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De Cataldo, ”Con Carofiglio e Carlotto analizziamo il degrado italiano, il cui simbolo è la cocaina”

Muove capitali immensi, costruisce imperi, distrugge, ricrea e plasma le coscienze, rende tutti un po' più criminali. E' questo il gran potere della cocaina, la particolare droga interpretata da tre maestri della narrativa contemporanea come Giancarlo De Cataldo, Massimo Carlotto, Gianrico Carofiglio...

Il giudice scrittore insieme a Massimo Carlotto e Gianrico Carofiglio ha scritto Cocaina, il libro edito da Einaudi Stile Libero che raccoglie tre racconti autonomi legati da un unico fil rouge

MILANO – Muove capitali immensi, costruisce imperi, distrugge, ricrea e plasma le coscienze, rende tutti un po’ più criminali. E’ questo il gran potere della cocaina, la particolare droga interpretata da tre maestri della narrativa contemporanea come Giancarlo De Cataldo, Massimo Carlotto, Gianrico Carofiglio nell’omonimo libro edito da Einaudi Stile Libero. I tre autori attraverso tre racconti autonomi legati dal fil rouge della cocaina parlano la droga che più a fondo ha segnato la società dagli anni Ottanta a oggi. Giancarlo De Cataldo, ideatore del progetto, illustra il lavoro di squadra con i suoi colleghi e parla l’opposizione dura e intransigente del noir nei confronti degli altri generi letterari più in voga in questo momento.

Lei, Carlotto e Carofiglio siete definiti i 3 tenori del noir italiano. Da cosa nasce l’idea di scrivere questo romanzo insieme? Di chi è stata l’idea iniziale?
Grazie per i tre tenori! Ce ne hanno dette di tutti i colori, compreso “i cocainomani…”. L’idea è stata mia. Fa parte della mia tendenza verso il gioco di squadra. Mi sembra una gran cosa riuscire a mettere insieme le energie positive, e sia Carlotto che Carofiglio ne sono ricchi. Però, attenzione, non è un romanzo: sono tre racconti autonomi legati dal fil rouge della cocaina.
 
Il romanzo si chiama Cocaina, filo conduttore dei tre racconti. Perché è stato scelto proprio questo tipo di droga, rispetto alle altre? Cosa ha rappresentato nel corso degli anni?
La coca è la droga perfetta della modernità, il simbolo del degrado italiano, il condimento indispensabile delle seratine allegre, si tratti dello sballo del ragioniere o del cassamortaro schiantati dal duro lavoro o della cena elegante della modella e dell’imprenditore, dell’immancabile politico, dell’uomo di spettacolo. La nostra società ufficialmente condanna, in realtà tollera, e addirittura incoraggia. Coca è cool, veloce, socialmente accettata. Ma coca è anche qualcosa che ti toglie ogni volta una piccola parte di te, vita artificiale, fuga dal tempo presente. Soprattutto, mafia, mafia, mafia.

Tra voi scrittori noir c’è più competizione  o condivisione?
Sin dai tempi di Crimini siamo abituati al gioco di squadra. Basta non chiamarci soltanto “scrittori di noir”. Scrittori suona meglio, no?

Ha mai pensato di realizzare un romanzo collettivo che coinvolga anche scrittori noir esteri, ad esempio francesi e scandinavi?
Guardi, ci sto pensando da tempo. C’era già un accordo di massima con alcuni amici (non ne faccio i nomi per discrezione) ma pare che gli editori stentino a condividere la formula. Dicono che i lettori non capirebbero. Mah!

Negli ultimi tempi, i fenomeni editoriali sono stati i libri “porno-soft” e quelli culinari. Secondo lei rispetto a questi filoni, come si colloca il genere noir?
All’opposizione. Dura e intransigente.

16 febbraio 2013

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