Georges Simenon: 10 libri da leggere almeno una volta nella vita del maestro del giallo

13 Febbraio 2025

Georges Simenon (1903-1989) è stato uno degli scrittori più prolifici del Novecento, autore di oltre 400 romanzi e racconti, tra cui la celebre serie del commissario Maigret.

Georges Simenon (1903-1989) è stato uno degli scrittori più prolifici del Novecento, autore di oltre 400 romanzi e racconti, tra cui la celebre serie del commissario Maigret.

Georges Simenon non è solo l’autore di gialli d’atmosfera: accanto ai suoi polizieschi, ha scritto numerosi romans durs, ovvero romanzi duri, opere profonde e psicologicamente intense che esplorano le fragilità umane, i lati oscuri della mente e i drammi della vita quotidiana.

Le storie di Simenon, spesso ambientate in piccoli centri o quartieri anonimi, indagano la condizione umana con uno stile essenziale e diretto, dove il destino dei personaggi sembra segnato da una forza ineluttabile. Tra i suoi romans durs, spiccano titoli che raccontano la solitudine, la colpa, il rimorso e il desiderio di fuga.

Georges Simenon è stato un maestro nel raccontare l’animo umano con uno stile essenziale, quasi spietato. Nei suoi romans durs, il crimine è spesso solo un pretesto per esplorare le debolezze, le paure e i desideri inespressi dei suoi personaggi. Il suo universo narrativo è fatto di uomini e donne in fuga, di atmosfere cariche di tensione e di un realismo che lascia il segno.

Georges Simenon: i libri da leggere del genio del romanzo psicologico e noir

La prigione (1968)

Quanti mesi, quanti anni servono perché un bambino diventi un ragazzo, e un ragazzo un uomo? Per Alain Poitaud, direttore trentaduenne di un celebre settimanale, bastano poche ore per smettere di essere l’uomo che è stato e trasformarsi in qualcuno di completamente diverso.

È una sera di ottobre, piovosa e anonima, quando, tornando a casa per cambiarsi prima di una cena con la moglie Jacqueline e il solito entourage, trova ad attenderlo davanti al portone un ispettore della Polizia giudiziaria. Poco dopo, al Quai des Orfèvres, scopre l’inimmaginabile: Jacqueline ha ucciso sua sorella minore, Adrienne, con un colpo di pistola e ora si rifiuta di parlare.

La stampa si scatena subito: emerge che per anni Alain ha avuto una relazione con Adrienne, e l’opinione pubblica etichetta il caso come un “dramma della gelosia”. Ma per lui, cinico e brillante, abituato a muoversi con leggerezza tra mondanità e seduzioni, il delitto diventa un enigma personale. Mentre la polizia indaga, Alain si trova a confrontarsi con un’angoscia sempre più profonda: chi è davvero la donna che ha sposato con leggerezza, che gli è sempre stata accanto senza chiedere nulla? E, soprattutto, chi è lui stesso, ora che il suo mondo si è frantumato?

L’orsacchiotto (1960)

Jean Chabot è un uomo che ha tutto: ginecologo di fama, comproprietario di una clinica, responsabile della Maternità di Port-Royal, vive in un appartamento lussuoso vicino al Bois de Boulogne con la moglie e i tre figli. La sua esistenza è perfettamente organizzata, senza intoppi: persino la sua segretaria-amante si occupa di evitare che qualsiasi fastidio lo sfiori.

Tra le “seccature” da cui è stato protetto c’è anche una giovane inserviente della clinica, una ragazza che, una notte, lui ha preso mentre era semiaddormentata. Un corpo docile, inconsapevole, che gli era parso «tenero e commovente come un orsacchiotto nel letto di un bambino». Quando ha saputo che era stata licenziata, non si è posto domande. Non ha battuto ciglio nemmeno quando è venuto a sapere che l’avevano ripescata nella Senna. E che era incinta.

