”Corpi di Gloria”, storia del processo di purificazione che porta il corpo a liberarsi della materia

24 Marzo 2020

Da pochi mesi il piccolo gioiello letterario di una scrittrice esordiente sta invadendo gli scaffali delle librerie e le pagine dei siti internet, fino a essere premiato col Premio Rapallo Carrige Opera Prima 2014...

31102014130935 sm 9563

Da pochi mesi ‘Corpi di Gloria‘, il piccolo gioiello letterario della scrittrice esordiente Giuliana Altamura sta invadendo gli scaffali delle librerie e le pagine dei siti internet, fino a essere premiato col Premio Rapallo Carrige Opera Prima 2014.

Già di primo impatto non è facile resistere al titolo evocativo e al richiamo della copertina, che ammicca in modo fulmineo e delicato come un malizioso segno della croce: sul basso il movimento orizzontale di un corpo femminile sublimato dalla luce solare che ne brucia la carne, lasciando soltanto un’ombra a coprire il viso; sullo sfondo, ma a occupare quasi l’intera pagina, lo slancio verticale di un corpo più inconsistente e astratto, un cielo ‘blu scuro come la notte’, che si riflette nello specchio dell’acqua con ‘l’oro delle stelle che brillano sul fondo’.

La copertina e le prime righe già dicono tutto. Non assaporavo un incipit tanto bello dalla lettura di Lo-li-ta. Lola, Dolly e Dolores sono le tre anime che racchiudono la creatura fiammeggiante di Nabokov. Senza bisogno di armarsi di allitterazioni o lollipop, a Giuliana Altamura basta un solo nome per evocare magicamente il doppio corpo della nostra protagonista, direttamente dall’immagine di copertina: Gloria è sdraiata, la sua carne è baciata da una luce verticale che misura la distanza fra la protagonista e quel cielo immenso che, come un delicato fil rouge, attraversa il racconto e verrà rievocato in maniera circolare nel finale.

Fin dalla prima immagine, Gloria è carne e luce ed è questa sua doppia natura a giustificare il richiamo alchemico del titolo: ‘il ‘corpo di gloria’ – spiega l’autrice in un’intervista – indica il fine di quel processo di purificazione che porta il corpo a liberarsi della materia, a manifestare la luce dello Spirito che lo compenetra’. È tale tensione fra il corpo ‘fisico’ e quello ‘glorioso’ a rappresentare il centro gravitazionale dell’intera narrazione. Con un pregevole equilibrio degli elementi- che Altamura maneggia levigando con cura ogni dialogo, ogni frase, ogni parola – Corpi di Gloria non si limita a ripetere una variante della ‘gioventù bruciata’ o del ‘Meridione carico di problemi’, ma sfrutta i temi archetipici dell’adolescenza e del Sud come elementi, rispettivamente, temporali e spaziali per esprimere la crescita della protagonista.

Il Sud e l’adolescenza sono le due realtà – forse ormai le due irrealtà, i due altrove – che la giovane autrice barese è riuscita a descrivere e sublimare per farne da cornice al ritratto di Gloria. Lo stesso evento che – coup de théâtre – fornisce la scossa al meccanismo narrativo non sembra rappresentarne però il nucleo di senso. Nascosta fra i dialoghi e le avventure di droghe, teppismo e sesso facile descritte dalla quarta di copertina, ricorre una parola pronunciata sottovoce, ma che sembra urlata: ‘niente’. Come un sasso che, lanciato nell’acqua, viene subito riassorbito, come le finte effusioni fra Gloria e Cris – ‘nothing happens’ (amava scrivere Janne Teller) a Riva Marina o nel suo cielo sempre indisponibile, ma qualcosa è forse cambiato nei nostri personaggi, nella loro percezione della distanza del cielo.

Nostra fragile prospettiva su questo frammento di mondo – dunque protagonista del nostro racconto – è Gloria silenziosa e luminosa, Gloria insensibile a ogni stimolo esterno e a ogni sapore, Gloria sempre sul punto di ‘brillare’. Il finale – senza troppo anticipare – è liberatorio, chiama in causa il fuoco, l’acqua e il cielo in una silenziosa esplosione alla Zabriskie Point.

Patrick Martinotta

2 novembre 2014

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© Riproduzione Riservata