Gialli da mettere sotto l’albero per un Natale ad alta tensione

15 Dicembre 2025

Dal proto-noir ottocentesco al thriller contemporaneo: 5 gialli, tra noir e spy story che usano l'alte tensione per stupire a Natale.

Gialli da mettere sotto l'albero per un Natale ad alta tensione

I libri gialli non sono famosi solo per tenerci svegli fino a tardi, ma anche per aiutarci a mettere a fuoco le zone d’ombra del presente: ossessioni private, fanatismi religiosi, segreti di Stato e colpe che nessuno vuole nominare…

Il delitto, il mistero, la sparizione diventano così un pretesto narrativo per parlare di potere, memoria e identità.

I libri che abbiamo raccolto in questo articolo si muovono sul filo del rasoio e costeggiano questo mondo oscuro, spesso poco considerato.

Tra i titoli c’è un romanzo ottocentesco “dimenticato”, che intreccia realismo e sovrannaturale lungo la Senna e mette in scena il ritorno del rimosso in forma quasi spettrale. C’è il thriller ad alta tensione che riporta in scena un cold case degli anni ’80 e, ancora, un romanzo familiare nerissimo, in cui una casa di Londra diventa laboratorio di fede, traumi e possessioni. Qui, la tensione non nasce solo dall’idea di un possibile demone, ma dal fanatismo, dal peso della storia e da una ragazza che smette di essere quella di prima.

Dall’altra parte del mondo, in Nigeria, uno psicologo forense viene incaricato di indagare sulla scomparsa della “First Lady” di una megachiesa: dietro l’apparenza di un incarico di routine, si apre una voragine di potere religioso, ipocrisie e violenza sistemica.

Infine, una spy story raffinata che guarda al Novecento dall’alto di una vita intera: la confessione di un ex agente doppiogiochista, intellettuale rispettato e traditore della corona, che ripercorre decenni di storia inglese e interroga il confine, sempre scivoloso, tra lealtà e menzogna.

5 gialli per Natale

“L’assassino di Pont-Rouge” di Charles Barbara

Nella Parigi ottocentesca, tra caffè fumosi e soffitte bohémiens, Rodolphe e Max passano le serate a parlare di arte, di politica e di amori mancati. Durante una di queste conversazioni, Max confessa all’amico una segreta infatuazione per la signora Thillard-Ducornet, elegante vicina di casa da poco rimasta vedova: il marito, agente di cambio, è annegato nella Senna in circostanze poco chiare. La donna sembra incarnare per Max un ideale romantico e irraggiungibile, una figura sospesa tra lutto e seduzione.

Qualche tempo dopo, passeggiando in un parco, Max si imbatte in Clément, un vecchio amico di gioventù che non vede da anni. L’uomo è cambiato: ben vestito, socialmente affermato, ma attraversato da una tensione sotterranea. Max percepisce che Clément nasconde qualcosa, un segreto legato a un passato che lui e la moglie vorrebbero cancellare. Il sospetto che il loro benessere poggi su una colpa taciuta – forse collegata proprio alla morte sul Pont-Rouge – si insinua poco a poco nel racconto.

È qui che il romanzo vira verso territori più cupi e inquieti. La “coscienza” sembra presentare il conto a Clément e alla moglie assumendo la forma del loro figlio primogenito, un bambino dalla presenza perturbante, che diventa progressivamente il simbolo vivente di ciò che i genitori hanno tentato di seppellire. Il confine tra reale e sovrannaturale si fa sempre più labile: visioni, ossessioni e piccoli incidenti quotidiani possono essere spiegati razionalmente, ma sembrano anche orchestrati da una forza punitiva che chiede giustizia.

Tra atmosfere gotiche, riflessioni morali e un’indagine che non è solo sul “chi ha ucciso” ma sul “chi riesce a convivere con la propria colpa”, “L’assassino di Pont-Rouge” intreccia noir psicologico e suggestioni fantastiche, anticipando molti temi del realismo magico e del romanzo criminologico moderno.

