografia e finzione nel suo libro?
Non è un romanzo autobiografico, ma – ovviamente – è un romanzo mio. Io l’ho scritto, io lo ho immaginato. Ovviamente parla di quello che ho pensato, che ho visto, che ho inventato.
Bonetti e Ranò sono le due facce della medaglia. Sono molto simili, ma sono molto diversi. Le loro vite si somigliano, ma sono distanti. Come solo quelle di due veri amici possono essere. Anche se non si vedono più da tanti anni. Hanno passato insieme le medie, il liceo. Hanno frequentato un’università privata. Uno è diventato un ricco notaio, l’altro un famoso regista. Entrambi ce l’hanno fatta, ma si scoprirà che ognuno di loro ha perso qualcosa, e quel qualcosa vuole ritrovarlo. Non sono persone realmente esistenti, ma spero siano personaggi molto reali.
 
In cosa la generazione dei ragazzi degli anni Ottanta è diversa da quella di oggi? E quali tratti hanno invece in comune i giovani di allora e quelli di oggi?
Molti di noi negli anni ’80 sognavano di poter diventare migliori di quello che erano. Lo potevamo fare perché l’economia sembrava girare, la politica si liberava dalle cupe gabbie che la avevano legata nel decennio precedente. Erano gli anni del muro, di Tienanmen. Negli anni ’90 tangentopoli spazzò via una classe politica inefficiente e corrotta, e si aprirono improvvisamente dei varchi che sino a poco prima sembravano inagibili per tanti di noi. Anche oggi crollano le gabbie, crollano le categorie fisse, c’è un forte ricambio nella classe dirigente. L’economia però non tira, e questo per ora sembra fare la differenza.  
 
La cultura può essere il vero petrolio di Italia, un motore per la ripresa economica?
La cultura, il turismo, l’arte, i servizi. Ma anche le fabbriche devono riaprire. Quando la macchina riparte, riparte tutta insieme. E come dice Bonetti, “non è tanto alzarsi presto: è indovinare l’ora”. Darsi da fare nel modo giusto, al momento giusto. Rimanere lucidi e sfruttare l’occasione buona. Così si fa.

23 marzo 2014

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