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Elisabetta Pucci, scrivere per trasmettere ”alle generazioni future un messaggio di pace e di grande attenzione verso segnali che potrebbero indicare pericolo”

Elisabetta Pucci, toscana, ha esordito nella narrativa con il romanzo Attraverso il cuore (David and Matthaus)...

Elisabetta Pucci, toscana, ha esordito nella narrativa con il romanzo Attraverso il cuore (David and Matthaus).

 

Elisabetta, il tuo romanzo d’esordio, Attraverso il cuore, edito da David and Matthaus, diverse volte premiato nei concorsi letterari, racconta una terribile storia vera. Vuoi parlare della gestazione di questo libro?

Il libro da me scritto ha avuto una gestazione lunghissima. Direi che è nato con la  consapevolezza della vicenda accaduta. Cioè nell’infanzia.

Mio padre, come tutti i reduci di storie simili, non ha raccontato niente della sua vicenda, in particolare in famiglia. Io e mia sorella sapevamo qualcosa da mia madre che ogni tanto rammentava la malattia, la Germania, la prigionia, ma erano solo parole che sfuggivano da un discorso ampio che nessuno affrontava. Tanto meno mio padre.

Io ero una bambina curiosa e quando rimanevo senza sorveglianza andavo a rovistare nelle carte di mio padre per rintracciare un segno di quella storia da cui ero attratta. Trovai un quadernino, di misura piccola, con la copertina nera, la bordatura rossa, come rosse erano le righe delle pagine. Qualcosa dentro me sapeva che era quello che cercavo.

Naturalmente non capivo niente del contenuto, non riuscivo a decifrare la fittissima scrittura eseguita con una matita copiativa, anzi un mozzicone di matita copiativa, che avevo individuato. Località, date, nomi. Germania.

In tutti gli anni a venire non ho mai dimenticato la struttura di quel librettino.

Qualche anno prima di morire mio padre sollecitato da me riuscì a far emergere qualche episodio e con grande dolore, soprattutto il suo, abbiamo affrontato la sua vita da recluso di campo di concentramento. Ha scritto una cinquantina di pagine che abbiamo ripreso e rivisto insieme per dare cronologia ai fatti e per capire piccoli passaggi che erano difficili da comprendere se non vissuti. Poi qualche anno fa ho deciso di riprendere quelle carte e scrivere il libro.

 

Dalle tue pagine traspare l’amore per la Toscana, in cui sei nata e in cui parte della storia è ambientata. Nei tuoi progetti ci sono altre storie con la stessa ambientazione o riferite allo stesso periodo storico?

Sì. Il racconto che affiora adesso dal mio profondo, passa dal cuore alla tastiera con un impeto che sorprende prima di tutti me stessa.

Il periodo storico è sempre lo stesso, ’40, ’45, è ambientato in Toscana e precisamente in  zone dove avvennero vari crimini nazi-fascisti e in particolare l’eccidio di Fucecchio, dove furono uccise 170 persone, neonati, bambini, donne, anziani. Massacrati con modalità terribili.

La famiglia di mia madre fu decimata, rimase la nonna con quattro nipoti, che si erano nascosti in un fosso senza essere individuati.

È questo un periodo storico che affascina la mia interiorità e spesso mi ritrovo a descriverlo come se lo avessi vissuto in prima persona.

 

Hai sempre pensato che avresti scritto un libro o, senza la tua vicenda personale, non ti sarebbe venuto in mente di raccontare una storia, vera, come quella di tuo padre, o inventata?

Nella mia vita, iniziando da ragazzina, ho sempre pensato di scrivere libri, non racconti, non poesie, ma romanzi. Poi, seguendo un’indole pigra e con energia discontinua, ho cominciato diverse storie senza mai finirle. Infine un giorno, leggendo qualcosa sul benessere fisico e della psiche, imparai che per vivere meglio sarebbe stato bene portare a termine almeno uno dei progetti iniziati. Ho accettato il consiglio e ho finito il libro.

La spinta maggiore mi è data dal desiderio di trasmettere a mio figlio e alle generazioni future un messaggio di pace e di grande attenzione verso segnali che potrebbero indicare pericolo.

 

Dopo aver scritto Attraverso il cuore qualcosa è cambiato nella tua vita, nella tua visione delle cose, nella stessa percezione della vicenda drammatica di tuo padre e di tanti giovani della sua generazione?

Ho sempre avuto fin dall’infanzia la percezione del dramma vissuto da migliaia di ragazzi dell’epoca. Di notte sognavo battaglie, uccisioni, aerei in fiamme.

Ho identificato la guerra come se l’avessi vissuta in prima persona.

  

 

Che lettrice sei? Quali sono i tuoi autori e i tuoi libri preferiti?

Io sono una lettrice onnivora. Prendo tutto perché ho l’impressione che ogni cosa raccontata, anche se male, possa avere una sua dignità.

Generalmente prediligo i saggi, dove le esperienze intellettuali occupano un posto di primo piano.

Mentre scrivo invece, in periodi fertili come questo, mi nutro unicamente di scrittori classici: Svevo, Hesse, Manzoni, Berto, Pratolini, Kafka, Roth. Potrei continuare all’infinito.

Trascorso il momento di fertilità narrativa torno alle letture di ogni tipo fino alla prossima ispirazione.

 

Per gli esordienti trovare un editore disposto a scommettere sull’opera di autori sconosciuti non è facile. Com’è andata per te?

Gli editori hanno, secondo me, qualche difetto: spesso non leggono i prodotti; si prendono dei tempi che non corrispondono all’epoca in cui viviamo; molte volte prendono in affido un autore per poi abbandonarlo per strada.

Io la prima volta ho stampato il libro in autoproduzione, 300 copie, avevo fretta di veder sviluppato il lavoro e devo dire che sono rimasta soddisfatta. Poi però curare la promozione è impossibile. Ho trovato una piccola casa editrice che ha deciso di investire sul mio libro, ma ancora non ho esperienza abbastanza per giudicare il loro operato.

 

Ti va di dare qualche indicazione su cosa leggeremo di tuo, più o meno a breve?

Tra qualche mese presumo possa essere pronto il nuovo romanzo di cui accennavo sopra.

 

Grazie, Elisabetta, per il tuo tempo e le tue risposte.

 

28 marzo 2015

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