MILANO – “In Italia manca una cultura dello sport, ma sono favorevolmente colpito dallo sviluppo dell’editoria per bambini in questo campo. L’educazione della coscienza sportiva deve iniziare dai più piccoli”. Ad affermarlo è Gianluca Mazzini, giornalista di Sportmediaset che conduce una rubrica “Libri di sport” all’interno del telegiornale del sabato. Mazzini ci parla del suo progetto e dei valori che intende promuovere.
Da dove è nata l’idea di dedicare uno spazio ai libri in un telegiornale sportivo?
Originariamente, sei anni fa circa, conducevo “Il leggio”, una rubrica su Rete 4 dedicata a libri di vario genere e argomento. Già allora, occupandomi di libri e editoria, avevo notato un incremento, costante negli anni, delle pubblicazioni di carattere sportivo, che in passato erano molto rare e oggi molto più comuni. Passando a Sportmediaset, quattro anni fa, ho proposto di mantenere quel tipo di programma, applicato esclusivamente allo sport. Inizialmente il progetto ha incontrato un po’ di diffidenza: andava valutato quanto il fenomeno editoriale sportivo fosse sviluppato. Ora è un appuntamento fisso, inserito nel telegiornale Sportmediaset del sabato alle ore 13.00. La rubrica si avvale, in ogni puntata, della collaborazione di un personaggio, un autore o semplicemente uno sportivo, con il quale discutere e approfondire il tema affrontato dal libro che presento. Ho notato che l’editoria sportiva continua a produrre e proporre nuovi titoli, e che sulla stampa specializzata, soprattutto negli ultimi anni, non manca mai uno spazio dedicato ai libri: la nostra è la prima rubrica fissa di tipo televisivo.
Nella sua rubrica ha trattato molte autobiografie e biografie. Come interpreta il desiderio degli sportivi di raccontarsi e mettere per iscritto la propria passione e carriera?
Credo che, essendo personaggi pubblici, gli sportivi abbiano interesse a farsi conoscere, a raccontare la loro versione sulla carriera percorsa, il loro rapporto con lo sport, o alcuni fatti specifici che accadono in questo ambito. A questo si associa l’interesse delle case editrici, che possono puntare sulla possibilità di aumentare le vendite grazie a nomi famosi nel mondo dello sport. In questo modo le case editrici vendono il “personaggio”, e gli sportivi hanno l’occasione di raccontarsi promuovendo la loro immagine e i loro valori.
Parlando delle autobiografie, ci sono libri da lei letti e presentati che possono essere paragonati a grandi opera letterarie, a livello di valori trasmessi?
Si, anche se molti dei libri relativi allo sport, tolta la manualistica, sono piuttosto legati a un particolare evento significativo, come la vittoria alle olimpiadi, il conseguimento di una coppa o di uno scudetto, quindi piuttosto “transitori”. Ci sono però alcuni libri sportivi che possono a pieno titolo rientrare nel canone delle “opere letterarie” per l’importanza dei temi affrontati e dei significati trasmessi. Mi riferisco a volumi come, per esempio, “Open” di Andre Agassi, la biografia scritta da uno dei più grandi campioni di tennis di tutti i tempi. Questo libro, oltre a proporre uno spaccato sul mondo del tennis, offre interessanti spunti di riflessione relativi ai temi dell’educazione, del rapporto con il padre, della vita e della cultura americana.
Lo sport ha il grande merito di trasmettere valori positivi e di unire le persone. Pensa che la sua rubrica possa giovare a trasmettere, oltre ai valori dello sport, quelli della cultura e della lettura?
Spero sia uno stimolo per incentivare il desiderio e la voglia di leggere, di erudirsi, di approfondire, di avvicinarsi ai libri attraverso la passione per l’attività sportiva. In Italia cultura dello sport ed educazione della coscienza sportiva sono carenti: penso allo stadio per esempio, dove mancano conoscenza precisa delle regole e senso del rispetto. I libri che raccontano i retroscena del mondo sportivo hanno anche una componente culturale, e spero che la mia rubrica possa aiutare a cambiare le cose. Sono favorevolmente impressionato dallo sviluppo dell’editoria sportiva dedicata ai più piccoli: libri come quelli della serie delle “Cipolline”, oppure la manualistica dedicata alla pallacanestro o all’equitazione, solo per citare alcuni titoli che mi sono capitati sottomano recentemente, spero agiscano positivamente sull’educazione dei più piccoli. Perché è proprio da lì che si deve iniziare a lavorare.
11 marzo 2013