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Francesco Fioretti: ”Ho riscritto l’Inferno di Dante come un romanzo per la sua grande attualità”

Nell’anno della ricorrenza del 750 anniversario della nascita di Dante Alighieri, Rizzoli pubblica “La Selva Oscura”, il nuovo romanzo di un esperto studioso dantista come Francesco Fioretti...

Intervista a Francesco Fioretti, l’autore che nel suo prossimo romanzo ”La Selva Oscura” ci racconta l’inferno dantesco, coi suoi enigmi e il suo simbolismo, come fosse un’opera contemporanea

 
MILANO – Nell’anno della ricorrenza del 750 anniversario della nascita di Dante Alighieri, Rizzoli pubblica “La Selva Oscura”, il nuovo romanzo di un esperto studioso dantista come Francesco Fioretti, in libreria dal 5 febbraio. Lo scrittore, che con i suoi romanzi ha venduto più di mezzo milione di copie, si cimenta con il classico per eccellenza della letteratura italiana: dimenticate tutto ciò che sapete della “Divina Commedia” e pensate a quello che davvero c’è nel poema di Dante. Un protagonista coraggioso, enigmatico, in aperta lotta contro il potere. Il suo desiderio per una donna di indicibile bellezza. Un maestro pronto a indicargli il cammino, a sua volta afflitto da un personale tormento. Un viaggio terribile nel luogo più lontano da Dio, popolato da amanti infelici, demoni, criminali, traditori di ogni sorta. Cosa sono, questi, se non gli ingredienti per il più grande romanzo d’avventura che sia mai stato raccontato? La sfida raccolta da Fioretti è tornare indietro nei secoli e restituire all’Inferno la sua capacità di parlare con i lettori di oggi.

 

 
Quali sono le chiavi di lettura diversa dalla tradizione che il suo romanzo fornisce?
Il libro vuole essere una rilettura in chiave moderna dell’inferno dantesco. Il fine è quello di spiegare e rendere accessibile – attraverso uno stile di comunicazione moderno – i molti significati nascosti del linguaggio allegorico medievale di cui Dante usufruisce ampiamente e che al lettore contemporaneo risultano per gran parte misteriosi. L’inferno dantesco non è un campionario di atrocità ciniche, di sadismo puro da parte del poeta. Ogni pena ha una sua chiave di lettura simbolica e io spero di essere riuscito a far cogliere questo aspetto. La sfida è quella di mettere di fronte due colossi: il romanzo come genere polifonico, in grado di raccontare di qualsiasi cosa, dall’altra la grande cattedrale che è la ‘Divina Commedia’.

 

 
Cosa può insegnare ancora oggi la “Divina Commedia”?
Può ancora insegnare molto. Per esempio, nonostante siano passati 700 anni, nell’inferno troviamo già un sistema morale che noi possiamo condividere in gran parte. È ancora quello aristotelico, naturalmente. A parte un paio di episodi  – quello di Brunetto Latini e quello di Maometto – per i quali in termini moderni abbiamo mutato la nostra concezione morale rispetto a Dante, in tutto il resto della Commedia il sistema morale regge ancora oggi. Un tema molto interessante sono le anticipazioni che Dante fa su un mondo che ai suoi tempi era pura utopia: la Chiesa relegata a una funzione spirituale e non più temporale, oppure la ricerca di un equilibrio in Europa tra Germania e Francia, l’impero che lui sognava. Tante di quelle sue visioni del mondo erano pura utopia al suo tempo, ma in realtà la storia le ha a suo tempo realizzate. Un altro aspetto di grande attualità è, per esempio, il suo rapporto con quella che lui chiama usura, la grande speculazione finanziaria viva anche ai suoi tempi.
 

 
A 750 anni dalla nascita, qual è il modo migliore per rendere omaggio a Dante e al suo capolavoro?
Io ho un opinione sul modo in cui noi italiani ci approcciamo alla “Commedia”, e le esperienze di lavoro e studio che ho svolto all’estero mi hanno convinto di questo fatto: gli stranieri leggono la “Divina Commedia” meno di noi, non la affrontano a scuola, e chi la legge lo fa nella traduzione della propria lingua moderna. Questo fa sì che all’estero, quando la si legge, la “Divina Commedia” viene letta nella sua interezza. In invece lo studio del testo nella maggioranza dei casi non va oltre i canti più famosi. La cosa migliore per me sarebbe quella di approfondire la conoscenza, accostandosi non solo ai quei dieci canti che si leggono a scuola, ma avvicinandosi all’intera narrazione, e quindi leggerla nella sua totalità. Io spero, con questo mio lavoro, di aver contribuito a questo avvicinamento.

 

 
29 gennaio 2015

 
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