Eppure, qualcosa si incrina. La sua sicurezza inizia a sgretolarsi, come se al centro della sua esistenza si fosse aperto un vuoto. Da qualche settimana, un giovane – il fidanzato di quella ragazza? Suo fratello? – lo segue, lasciandogli sotto il tergicristallo della macchina biglietti con un’unica frase: Ti ucciderò. Non si nasconde, anzi, sembra volerlo sfidare. Ma Jean Chabot non ha paura di morire. Forse, non aspetta altro. Più volte, distrattamente, ha accarezzato il calcio della pistola che tiene nel cassetto della scrivania. Ora, ha iniziato a portarla con sé.

Ancora una volta, Simenon scava nella psiche di un uomo che si crede invulnerabile, seguendolo nel momento in cui la verità – quella nascosta sotto le maschere della rispettabilità e del potere – inizia a emergere. E lo spoglia, lo denuda, fino a lasciarlo solo con se stesso.

Il grande male (1947)

Al centro di questo romanzo si erge, implacabile e fiera, una delle figure femminili più memorabili create da Simenon: la signora Pontreau. Vedova, madre di tre figlie, vive barricata in una miseria ostentatamente dignitosa, dominando con sguardo vigile e volontà ferrea il suo piccolo mondo.

Fin dalle prime pagine, la vediamo compiere un gesto tanto spietato quanto calcolato: con fredda determinazione, spinge giù dalla finestrella del granaio il genero, colto da una crisi epilettica. Un buono a nulla, un peso morto, un biondino dalle gambe molli di cui liberarsi senza esitazione. La sua morte le permetterà di impadronirsi di una parte della proprietà e di riaffermare il suo controllo assoluto sulle figlie.

Ma una minaccia incombe: un’altra donna, una vecchia domestica a ore, forse ha visto, forse sa. Forse sospetta. E potrebbe parlare, oppure ricattarla. Perché il silenzio torni a gravare sul villaggio, perché la grande casa dalle finestre sprangate rimanga avvolta in un’ombra impenetrabile, la signora Pontreau sa che il prezzo sarà alto. E che ci saranno altre vittime.

Con la sua consueta precisione chirurgica, Simenon ci consegna un ritratto spietato di una società arcaica, chiusa su se stessa, in cui il potere femminile si esercita con ferocia assoluta, decidendo della vita e della morte con la stessa, gelida determinazione.

L’assassino (1937)

Il primo martedì di gennaio, come ogni mese, il dottor Hans Kuperus lascia Sneek, il piccolo paese della Frisia in cui vive, per recarsi ad Amsterdam. Ma questa volta la routine si spezza. Non partecipa alla riunione dell’Associazione di Biologia, né si ferma a pranzo dalla cognata. Acquista invece una rivoltella, la infila in tasca e riprende il viaggio di ritorno: prima in treno, poi in traghetto attraverso lo Zuydersee, infine di nuovo in treno.

Ma prima di arrivare a Sneek, il convoglio rallenta e si ferma. È in quel momento che Kuperus agisce, quasi senza pensarci: scende e si dirige a piedi, nella neve, verso un bungalow sul lago. Lì sa di trovare sua moglie con l’amante, come ha scoperto da una lettera anonima. Tutto accade in pochi istanti: i due escono, lui spara, poi getta i corpi nell’acqua gelida.

Eppure, niente in lui sembra mutato. Come ogni sera, raggiunge i membri dell’Accademia di Biliardo nel solito caffè. È un’istituzione prestigiosa, frequentata dai notabili del paese, e da tempo Kuperus sogna di diventarne il presidente. Ora forse potrebbe riuscirci, perché il presidente in carica – il conte Shutter, l’uomo più ricco e potente della città, proprietario della casa più bella, della barca più lussuosa, circondato dalle donne più affascinanti – giace in fondo al lago, senza vita.

Rientrato a casa, Kuperus finalmente si concede un’altra trasgressione a lungo desiderata: va a letto con Neel, la sua prosperosa domestica.

Così ha inizio questo romanzo, in cui Simenon racconta la discesa nell’abisso di uno dei suoi personaggi più emblematici: un uomo che osa passare la linea e che, inevitabilmente, dovrà affrontarne le conseguenze.

