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Perché dovremmo leggere il “De bello civili” oggi

Il 10 Gennaio del 49 a.C. Gaio Giulio Cesare attraversava il Rubicone e dava inizio alla sanguinosa guerra contro il Senato di Roma. Per l'occasione, vi raccontiamo del "De bello civili" e del perché sia importante leggerlo ancora oggi.

Il “De bello civili” è una di quelle opere che studiamo a scuola e riponiamo nei cassetti della memoria senza ripensarci più. Forse, però, sarebbe il caso di concedergli una seconda occasione.

Secondo le cronache, il 10 gennaio del 49 a.C. Cesare attraversava il Rubicone pronunciando la celebre frase “Alea iacta est”, il dado è tratto, e provocando la guerra civile contro il Senato di Roma. Molti secoli dopo, con il Rubicone, il dato tratto e il “De bello gallico”, Gaio Giulio Cesare è uno dei personaggi più interessanti della nostra storia.

L’elenco appare sconfinato: uomo militare, politico, console, dittatore, pontefice massimo, oratore e scrittore. Giulio Cesare ha segnato in diversi modi la storia. Oggi lo ricordiamo raccontando il suo “De bello civili“, l’opera suddivisa in tre libri in cui l’autore racconta la guerra civile contro il Senato.

Il “De bello civili”

Il “De bello civili” non è l’opera più famosa di Gaio Giulio Cesare, passato alla storia per il “De bello gallico”. Il secondo resoconto del condottiero romano si compone di tre libri, detti anche Commentarii, che raccontano gli avvenimenti della Guerra Civile fra il 49 e il 48 a.C. Non è ancora certo il periodo della stesura dell’opera.

Alcuni sostengono che i Commentarii siano stati prodotti e pubblicati in contemporanea coi fatti narrati, altri ritengono che si sia trattato di una ricostruzione di poco più tarda. In tutti i casi, il “De bello civili” rappresenta un’ottima occasione per immergersi nella storia di Roma e conoscere, seppur filtrata dall’occhio dell’autore, la figura di Cesare, una fra le più controverse di sempre.

Il “De bello civili” ha inizio con gli avvenimenti del 1° gennaio del 49 a.C., quando Cesare vede respinte le proposte avanzate al Senato per appianare le divergenze con il Senato stesso e con Pompeo. È in questo contesto che il condottiero decide di marciare su Roma e lottare contro le istituzioni repubblicane.

L’episodio in cui Cesare oltrepassa il Rubicone è passato alla storia sia per l’importanza che che il gesto ha rivestito nella storia di Roma, sia per la celebre frase pronunciata dall’autore in questa circostanza: “alea iacta est” è entrato a far parte dell’immaginario collettivo e del nostro patrimonio idiomatico, tanto nella sua versione originale quanto nel corrispettivo tradotto, per indicare una situazione ormai chiaramente decisa.

I motivi della stesura

Per il modo brusco con cui si conclude, alcuni ritengono che il “De bello civili” sia stato scritto diverso tempo dopo gli eventi narrati nei libri. Molti altri, tuttavia, credono inverosimile tale congettura poiché i fini politici dell’opera sono facilmente ravvisabili nelle pagine di Cesare, che invitano a pensare ad un commentario concepito per valorizzare la figura dell’autore, giustificare una sanguinosa guerra civile e mostrare i buoni propositi della fazione cesariana.

Nell’opera, Cesare appare risoluto, forte, fermo nella sua volontà di onorare il mos maiorum di Roma. Non ci sono barbari da attaccare, nemici esterni da cui difendere la repubblica. L’autore ha cercato in tutti i modi di essere pacifico, ma a tutti i tentativi sperimentati il Senato ha risposto negativamente. Adesso, a Cesare non resta che un’ultima azione da intraprendere: la guerra, una guerra messa in atto per difendere i valori di Roma, per tenere alto il vessillo dei valori repubblicani.

Il “De bello civili”, insomma, è costruito per rendere la figura di Cesare benevola agli occhi dei cittadini romani, che in lui non devono vedere un nemico della repubblica, bensì un uomo magnanimo, clemente, fedele a Roma ed affezionato alle sue legioni.

Leggere Cesare al giorno d’oggi

Leggere il “De bello civili” oggi è senza dubbio un’esperienza unica. Più semplice rispetto al “De belllo gallico” nella costruzione delle frasi e nell’impalcatura stilistica, la seconda opera di Gaio Giulio Cesare dimostra quanto noi uomini restiamo sempre uguali nonostante gli anni che si rincorrono inesorabili.

Il desiderio di arricchirci, di essere più potenti di qualcun altro, di riabilitare il nostro nome di fronte al prossimo è più forte di qualunque altra cosa. La guerra è un atto come tutti gli altri. Non si pensa alle sue implicazioni, alle conseguenze irreparabili che essa provoca. Anzi, se possiamo, cerchiamo di fare la guerra e allo stesso tempo di dimostrare la bontà delle nostre azioni.

Se il fatto che il “De bello civili” sia un classico intramontabile della letteratura latina non vi ha ancora convinti del tutto ad intraprenderne la lettura, sappiate che questa è un’opera indimenticabile che, accanto a strategie militari e resoconti di battaglie che sono entrate nella storia, traccia un affresco dell’essere umano, delle sue ambizioni e, perché no, anche delle sue debolezze.

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