Il libro che ha commosso il mondo, la storia della lotta e della sopravvivenza di una famiglia intera

17 Agosto 2025

Susan Abulhawa, scrittrice del bestseller “Ogni mattina a Jenin”, tradotto in oltre 30 lingue, ha scosso le coscienze di tutti con la sua storia. Scopri.

Il libro che ha commosso il mondo intero, la storia della lotta e della sopravvivenza di una famiglia intera

Ogni mattina a Jenin” di Susan Abulhawa non è solo un libro ma, come anche “Atti umani” di Han Kang, letteratura: un pugno al cuore che costringe il lettore a vedere la Storia attraverso gli occhi di chi la conosce bene; e in questo caso di chi l’ha vissuta sulla propria pelle.

Pubblicato in inglese nel 2010, “Ogni mattina a Jenin” è diventato un bestseller internazionale tradotto in oltre 30 lingue che ha scosso le coscienze e ha venduto più di un milione di copie.

“Ogni mattina a Jenin”, un romanzo che sfida il silenzio

Protagonista della vicenda è Amal, la cui vita è segnata dalla perdita incolmabile di suo fratello gemello, che viene rapito e cresciuto da una famiglia israeliana.

Ci troviamo tra il 1948 — data della Nakba, la catastrofe per il popolo palestinese — e la storia prosegue negli anni Duemila.

Amal cresce ascoltando racconti di un passato perduto e sogni di ritorno: “the story of one family’s struggle and survival through over sixty years of the Palestinian‑Israeli conflict” — “la storia della lotta e della sopravvivenza di una famiglia attraverso oltre sessant’anni di conflitto israelo-palestinese”.

Un romanzo attuale è necessario che segue la vita di una famiglia strappata dal proprio villaggio e deportata nel campo profughi di Jenin.

L’incanto e il dolore si mescolano nelle pagine, tra amori spezzati, memorie cancellate e il desiderio di rinascita che Amal trasmette alla figlia: una memoria che non si trasmette solo con le parole, ma con la presenza stessa.

Voce della resistenza pacata ma implacabile

The Guardian definisce il romanzo:

“A brave, sad book that tells the story of a nation and a people through tales of ordinary lives lived in extraordinary circumstances.”
“Un libro coraggioso, triste, che racconta la storia di una nazione e di un popolo attraverso episodi di vite ordinarie vissute in circostanze straordinarie.”

Una definizione che coglie la cifra narrativa di Abulhawa: niente eroismi plateali, ma il valore dell’ordinarietà resa eroica dall’atto stesso di sopravvivere, ricordare e raccontare.

Teniamo conto che è un libro scritto e pubblicato nel 2010, quanto ancora il boom dell’8 ottobre non c’era stato e si sperava che il conflitto potesse giungere presto al termine, dato l’inizio dei negoziati tra il governo israeliano e la guida palestinese nel settembre di quell’anno.

La scrittura come voce politica e affettiva

Alice Walker, Premio Pulitzer, l’ha definita con parole forti:

“Susan Abulhawa possesses the heart of a warrior… To read [her] is to begin to understand… our own resistance to feeling the terror of our own fear of Truth.”
“Susan Abulhawa possiede il cuore di una guerriera… Leggerla significa cominciare a comprendere… la nostra resistenza a sentire il terrore della nostra stessa paura della Verità.”

È una descrizione potente: raccontare la Verità, soprattutto quando è dolorosa, richiede coraggio. Abulhawa non tace la brutalità, ma la restituisce con dignità, mostrandola per quello che è: un trauma collettivo che continua a formare identità e resistenze.

Risonanza e ascolto globale

Il romanzo non è rimasto confinato alle sole comunità interessate; ha varcato i confini grazie a una narrazione universale. Publishers Weekly sottolinea la sua forza narrativa:

“Richly detailed, beautiful and resonant… giving the terrible conflict a human face.”
“Ricco di dettagli, bello e risonante… che restituisce un volto umano al terribile conflitto.”

Il contesto storico diventa quindi veicolo di empatia: non un saggio, ma un romanzo che trasforma la cronaca in emozione condivisa.

L’autrice: tra attivismo e vocazione narrativa

Susan Abulhawa (nata nel 1970 in un campo profughi palestinese a Gerusalemme) è attivista per i diritti umani, fondatrice dell’organizzazione Playgrounds for Palestine e autrice di poesie e saggi, oltre che di tre romanzi di successo.

“Ogni mattina a Jenin” è il suo debutto, capace di proiettarla come la scrittrice palestinese più letta al mondo, ma tra i titoli di rilievo troviamo anche “Nel blu tra il cielo e il mare” e “Contro un mondo senza amore”.

Quella di Abulhawa è una scrittura che nasce dalla vita vera, dalla testimonianza e dalla volontà di ridare corpo ai nomi cancellati dalla Storia.

Perché leggerlo oggi

In tempi in cui le narrazioni sul Medio Oriente rischiano di diventare stereotipate o strumentali, quando le fake news possono intasare la verità e confondere il lettore occidentale, “Ogni mattina a Jenin” rappresenta un antidoto: una voce che unisce l’amore per la parola e la giustizia, offrendo una prospettiva non convenzionale ma necessaria.

Come dice The Guardian, il libro è “Unsensational, at times even artless, it has a documentary feel that allows events to speak for themselves” — “Non sensazionalistico, a tratti persino dimesso, ha un tono documentaristico che lascia agli eventi il compito di parlare da sé”.

Non è solo una lettura, è un’alleanza tra chi scrive e chi legge: un impegno etico prima che estetico, ma assolutamente necessario per comprendere la Storia di paesi poco chiacchierati fino a qualche mese fa.

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