La vedova Couderc (1942)

Un giovane benestante esce di prigione senza una meta, senza un futuro. Vagando alla deriva, trova rifugio in una casa di campagna affacciata su un canale, dove una vedova matura lo accoglie. In quella quiete sospesa, sembra intravedere la possibilità di fermarsi, di spegnere i pensieri, di immergersi in un torpore quasi biologico.

Ma l’equilibrio è fragile. Altre donne irrompono nella sua nuova esistenza, portando scompiglio, desideri irrisolti, tensioni sottili e insinuanti. Presto, la calma apparente si sgretola, lasciando spazio a un vortice di passioni e rancori soffocati. E mentre l’inferno della provincia prende forma, il demone del crimine si risveglia, offrendo un’occasione oscura e irresistibile per varcare di nuovo il confine del delitto.

Malempin (1972)

In Malempin, André Gide individuava la perfetta esemplificazione del metodo narrativo di Georges Simenon: far rivivere il passato nel e attraverso il presente. La memoria non è mai semplice rievocazione, ma il filtro necessario per comprendere il presente, che altrimenti resterebbe indecifrabile.

Mentre veglia il figlio minore, gravemente malato di difterite, il dottor Édouard Malempin si ritrova immerso nei ricordi della propria infanzia. Per Simenon, come per Freud, è proprio l’infanzia a plasmare l’uomo che si diventa. A emergere non sono solo immagini precise – l’odore della cucina di casa, il senso di beatitudine che provava da bambino quando, malato, poteva isolarsi dal mondo – ma anche episodi carichi di inquietudine: il padre chino su di lui nel cuore della notte, la zia bionda e polposa condotta in manicomio in preda a una crisi, la misteriosa scomparsa di uno zio a cui la famiglia doveva molto denaro.

Ancora più indecifrabili restano le zone d’ombra, i dettagli che Malempin non ha mai saputo spiegare: la madre che mente a un gendarme, il gemello d’oro trovato in una discarica e mai rivelato a nessuno. Sono frammenti di un enigma irrisolto, che continuano a pulsare nel presente e a illuminare, con una luce ambigua, la vita dell’uomo che è diventato.

L’angioletto (1957)

Un romanzo che esplora il tema della colpa e della redenzione attraverso la figura di Louis Cuchas, un uomo che, per tutta la vita, si è lasciato trascinare dagli eventi senza mai prendere realmente in mano il proprio destino. Cresciuto in una famiglia difficile, Louis vive un’esistenza segnata da umiliazioni e disillusioni, fino a quando un evento tragico lo costringerà a confrontarsi con la propria coscienza.

La camera azzurra (1964)

Uno dei suoi romanzi più sensuali e inquietanti. La storia segue Tony e la sua amante Andrée, protagonisti di incontri clandestini in una camera d’albergo dalle pareti azzurre. Ma quello che sembra un gioco di passione si trasforma in un dramma quando Andrée inizia a pretendere che Tony lasci sua moglie. Il romanzo si sviluppa come un thriller psicologico, dove il lettore percepisce il pericolo imminente e il destino ineluttabile che si abbatterà sui personaggi.

Il cane giallo (1931)

Uno dei primi romanzi con il commissario Maigret, ambientato in una cittadina bretone. Quando un uomo viene ucciso e appare un misterioso cane giallo, Maigret si trova a dover decifrare una trama che si snoda tra segreti di provincia e vendette nascoste. Il romanzo è un perfetto esempio dello stile di  Georges Simenon: un’indagine che è anche un viaggio nella psicologia dei personaggi, dove la verità non è mai del tutto chiara.

La neve era sporca (1948)

Un’opera dura e cupa, ambientata durante l’occupazione nazista. Il protagonista, Frank, è un giovane cinico e amorale che vive sfruttando la guerra per arricchirsi. Ma quando uccide un uomo senza alcun motivo, la sua vita prende una piega inaspettata. Georges Simenon costruisce un romanzo di formazione al contrario, in cui il protagonista, invece di redimersi, sprofonda sempre di più nel proprio degrado.

 

© Riproduzione Riservata