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Elisabetta Sgarbi a Dedica, ”In ‘Notte senza fine’ ho unito le mie due passioni: Letteratura e Cinema”

DALLA NOSTRA INVIATA A PORDENONE - Il lato oscuro dell'amore, il mistero del tradimento, il buio dell'incesto. Sono questi i temi di Notte senza fine il lungometraggio, ispirato ai racconti di Amin Maalouf, Tahar Ben Jelloun e Hanif Kureishi...

Il Direttore Editoriale della Bompiani ha presentato il lungometraggio ispirato ai racconti di Amin Maalouf, Tahar Ben Jelloun e Hanif Kureishi

DALLA NOSTRA INVIATA A PORDENONE – Il lato oscuro dell’amore, il mistero del tradimento, il buio dell’incesto. Sono questi i temi di Notte senza fine il lungometraggio, ispirato ai racconti di Amin Maalouf, Tahar Ben Jelloun e Hanif Kureishi, che Elisabetta Sgarbi ha presentato giovedi 20 marzo a DedicaElisabetta Sgarbi è stata prima editor ed è ora Direttore Editoriale della Bompiani, (la casa editrice di Ben Jelloun), nonché direttore artistico del festival La Milanesiana.

UNIRE DUE PASSIONI – “Le mie due grandi passioni – dichiara nella breve presentazione – sono la letteratura e il cinema, che si coniugano in questo progetto molto ardito, cioè girare un film, utilizzando solo pellicola e puntando fin dall’inizio su piani sequenza lunghi un’intera bobina”.  Così è nato “Notte senza fine”, (con lo stesso titolo dell’omonimo volume edito da Bompiani) il film firmato da Elisabetta Sgarbi, che nel cast vanta il Premio Oscar Toni Servillo, Laura Morante, Anna Bonaiuto, Galatea Ranzi.

LE DECLINAZIONI DELL’AMORE – Intitolato come un romanzo di Tahar Ben Jelloun, “Notte senza fine” prende ispirazione da tre racconti di Amin Maalouf, dello stesso Ben Jelloun e di Hanif Kureishi. Rispettivamente: “L’amore lontano”, “La fatalità della bellezza” e “Il buio”. Questi tre racconti declinano, in modo diverso, il tema dell’amore, quello assoluto dei trovatori,  il desiderio struggente dei versi di Maalouf, l’amore scabroso ed inconfessabile, di una figlia verso il suo patrigno, nelle parole di Kureishi; il terrore del tradimento, nel racconto sorprendente di Ben Jelloun. Lo scrittore marocchino racconta l’ossessione di un uomo visitato dagli spettri, vaghi ma consistenti, della gelosia per la moglie. Quando però è lei a parlare, la realtà rovescia ogni paura e ogni previsione e rimane l’immagine del sogno : i panni stesi ad asciugare al sole, che cambiano colore a seconda del messaggio che vogliono veicolare.

LETTERATURA FILMATA – La fotografia di Elio Brisignani, che Elisabetta Sgarbi ringrazia più volte, suggella questo “teatro filmato”, senza sceneggiatura in cui agli attori è richiesto di usare corpo e voce in un fondale buio per rappresentare la parola. Toni Servillo al Festival di Torino, dove il film è stato presentato in concorso, parlò di “letteratura filmata” e – sottolinea la direttrice de La Milanesiana – ancora oggi mi sembra la definizione più appropriata.

IL RUOLO DELLO SPETTATORE – Anche i luoghi sono stati importanti: da Villa Badoer di Fratta Polesine, opera del Palladio al Castello Maniace di Ortigia, a Siracusa per finire con le Cave di Marmo di Carrara. Anche il set è protagonista di questo film, in cui l’elemento della visione è molto importante e assieme alle parole seduce l’occhio di chi guarda. Allo spettatore però si richiede non un ruolo passivo, ma attivo come se dovesse entrare tra gli interstizi delle parole del “film più buio della storia”, così conclude Elisabetta Sgarbi, plaudendo al proprio coraggio nell’aver tentato il “cinema d’arte”.

Alessandra Pavan

22 marzo 2014

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