Donne indimenticabili: storie da recuperare entro il 2025

19 Dicembre 2025

Cinque romanzi e memoir al femminile, intensi e spiazzanti, per chiudere il 2025 con storie di donne che cambiano destino senza chiedere permesso.

Donne indimenticabili: storie da recuperare entro il 2025

2025 non è ancora finito e, già che siamo in vena di statistiche, elenchi e bilanci, abbiamo deciso di fermarci su alcune storie che meritano uno sguardo in più: quelle con protagoniste diverse dal solito, donne indimenticabili che, per un motivo o per un altro, arrivano dritte al cuore di chi legge.

Sono figure che si sfiorano appena, unite da un filo invisibile: una bambina che attraversa l’oceano in cerca di una possibilità, una scrittrice che deve smontare il sogno della “casa perfetta” per capire chi è, una domestica che diventa il baricentro emotivo di una famiglia, una giovane costretta a estrarre alla lotteria il destino del proprio utero e una ragazza cresciuta in un collegio dove la parola “futuro” ha un significato che nessun adulto osa spiegare.

Donne vere, ma arrivate a noi sulla carta

Non sono eroine esemplari, non salvano il mondo e spesso non riescono neppure a salvare se stesse. Ma ogni loro gesto – arrivare in un porto sconosciuto, firmare un contratto di affitto, cambiare città, innamorarsi contro le regole, scegliere una maternità proibita – ha un peso preciso: è un battito d’ali di farfalla che infrange un tabù, incrina un sistema che le vorrebbe silenziose, disponibili, grate.

Se avete voglia di scoprirle, leggete l’articolo.

“Biglietto blu” di Sophie Mackintosh

In un futuro non precisato, ma molto vicino al nostro, la vita delle donne è decisa da una lotteria rituale. Al momento della prima mestruazione, ciascuna ragazza viene convocata davanti a una macchina anonima che distribuisce biglietti: biancosignifica matrimonio, casa, figli; blu significa “tutto il resto”: studio, carriera, sesso libero, nessun vincolo familiare. La scelta è presentata come un atto di giustizia sociale e di liberazione: niente più pressioni, niente sensi di colpa. Il sistema decide per te e, una volta estratto il biglietto, non si torna indietro.

Calla ha pescato un biglietto blu. Da adulta ha un buon lavoro, amici con cui bere, un corpo che appartiene solo a lei. Sulla carta ha avuto ciò che le era stato promesso: possibilità, indipendenza, avventure. Eppure, qualcosa si incrina. Sempre più spesso si scopre a fissare passeggini, neonati, mani paffute. Il desiderio di maternità, che per le donne “blu” è tabù assoluto, la travolge come un’ossessione proibita. In un mondo dove solo le donne dal biglietto bianco possono avere figli, la sua fantasia di diventare madre è già una forma di devianza.

Quando Calla resta incinta e la gravidanza viene scoperta, il sistema reagisce con ferocia. La donna è costretta a fuggire, portando con sé pochi oggetti di sopravvivenza e un segreto che può costarle la vita. Il viaggio la conduce fuori dalle città regolamentate, in territori dove le regole si allentano e affiorano crepe nel mito di un ordine perfetto. Lungo la strada incontra altre donne, anch’esse in fuga da destini imposti: alcune vogliono un figlio, altre non lo vogliono affatto, tutte rivendicano il diritto a scegliere.

Biglietto blu” è una distopia intima sulla maternità e sull’autodeterminazione, che mostra quanto sia violento ogni sistema che pretende di stabilire cosa debba desiderare una donna.

“Non lasciarmi” di Kazuo Ishiguro

Kathy H. ricorda gli anni passati a Hailsham, un collegio isolato nella campagna inglese dove è cresciuta insieme a Tommy e Ruth. A prima vista è una scuola come le altre: lezioni, attività artistiche, educatori attenti. Ma fin dall’infanzia i ragazzi percepiscono che qualcosa non torna: non hanno famiglie all’esterno, non escono quasi mai dal perimetro del collegio, agli insegnanti sfuggono frasi oscure su “donatori” e “assistenti”, e ogni domanda troppo diretta viene zittita con durezza.

Nel tempo, tra i tre nasce un legame complesso: Kathy osserva e racconta, Ruth si impone come leader carismatica, Tommy è il ragazzo impacciato e vulnerabile che fatica a controllare la rabbia. Le amicizie di infanzia si trasformano in gelosie, amori esitanti e alleanze mutevoli, sullo sfondo di un destino che loro intuiscono ma non osano nominare. Dopo Hailsham, i ragazzi vengono trasferiti in centri di accoglienza dove possono sperimentare un’apparente libertà: lavorare, spostarsi, provare a costruirsi una vita “normale”. È lì che iniziano a circolare voci su una possibile deroga al loro futuro già scritto, un rinvio concesso alle coppie che possano dimostrare di essere davvero innamorate.

Seguendo il flusso dei ricordi di Kathy, il romanzo intreccia la nostalgia dell’adolescenza con la rivelazione progressiva del segreto su cui si regge l’esistenza dei protagonisti. “Non lasciarmi” è insieme storia d’amore trattenuta, racconto di formazione e distopia etica: attraverso lo sguardo calmo e ostinato di Kathy, Ishiguro interroga cosa significhi avere un’anima, se la dignità umana dipenda dal corpo in cui abitiamo o dal modo in cui amiamo, e quanto siamo disposti ad accettare un ordine delle cose ingiusto pur di non guardarlo in faccia. Un libro lento e ipnotico, che lascia addosso la sensazione di aver sfiorato qualcosa di delicatissimo e terribile.