“La crepa del silenzio” di Javier Castillo

Staten Island, 1981. La bicicletta del piccolo Daniel Miller viene ritrovata gettata vicino casa, ancora calda di uso, come se il bambino fosse sparito nel giro di pochi minuti. Non ci sono testimoni, non c’è un corpo, solo il vuoto assoluto di una scomparsa che diventa ossessione per il padre, Ben Miller, agente dell’FBI. Le indagini non approdano a nulla e il caso, col tempo, si congela come una fotografia sbiadita.

Trent’anni dopo, a New York, la giornalista investigativa Miren Triggs – che i lettori di Castillo hanno già incontrato ne “La ragazza di neve” – si imbatte in un nuovo orrore: il cadavere di una donna con le labbra sigillate, un dettaglio macabro che sembra gridare un messaggio e, allo stesso tempo, soffocarlo. Mentre segue la pista per un reportage, Miren scopre una connessione inaspettata tra questo delitto e la vecchia scomparsa di Daniel. L’aiuta Jim Schmoer, il suo ex professore di giornalismo, mentore e amico, che accetta di tornare in gioco pur sapendo che il caso rischia di travolgerli entrambi.

Con l’aiuto di Ben Miller, ormai ex agente ma ancora intrappolato nel lutto irrisolto per il figlio, Miren e Jim ripercorrono ogni dettaglio del 1981, rovistando tra errori, depistaggi, omissioni. Più scavano, più i confini tra passato e presente si sfocano: testimonianze contraddittorie, ricordi manipolati, verità mai dette. Il “silenzio” del titolo non è solo quello delle labbra cucite, ma il patto tacito che per anni ha coperto una serie di colpe e connivenze.

La “crepa” che Miren intravede è il piccolo varco da cui può filtrare la verità, ma anche il punto in cui tutto rischia di cedere: carriere, famiglie, identità. Il romanzo alterna linee temporali e punti di vista, costruendo un thriller ad alto ritmo in cui la tensione psicologica conta tanto quanto l’indagine poliziesca, e in cui la ricerca della verità coincide con la possibilità, forse, di chiudere finalmente un lutto rimasto sospeso per tre decenni.

“Fervore” di Toby Lloyd

In “Fervore” seguiamo i Rosenthal, una famiglia ebrea osservante che vive nella zona nord di Londra: Eric, avvocato mite, Hannah, giornalista ambiziosa, i tre figli Gideon, Elsie e Tovyah e il nonno Yosef, sopravvissuto alla Shoah. La loro vita è scandita da precetti religiosi, rituali e un’idea inflessibile di verità che discende dall’Antico Testamento. Ognuno dei ragazzi, però, cresce faticando a trovare un proprio spazio dentro questa gabbia di fede e aspettative.

L’equilibrio già fragile si spezza quando Hannah annuncia di voler scrivere un libro sulla storia del suocero, su ciò che ha vissuto in Polonia e che lui non ha mai raccontato davvero. Dal passato affiora un segreto pesantissimo, che stende un’ombra su tutta la famiglia proprio mentre il vecchio Yosef, provato dai ricordi, muore. Pochi giorni dopo, la quattordicenne Elsie – nipote prediletta, figlia perfetta – ricompare come trasformata: parla e si muove in modo diverso, sembra preda di una presenza oscura, il suo dolore diventa un buco nero che inghiotte tutti.

Per Hannah, Elsie si è perduta nel misticismo ebraico evocando forze demoniache; per Tovyah, che fugge a Oxford per studiare e allontanarsi da casa, la sorella è il prodotto di una famiglia disfunzionale e di una religione usata come arma. Mentre la madre lavora al libro sul nonno e l’eco mediatica cresce, i Rosenthal si trovano intrappolati in un vortice di sensi di colpa, manipolazioni e paure ancestrali.

Il romanzo gioca sul confine fra possibile possessione e fragilità psichica, fra trauma ereditato e fanatismo, costruendo un’atmosfera sempre più soffocante. La domanda che serpeggia, pagina dopo pagina, è se ci sia ancora tempo per salvare Elsie – e insieme a lei la famiglia – o se il “fervore” che li ha tenuti uniti finora stia per consumarli del tutto.

