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”E tu quando lo fai un figlio? Diario di una maternità negata”: come raccontare l’infertilità con ironia

Il primo viaggio non lo ricordiamo, eppure è il più importante. Non eravamo provvisti di valigia, eppure avevamo con noi tutto il necessario...

 

Il primo viaggio non lo ricordiamo, eppure è il più importante.

Non eravamo provvisti di valigia, eppure avevamo con noi tutto il necessario.

Non avevamo effettuato prenotazioni, eppure siamo stati accolti.

È il viaggio verso la vita che, da embrioni, ci ha condotto a divenire esseri umani autonomi dalle viscere nelle quali siamo stati concepiti.

Arriva il giorno in cui una donna si trova, tramite una linea rosa, ad essere medium di tale prezioso percorso, nave che conduce ad un’America tutta da scoprire.

 

Ma cosa avviene quando una coppia non riesce a generare un ‘viaggiatore’? 

Tiziana Cazziero, con il suo romanzo “E tu quando lo fai un figlio? Diario di una maternità negata”, edito nel 2015, ce lo racconta in modo intenso e diretto, con il prisma dell’ironia, ma senza filtri deformanti.

La protagonista è una donna che tutto, o meglio, quasi tutto. Con vestiti griffati e decolleté tacco 12, Luisa incede a passo sicuro nella sua esistenza che si snoda fra una storia d’amore pervasa da complicità e passione, coronata da un anello al dito, e da un posto di lavoro prestigioso, suggellato da una brillante targhetta sulla porta del proprio ufficio.

Eppure, l’imponderabile lo deve affrontare, insieme a suo marito: una infertilità sine causa, un nemico vigliacco, che non ha neppure il coraggio di presentarsi con tanto di nome e cognome.

Fra ormoni impazziti; termometri per misurare la temperatura basale sparsi in tutte le borse; monitoraggi ecografici; rapporti mirati al nanosecondo per non perdere lo scoppio del follicolo, seguiti da posizioni da ginnasta per favorire il concepimento; esami imbarazzanti o strazianti; IUI, FIVET e molti altri acronimi, che per i fertili sono semisconosciuti, i nostri eroi riusciranno nel proprio intento.

Intento che non è solo diventare genitori, ma comprendere che il viaggio attraverso e verso la vita non è sempre in discesa, ma l’ebbrezza di raggiungere la vetta non ha pari, soprattutto se si riesce a non perdere mai il sorriso.

 

«Era il primo medico, anzi a dire il vero, era la prima persona di fiducia alla quale confessai il nostro problema: non riuscivamo a rimanere incinti. Oddio, sapevamo come fare, ma forse c’era sfuggito qualcosa.

Avevamo provato a concepire un figlio alla classica maniera, come tutti i libri di biologia spiegano; tralascerei la storia delle api e del miele, troppo lontana dalla realtà. “Se vuoi un bambino, devi accoppiarti con il tuo uomo alfa e fare sesso fino allo sfinimento, non c’è altro modo.” Avevo sempre pensato questo, ma iniziavo a rendermi conto che non rispondeva al vero.

Non era accaduto nulla, nonostante la nostra buona volontà, il mio ciclo mestruale arrivava puntuale, lasciandoci ogni volta interdetti.

Le mie amiche erano state ingravidate al primo colpo, i mariti erano dotati di una vera mitraglietta, all’epoca erano già tutte mamme isteriche di bambini indiavolati. Invidiavo le loro nottate, i pannolini puzzolenti, i nasi gocciolanti, i pianti isterici e i capricci. Sì, anche quelli. Forse ero io quella da ricoverare, ma lo pensavo realmente. É proprio vero che fino a quando non ci passi, non sai che cosa ti perdi!»

 

Emma Fenu

 

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