“Il nero e l’argento” di Paolo Giordano

In un appartamento romano qualunque, Nora e suo marito – una giovane coppia alle prese con il primo figlio e con un lavoro che assorbe tutto – credono di avere una vita normale, un po’ stanca ma solida. A reggere davvero l’equilibrio di quella casa però è la signora A., anziana collaboratrice domestica arrivata dal Sud: precisa, inflessibile, con le pantofole allineate e gli scontrini conservati fino all’ultimo centesimo.

All’inizio sembra “solo” una presenza di servizio, ma col tempo diventa molto di più: la custode silenziosa della loro intimità, il testimone di ogni litigio e di ogni riconciliazione, la bussola morale che permette alla famiglia di orientarsi tra bonaccia e tempesta. Attraverso i suoi gesti ripetitivi – preparare il sugo, lucidare i pavimenti, accudire il bambino – la signora A. dà consistenza al legame fra Nora e il marito, lo fa esistere agli occhi del mondo.

Quando la donna si ammala gravemente, la routine della casa si incrina. L’assenza di quella figura che pareva accessoria rivela invece tutte le crepe della relazione: le incomprensioni accumulate, le paure mai dette, le aspettative diverse sul futuro. Nel tentativo di assisterla e, insieme, di non far crollare il resto, i protagonisti sono costretti a fare i conti con ciò che sono diventati e con ciò che ancora desiderano.

Il nero e l’argento” è un romanzo breve ma densissimo, che parla di lutto e di amore attraverso le piccole cose: una stanza da riordinare, un bambino da addormentare, una figura femminile che, proprio mentre svanisce, mostra quanto sia stata centrale. Nella storia di questa famiglia minuto-borghese, Giordano mette a fuoco il momento in cui un’assenza cambia la messa a fuoco di tutto il resto.

“Vita” di Melania G. Mazzucco

All’inizio del Novecento, da un paesino del Lazio partono due bambini soli: Vita, nove anni, e il cugino Diamante, dodici. La loro famiglia non può permettersi di mantenerli e li spedisce in America, la terra dove “tutto è possibile”. Attraversano l’oceano stipati su una nave di migranti, passano per l’incubo di Ellis Island e approdano nella New York dei bassifondi, fatta di baracche, stenti e promesse mai mantenute.

Vita è piccola, testarda, vorace di vita; Diamante è fragile e insieme ostinato, diviso tra il desiderio di riuscire e la nostalgia di casa. I due cugini affrontano lavori massacranti, sfruttamento, razzismo, violenza. Intorno a loro, una folla di personaggi — compatrioti, gangster, padroni, prostitute, bambini abbandonati — compone l’epopea degli italiani d’America, fatta più di sudore che di sogni.

Molti anni dopo, una scrittrice ricostruisce la loro vicenda cercando le tracce di quei corpi smarriti tra archivi, fotografie e ricordi di famiglia. La voce contemporanea si intreccia alla storia romanzata, mettendo in scena la distanza tra ciò che è davvero accaduto e ciò che resta nelle biografie ufficiali, nei racconti tramandati, nelle omissioni.

Vita” diventa così non solo il nome della protagonista, ma anche una domanda: che cosa resta della vita di chi parte e non torna, o torna trasformato? Il romanzo racconta la migrazione dal punto di vista di una bambina povera e indomita, e insieme interroga la memoria collettiva di un Paese che per lungo tempo ha preferito dimenticare di essere stato, prima di tutto, un popolo di migranti.

“Bene immobile” di Deborah Levy

Deborah Levy è nel mezzo di un passaggio di vita: le figlie sono ormai grandi, la casa sulla collina non assomiglia più al luogo dei suoi sogni e la scrittura reclama uno spazio tutto suo. Da qui parte Bene immobile, terzo capitolo della sua “autobiografia in movimento”, in cui l’autrice prova a rispondere a una domanda disarmante nella sua semplicità: che cos’è, per una donna, una casa?

Mentre prepara il trasloco da Londra a Berlino e poi verso Parigi, Levy guarda i propri oggetti uno per uno – mobili, vestiti, libri, appunti – e li usa come innesco per ripercorrere relazioni finite, desideri messi da parte, paure ereditate. I viaggi in India e a Mumbai, il soggiorno sulla piccola isola greca di Hydra, le stanze prese in affitto per poter scrivere diventano altrettante tappe di un percorso che è insieme geografico e interiore.

La casa, capisce, non è solo un “bene immobile” da possedere, ma un campo di forze dove si misurano libertà, dipendenza economica, ruoli di genere.

In dialogo continuo con le sue maestre ideali – Virginia Woolf, Marguerite Duras, Simone de Beauvoir – Levy mette in discussione l’idea che il focolare sia il destino naturale delle donne. Interroga il patto implicito che lega femminilità, cura e rinuncia, chiedendosi quali spazi materiali e simbolici una scrittrice debba conquistare per potersi sentire davvero “di casa” nella propria vita.

Il tono è insieme lucidissimo e vulnerabile: frammenti di diario, scene quotidiane, ricordi d’infanzia e riflessioni filosofiche si alternano senza gerarchie.

Bene immobile” è il racconto di una donna che, a un’età in cui ci si aspetta stabilità, decide di rimettere tutto in discussione: lavoro, affetti, geografia, immaginario. E di farlo senza più seguire alcun libretto di istruzioni.

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