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Ci ha lasciati Alberto Statera, icona del giornalismo italiano

È morto Alberto Statera, grande editorialista di Repubblica e giornalista tra i più bravi e competenti della storia del giornalismo italiano

MILANO – È morto Alberto Statera, grande editorialista di Repubblica e giornalista tra i più bravi e competenti della storia del giornalismo italiano. “La sua prima cifra era la libertà, una libertà quasi sfacciata – scrive Marco Panara sul quotidiano fondato da Eugenio Scalfari – la seconda era la scrittura, un talento che gli consentiva di graffiare senza offendere, di raggiungere limpidamente il cuore della vicenda. Alberto Statera, nei 47 anni della sua vita di giornalista era stato quasi tutto”.

40 ANNI DI GRANDE GIORNALISMO – Nato a Roma il 16 settembre 1947, esordisce giovanissimo nel mondo del giornalismo. È il 1969 quando comincia a lavorare all’Agenzia Giornalistica Italia. Dal 1971 al 1983 Statera scrive per l’Espresso. Successivamente è stato caporedattore – per un decennio – del settore economico dello stesso settimanale e, più tardi, caporedattore centrale sotto la direzione di Livio Zanetti. A partire dal 1983 comincia a la sua carriera di direttore di quotidiani: il primo fra questi è Nuova Sardegna. Dal 1986 al 1990 lavora alla Mondadori, prima come direttore editoriale delle pubblicazioni economiche, poi come direttore del settimanale Epoca e del mensile Storia illustrata. All’ingresso in scena di Silvio Berlusconi, però, lascia il gruppo con motivo “clausola di coscienza”, uno dei pochi professionisti ad essersi avvalso di questo diritto nella storia del giornalismo. Nel 1990-1991 è caporedattore dell’Economia di Repubblica per poi passare a La Stampa di Torino nel ruolo di editorialista, dove staziona per cinque anni. Dal 1996 al 2000 dirige Il Mattino di Padova, La Nuova Venezia e la Tribuna di Treviso, quotidiani veneti del Gruppo Espresso. Dal 2000 al 2005 passa al Piccolo di Trieste, per poi tornare come editorialista a Repubblica, di cui è stato “un editorialista e un raccontatore straordinario, profondo e impietoso dei meccanismi oscuri di questo strano paese”.

I LIBRI – Numerosi sono i libri a cui ha lavorato nel corso della sua vita, libri che – come ha scritto Marco Panara – “hanno lasciato il segno”: da “Storia di preti e di palazzinari” (L’Espresso 1977) a “Un certo De Benedetti – In nome del capitalismo” (Sperling e Kupfer 1984), “Perché loro – biografia non autorizzata di Silvio Berlusconi” (Laterza 1985) a “Prodi” (MG 1990).

PHOTO CREDITS: ilpiccolo.geolocal.it

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