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Giorgio Fontana, ”Al Festivaletteratura racconto come è cambiata negli ultimi anni Milano, la città che fa da sfondo ai miei libri”

Milano è al centro dell'incontro che questo pomeriggio al Festivaletteratura di Mantova vedrà ospiti Hans Tuzzi e Giorgio Fontana. Sullo sfondo dei loro romanzi c'è una città coinvolta negli ultimi anni da una profonda trasformazione sociale e culturale, una Milano esplorata nei suoi cambiamenti, una ''Milano da leggere'' – come recita il titolo di questo incontro. Fontana anticipa in un'intervista alcuni dei temi che verranno trattati...

L’autore di “Per legge superiore”, ospite oggi a Mantova, anticipa alcuni dei temi che verranno trattati in occasione dell’incontro “La Milano da leggere”

MANTOVA – Milano è al centro dell’incontro che questo pomeriggio al Festivaletteratura di Mantova vedrà ospiti Hans Tuzzi, con il libro “Vanagloria”, e Giorgio Fontana, con “Per legge superiore”. A far da sfondo ai loro romanzi c’è una città coinvolta negli ultimi anni da una profonda trasformazione sociale e culturale, una Milano esplorata nei suoi cambiamenti, una “Milano da leggere” – come recita il titolo di questo incontro. Fontana anticipa in un’intervista alcuni dei temi che verranno trattati e riflette sulla situazione del panorama letterario italiano.

 

Lei è presente al Festivaletteratura con il suo ultimo successo, “Per legge superiore”. Qual è l’idea fondamentale che ha ispirato questo libro?

L’intento era mettere un personaggio maturo, avanti con gli anni, di fronte a un dilemma etico molto forte, che avesse a che fare con il tema della giustizia. Non volevo però che fosse una riflessione tout cour – altrimenti avrei scritto un saggio, non un romanzo. Avevo chiaro in mente che la scelta del protagonista di fronte a questo dilemma avrebbe dovuto riverberarsi in maniera molto forte sulla sua esistenza, essere qualcosa di vissuto a livello personale e tragico.

Nel suo libro lei racconta Milano anche nei suoi aspetti inediti, meno noti, i suoi cambiamenti e le sue contraddizioni, tema che verrà affrontato nell’incontro che la vedrà ospite oggi, intitolato “La Milano da leggere”. Come si è trasformata la città negli ultimi anni?

Milano è una città che ha sempre avuto una grande storia di accoglienza dell’immigrazione interna, dal Sud e dal Nord-Est: io stesso sono figlio di quest’immigrazione, mio padre è friulano. Adesso, negli ultimi quindici anni, ha assorbito e sta assorbendo soprattutto un’immigrazione esterna, dai Paesi arabi, dal Sudamerica, dalla Cina. Circa il 10% della popolazione milanese è ormai straniera, e la città sta lentamente interiorizzando questo flusso. Certo, siamo ancora all’inizio del processo, e ci sono numerosi problemi legati a questi fenomeni migratori, ma sono molto ottimista per il futuro. Basti osservare le classi elementari, che contano bambini di tutte le nazionalità che convivono senza problemi. Questo dal punto di vista demografico. Dal punto di vista culturale e politico invece mi sembra che soprattutto con la giunta Pisapia, di cui sono un sostenitore convinto, Milano si stia scrollando di dosso l’immagine terrificante di “città della moda”, “città da bere”, che viene da quel decennio atroce che furono gli anni Ottanta e che Milano si è tenuta incollata addosso per troppo tempo. C’è ancora tantissimo lavoro da fare e spero che ci siano ancora più scossoni in questo senso, perché siamo ancora di là da essere una città all’altezza dell’Europa. In questo momento però mi sta piacendo e spero che continui su questa strada.

 

Qual è la situazione dei giovani autori italiani: c’è fermento sulla scena letteraria del nostro Paese? Ci sono attenzione spazio e opportunità per i nuovi scrittori?

Si è verificata negli ultimi anni una strana “nascita e morte” del fenomeno dello scrittore esordiente: c’è stato un breve periodo in cui le case editrici sono state interessatissime a scovare nuovi nomi da pubblicare. Questa tendenza da un lato è stata positiva, perché ha dato spazio a molti autori di affermarsi, dall’altro ha rappresentato un ostacolo: paradossalmente si faceva più fatica a pubblicare il secondo romanzo, perché gli editori cercavano esordi. Si era creata una situazione un po’ strana, che per fortuna adesso si è esaurita. Nel nostro panorama letterario credo che ci siano diversi autori miei coetanei da tenere presente, molto interessanti, che scriveranno ottimi libri. Purtroppo è vero che il mondo culturale italiano tende a essere un po’ “ammalato di gerontofilia”, e fa una certa fatica a recepire le nuove spinte. Occorrerebbe una maggiore attenzione alle realtà più underground, meno istituzionalizzate, attenzione che manca in molte pagine culturali. Anche da questo punto di vista però, mi pare che la situazione si stia evolvendo. Personalmente, comunque, detesto l’etichetta di “giovane scrittore”: sono contro ogni riferimento generazionale, sono per i buoni libri. Che siano scritti da un sedicenne o da un settantenne non fa differenza. D’altra parte è grave quando l’età anagrafica diventa un ostacolo a farsi pubblicare, quando le case editrici screditano un autore solo perché giovane.

Eventi come il Festivaletteratura di Mantova sono importanti per tenere viva la cultura e alimentare l’amore per libri e letture?

Non sono un gran frequentatore di festival. Sono stato invitato a Mantova e sono felicissimo di presenziare a questa manifestazione, perché è una grande kermesse con grandi nomi, e soprattutto, cosa più importante, è molto frequentata da lettori e pubblico. Il festival letterario è un ottimo strumento quando è organizzato in maniera molto curata e attenta, rispettosa nei confronti di chi ne fruisce. Quando non si riduce a un enorme contenitore di bacheche espositive per soddisfare le esigenze degli editori, quando punta più sulla qualità che sulla quantità, allora è davvero efficace. In particolare sono utili a risvegliare il fermento culturale quegli eventi magari più decentrati, che si svolgono in provincia, in un contesto lontano dalla vivacità dei grandi centri. Mantova è poi un discorso a parte, perché è il festival per eccellenza.

Lei viene spesso accostato a Sciascia: è uno dei suoi riferimenti letterari?

Il riferimento a Sciascia credo sia nato da un fraintendimento: nella quarta di copertina di un mio romanzo si è detto che il mio libro si richiamava ad alcuni temi cari al grande autore. In verità avevo letto solo un suo libro prima di scrivere questo romanzo, e in fase di stesura non pensavo a Sciascia, non era uno dei miei riferimenti. Avevo molto più in mente il Tabucchi di “Sostiene Pereira” o Kafka, che è il mio autore preferito di sempre. Riflettendoci a posteriori credo che nei miei libri ci siano alcuni degli argomenti che a Sciascia stavano a cuore: il tema della giustizia, il fatto che il protagonista sia un magistrato, la riflessione sull’attività della magistratura. Insistere su un confronto con Sciascia tuttavia rischia di essere fuorviante, io non ho mai voluto paragonarmi a questo grande maestro.

 

7 settembre 2012

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