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Cos’è la legge Levi e perché (se rivista) può salvare le librerie indipendenti

La legge Levi prevede un tetto massimo per gli sconti che è possibile fare sui libri. L'idea per cui è nata è quella di evitare la concorrenza sleale

MILANO – La vita per le librerie indipendenti non è facile e per capirlo basta pensare alla concorrenza delle grandi catene e degli store online, che vendono i libri notevolmente scontati. Se lo stesso libro costa in una libreria 15 e nell’altra 12,75 euro, in quale libreria decidi di andare? La risposta purtroppo è ovvia. Il problema è che le librerie indipendenti gli sconti non se li possono permettere. “A una libreria indipendente resta il 30% del prezzo di copertina – spiega a Libreriamo Maurizio Zicoschi, della Libreria I trapezisti di Roma – e se faccio uno sconto del 15% vuol dire che dimezzo il mio guadagno. La Mondadori, per esempio, che distribuisce i libri nelle sue catene, ha un ricavo del 90% sui libri che vende, non del 30% come noi, e quindi si può permettere di fare gli sconti perché si toglie così solo un sesto del ricavato, non il 50%”.

LA LEGGE LEVI – “E pensare che quando Amazon è nato – ci racconta Francesco Giubilei, editore e scrittore – faceva sconti che arrivavano al 40% sui libri appena usciti”. Ed è così che si è resa necessaria una legge che regolasse gli sconti e che, come riporta la proposta di legge, introducesse regole che garantissero “la differenza e il pluralismo nella produzione editoriale”. Nel 2011 è stata approvata la legge Levi, che prevedeva un tetto massimo del 15% per gli sconti che è possibile applicare ai libri. “Una legge che, con i soliti stravolgimenti tipicamente italiani – ci racconta Danilo Dajelli della libreria Gogol & Company – è stata molte volte aggirata attraverso diversi escamotage”. “La Legge Levi – racconta a Libreriamo Maurizio Zicoschi – è stata fatta a suo tempo come pezza per combattere gli sconti folli che arrivavano sugli store online e nelle catene fino a 40%. Ma appunto era una pezza, era nata con l’idea di durare pochissimo”.

LA REVISIONE – Invece sono passati oltre cinque anni e quella legge è ancora in vigore. Ora si sta parlando di rivederla, riducendo al 5% il tetto massimo per gli sconti. Come riporta ilPost.it, sono d’accordo con questa revisione anche Mondadori, Feltrinelli e Giunti, la grandi case editrici che possiedono catene di librerie. Probabilmente Amazon comincia a far paura anche a loro. “Se il tetto fosse fissato al 5% (anche se secondo me dovrebbe essere annullato) – ci spiega Maurizio Zicoschi – i prezzi scenderebbero di sicuro perché un editore nel momento in cui deve fissare il prezzo di copertina sa già che nelle catene e sugli store online li venderà con lo sconto al 15%. C’è quindi automaticamente un rincaro che potrebbe annullarsi. I prezzi, che oggi sono gonfiati, si abbasseranno”. I pareri al riguardo sono discordanti. Danilo Dajelli, citando i dati francesi, ha ricordato che in Francia il mercato dell’editoria si è ripreso grazie all’innalzamento del prezzo di copertina, che ha permesso di ricavare del denaro che altrimenti non sarebbe arrivato.

PRESIDI CULTURALI – “Il problema – secondo Francesco Giubilei – è che la legge Levi dovrebbe entrare a fare parte di un discorso culturale più sistemico”. Dovremmo ricordarci che le librerie sono fondamentali “presidi culturali”. Su questo punto si è soffermato anche Danilo Dajelli. “Il concetto di libreria indipendente – racconta il libraio della Gogol&Company – deve partire da un fortissimo legame con la zona e radici profonde col territorio. Un esempio importante è quello delle librerie indipendenti statunitensi che sono punti di riferimento e di aggregazione, presidi sociali e culturali”. La libreria – è importante ricordarlo – è un luogo di riunione “per la comunità, un luogo dove poter apprendere nuove informazioni e nuove storie, un punto di incontro, un luogo di tutela dell’identità di un territorio e di una nazione”.

 

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