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Enrico Deaglio, ”Falcone e Borsellino sono stati gli unici eroi italiani dal dopoguerra ad oggi”

Un eroe italiano, che non so se ci meritiamo. Questa è la definizione di Paolo Borsellino da parte del giornalista e scrittore Enrico Deaglio. L'autore ha presentato ieri sera in Feltrinelli ''Il vile agguato'', il libro dedicato alle indagini sulla strage di via D’Amelio a Palermo, dove il 19 luglio 1992 fu ucciso il magistrato Paolo Borsellino assieme a cinque agenti della sua scorta...

 L’autore del libro ”Il vile agguato” rende omaggio nel suo libro alla memoria del giudice Borsellino

 

MILANO – Un eroe italiano, che non so se ci meritiamo. Questa è la definizione di Paolo Borsellino da parte del giornalista e scrittore Enrico Deaglio. L’autore ha presentato ieri sera in Feltrinelli “Il vile agguato”, il libro dedicato alle indagini sulla strage di via D’Amelio a Palermo, dove il 19 luglio 1992 fu ucciso il magistrato Paolo Borsellino assieme a cinque agenti della sua scorta. Nel corso dell’incontro, sono intervenuti il giornalista e scrittore Gianni Barbacetto e lo scrittore, sociologo e politico italiano Nando Dalla Chiesa.

DOMANDE SENZA RISPOSTA – Deaglio confessa al pubblico come questo libro sia stato scritto velocemente, tra febbraio e marzo di quest’anno. “In questi giorni stiamo celebrando il ventennale della morte di due eroi italiani, Falcone e Borsellino, gli unici eroi del nostro Paese dal dopoguerra ad oggi. Ci sono scuole, vie, piazze, film, aeroporti a loro intitolati, ma se uno dovesse rispondere alla domanda di un bambino che chiede chi abbia ucciso Paolo Borsellino, non saprebbe cosa dirgli, perché in 20 anni sono cambiati gli autori, gli esecutori, ma soprattutto il movente.” L’autore all’interno del libro offre diversi dettagli, utili ad offrire un’importante chiave di lettura degli avvenimenti. “All’inizio, si pensava fosse stata la mafia a commissionare l’attentato, per vendicarsi di Borsellino. Dopo 15 anni, è venuto fuori il dubbio che non fosse la mafia l’unica interessata all’uccisione di Borsellino, ma che ci fossero stati anche delle parti dello Stato, o comunque di persone che avessero poteri, appartenenti all’arma dei carabinieri, oppure magistrati e uomini politici.”

CONFESSIONE INATTENDIBILE – L’autore spiega come per scrivere il libro sia stato spinto da un particolare che lo aveva fatto sobbalzare: la scoperta di come in questo paese noi possiamo essere felicemente ingannati. “Quando Borsellino venne ucciso, dopo due mesi venne trovato il presunto colpevole, Vincenzo Scarantino, un piccolo spacciatore di Palermo, il quale confessò di aver imbottito di tritolo la 126 che uccise Borsellino e i 5 poliziotti della sua scorta in Via D’Amelio.” Deaglio racconta come questa presunta verità produsse 9 processi,  gestiti dalla procura di Caltanissetta, e che portarono Scarantino ad essere giudicato colpevole, nonostante all’epoca due magistrati, Ilda Bocassini e Roberto Saieva, scrissero una lettera ai procuratori di Caltanissetta e Palermo  in cui argomentavano l’inattendibilità delle confessioni di Scarantino. “Tutto questo è stato il più grande falso della storia della storia italiana che io ricordi, perché il signor Scarantino in realtà non centrava niente, ma era stato spinto a dichiararsi colpevole attraverso minacce e lusinghe.”

VIVERE SENZA VERITA’ – Deaglio s’interroga sul perché sia stato costruito questo falso. “Forse perché c’era la necessità di rassicurare la gente trovando a tutti i costi un colpevole. Si è andato avanti così per 17 anni, fino a quando non compare sulla scena un altro pentito, Gaspare Spatuzza, il quale si è autodenunciato autore dell’attentato, fornendo delle prove convincenti.“ L’autore confessa tutto il suo sconcerto sulla vicenda Borsellino. “E’ possibile vivere in assenza di verità? Succede solo in Italia? Si può vivere in questa situazione? Forse ci dobbiamo abituare all’idea che non sapremo mai la verità, come in America non sanno ancora perché e chi ha ucciso Kennedy.”

 

L’IMPORTANZA DI RICORDARE – Tra coloro che hanno organizzato questo falso, per Enrico Deaglio ci sono persone di cui abbiamo sempre dubitato, ma anche persone in cui riponevamo molta più fiducia. “Nessun uomo politico attuale oggi vuole capire come sono andate veramente le cose, non lo sanno e non lo vogliono sapere. L’unica consolazione per me è stata scrivere questo libro, un modo per mantenere la memoria, continuare a interrogarsi ed essere curiosi. Un modo anche per aiutare il Paese ad essere più forte. Non so cosa voglio da questo libro. Mi piacerebbe che qualcuno chiedesse scusa, ma so che non succederà.”

UN UOMO SOLO – Secondo Deaglio, sia Falcone che Borsellino sapevano che sarebbero stati uccisi dalla mafia. “L’avevano sia detto che scritto. Questi due magistrati scoprono sulla loro pelle cosa è lo Stato. Nell’ultima parte del libro, racconto in dettaglio una cronologia degli ultimi 56 giorni di vita di Borsellino, dal quale emerge come l’allora procuratore aggiunto di Palermo fosse una persona solissima, circondato da colleghi magistrati e carabinieri che da un parte gli sussurrano stai per essere ucciso, ma non fanno nessuna misura di protezione nei suoi confronti. Un eroe italiano, che non so se ci meritiamo.”

 

20 giugno 2012

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