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Erri De Luca, ”Con il personaggio di Irene ho raggiunto il mio traguardo di narratore”

''Non credo di incontrare nella scrittura una creatura alla sua altezza'', dice Erri De Luca della protagonista della storia che dà il titolo a questo libro. Tre sono i racconti che lo compongono...
L’autore ci racconta del suo nuovo libro, “Storia di Irene”
MILANO – “Non credo di incontrare nella scrittura una creatura alla sua altezza”, dice Erri De Luca della protagonista della storia  che dà il titolo a questo libro. Tre sono i racconti che lo compongono. Il primo, “Storia di Irene l’anfibia”, narra di una bambina salvata in mare dai delfini e cresciuta orfana su un’isola greca, che di giorno vive in terraferma, di notte si unisce in mare alla sua vera famiglia. A quattordici anni è incinta e consegna a uno straniero di passaggio la sua storia. Nel secondo, “Il cielo in una stalla”, si narra di cinque uomini che all’epoca della guerra salpano nottetempo da Sorrento nel tentativo di raggiungere Capri, terra liberata, per salvarsi dai tedeschi. Sulla barca trova posto anche un ebreo, che stringe una particolare intesa con uno di loro, il padre dello scrittore. Nel terzo,  “Una cosa molto stupida”, un vecchio seduto davanti al mare si abbandona per un istante al ricordo di quando, ai tempi della guerra, fu tratto in salvo dalle acque.
Il suo libro racconta tre storie che hanno tutte come protagonista il mare, mondo da cui i personaggi provengono e appartengono. Perché questa scelta?
Ho un debito di gratitudine con il mare e con l’isola che mi ha riempito le estati della mia infanzia e adolescenza. Scrivo storie di mare per restituire un po’ di quello che ho ricevuto.
A quale tra i protagonisti di queste tre storie si sente più legato e perché? 
A mio padre al quale ho estorto la storia di quella traversata a remi, contro la sua reticenza. L’ho prima saputa da altri e poi, approfittando di una sera e del vino gliel’ho cavata dai denti, molti anni fa. Non parlava di guerra, l’ aveva fatta nel corpo degli alpini, riusciva a parlare solo di montagne.
Leggendo “Storia di Irene l’anfibia” verrebbe più facile scorgere lei, l’autore, nello straniero di passaggio cui la fanciulla consegna la sua storia. Eppure, forse, in Irene – questa ragazza sordomuta per la terra, che appartiene al mare – c’è qualcosa della sua infanzia, del sé bambino…
In Irene c’è l’alleanza tra la vita umana e quella animale, tra terra e mare. L’incontro con una specie di me stesso avviene al confine tra i due regni, sulla spiaggetta di un’isola greca. Irene è il mio traguardo di narratore, non credo di incontrare nella scrittura una creatura alla sua altezza.
Il tema della maternità è un motivo non nuovo alla sua scrittura – penso a “In nome della madre”. Quali aspetti se ne esplorano qui?
La maternità di una ragazza appena fertile, la sua gravidanza alleggerita dalle onde, il suo parto in mare, accudito dalla sua vera famiglia quella dei delfini.
Le storie di questo libro sono storie di “salvezza”. Ma la salvezza è secondo lei qualcosa che accade inaspettatamente, un evento inatteso portato dal vento, o una scelta, qualcosa che discende dalle nostre forze? 
La salvezza è un colpo di fortuna immeritato, un dono, indipendente dal valore del salvato e dalla selezione naturale. E’ un dado felice e una mano invisibile che allontana dall’agguato anche solo di un soffio. Innumerevoli sono le salvezze necessarie alla vita di ognuno e quasi tutte invisibili.
11 ottobre 2013
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