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Educazione siberiana, un romanzo che insegna a comprendere i meccanismi generatori della cultura criminale siberiana

Scrittore in gergo criminale è chi è abile con il coltello. Nicolai Lilin è un giovane tatuatore, nato ed educato in Transnistria, autore di un romanzo che insegna a comprendere, talvolta a giustificare, i meccanismi generatori della cultura criminale siberiana...

Pubblichiamo la recensione di Frank Iodice per l’accurata analisi dell’opera di Nicolai Lilin

Scrittore in gergo criminale è chi è abile con il coltello. Nicolai Lilin è un giovane tatuatore, nato ed educato in Transnistria, autore di un romanzo che insegna a comprendere, talvolta a giustificare, i meccanismi generatori della cultura criminale siberiana. Kolima è un ragazzo cresciuto in una realtà che non lascia molte scelte, abituato al linguaggio e alle regole delle famiglie criminali. Le loro tradizioni sono precise, il loro linguaggio non è lasciato mai al caso, e il racconto diventa presto l’unica soluzione possibile per liberarsi dei propri demoni; anche per lui. Dopo un incipit fatto di parole semplici, ci si immerge in una trama sempre più fitta perché cucita con precisione sulla stessa vita; una vita vera e difficile, in cui ogni giorno si rischia di morire. Sono ben descritti il gergo dei criminali siberiani, le loro tradizioni religiose, le loro guerre contro il male incarnato dai poliziotti per loro dovere o per loro sfortuna; ancora, i riti di iniziazione a questo mondo che ha una precisa logica interna, fondata su principii etici semplici ma con complesse irrimediabili conseguenze.

Il linguaggio di Lilin è diretto e giovanile, ed è anche un linguaggio crudo. Il narratore non può definire il sangue in altri modi, non può fare poesia mentre parla degli omicidi cui ha assistito o preso parte, nemmeno quando questo sangue fosse tanto caldo da sciogliere la neve sulla quale sta scorrendo fino a scoprire il primo fiore. Per il loro modo di vivere, tanto devoto a Dio, Kolima e i ragazzi di Fiume Basso sono definiti l’Educazione siberiana. Sono ragazzi che incominciano a usare la picca a dieci anni, a fare risse e tagliare i tendini delle ginocchia prima che qualcun altro lo faccia a loro. Eppure, sono ragazzi educati perché seguono e onorano le regole apprese fin dalla tenera età nella propria famiglia. Una definizione, questa di famiglia, cui noi italiani siamo soliti riferirci quando parliamo di mafia. Il testo è ben costruito; il capitolo più importante è quello che aspettiamo fino alla fine e che non è mai scritto. La capacità di un buon autore, seppur trentenne e alla sua prima esperienza letteraria, è senz’altro quella di saper non dire: lo scrittore in gergo criminale è colui che è abile con il coltello… È veloce ed incisivo, e deve saper raccontare una verità che porti dentro di sé la forza seduttrice della bugia.

Le scene sono brutalmente delicate; gli occhi sensibili del protagonista si sorprendono talvolta ad osservare violenza gratuita, ma inevitabile. Gli omicidi e le lotte non potevano essere descritte diversamente; la carta non può mentire riguardo ai sentimenti. Ed è così che nasce un libro vero. Educazione siberiana è diventato un film diretto da Gabriele Salvatores, uscito il 28 febbraio in Italia.

17 novembre 2013

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