“La terra delle ombre” di Femi Kayode

Nel traffico soffocante di Lagos, dove il caldo incolla le auto in coda e l’aria vibra di clacson e smog, lo psicologo forense Philip Taiwo è diretto alla Grace Church. Il Consiglio degli Anziani vuole affidargli un incarico delicatissimo: fare chiarezza sulla scomparsa di Folasade Dawodu, la moglie del carismatico vescovo Jeremiah Dawodu, la “First Lady” della congregazione. Ufficialmente l’uomo di chiesa è accusato di averla uccisa, e l’arresto è avvenuto nel modo più spettacolare e umiliante possibile, in diretta televisiva, proprio mentre dal pulpito proclamava i suoi sermoni.

Dawodu però giura di essere innocente. La comunità lo difende a spada tratta e minimizza la scomparsa della moglie: non è la prima volta che Folasade si allontana per “ritrovare un po’ di serenità”. Per molti, tornerà a casa come sempre. Per altri, qualcuno sta cercando di incastrare il vescovo, totem di potere religioso ed economico in un Paese dove le chiese pentecostali hanno un peso enorme nella vita pubblica.

A Taiwo viene chiesto, di fatto, di scagionare il pastore. Ma più entra nel mondo della Grace Church – tra prediche fiammeggianti, fedeli adoranti, giochi di potere nel consiglio e rivalità interne – più capisce di aver solo scalfito la superficie. La scomparsa di Folasade è il punto di ingresso in una rete di segreti, violenze taciute, compromessi politici e interessi economici che trasformano la congregazione in un microcosmo inquietante della Nigeria contemporanea.

Mentre le pressioni aumentano e i fedeli si stringono attorno al loro leader, Taiwo è costretto a muoversi in equilibrio tra giustizia e convenienza, fede e fanatismo, verità e narrazione ufficiale. “La terra delle ombre” è insieme indagine poliziesca e viaggio in un’Africa urbana complessa, lontana dagli stereotipi, dove il giallo diventa strumento per interrogare potere religioso, maschilismo e silenzi collettivi.

“L’intoccabile” di John Banville

Victor Maskell, stimato storico dell’arte, esperto di Poussin e consigliere della corona britannica, vede la sua esistenza crollare quando, in tarda età, viene smascherato come spia al servizio dell’Unione Sovietica. Il romanzo si apre proprio nel momento in cui il suo nome finisce sui giornali: da “intoccabile” membro dell’establishment inglese, Victor diventa all’improvviso un traditore pubblico, sottoposto al giudizio feroce dei media e dell’opinione comune.

Da qui parte la sua lunga confessione: in prima persona, con una voce ironica, colta e glaciale, Victor ricostruisce l’intera traiettoria della propria vita. Torna agli anni Trenta a Cambridge, quando un gruppo di giovani intellettuali, sedotti dall’ideologia comunista e dall’antifascismo, decide di mettere il proprio talento al servizio dell’URSS. In quell’ambiente elitario e snob, fatto di circoli chiusi, amori non detti, discussioni filosofiche e ubriacature politiche, Victor impara l’arte del doppio gioco: studente brillante, poi docente, poi raffinato conoscitore d’arte, ma anche informatore, reclutatore, ingranaggio nascosto in una rete di spionaggio che attraversa la guerra e la Guerra fredda.

Banville segue Victor lungo decenni di storia britannica: i bombardamenti su Londra, la ricostruzione del dopoguerra, l’ascesa e declino del prestigio dell’Impero, i cambiamenti di costume. Sullo sfondo, le sue relazioni affettive e sessuali – spesso frustrate o clandestine – con uomini e donne, i rapporti con la moglie, i figli, gli amici del cenacolo di Cambridge, tutti segnati da menzogne, omissioni e tradimenti incrociati.

Più che un classico spy thriller, “L’intoccabile” è il ritratto di un uomo che ha barattato la trasparenza con il ruolo e il potere, e che ora, a fine corsa, si chiede quanto di ciò che ha raccontato – a se stesso, agli altri, ai suoi padroni – sia mai stato davvero vero. La spy-story diventa così una meditazione sull’identità, sulla colpa e sull’ambiguità morale del Novecento.

© Riproduzione Riservata