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Chiude la libreria Don Bosco di Milano. Lo sconcerto dei dipendenti

Dopo quasi sessant'anni di attività, il 31 gennaio la libreria Don Bosco di Milano chiude i battenti. La decisione è arrivata dai proprietari dell'attività, la casa editrice Elledici, che fa capo all'ente ecclesiastico senza scopi di lucro Istituto Bernardi Semeria. Stessa sorte avranno anche le librerie di Firenze e Roma appartenenti alla stessa catena. Al termine dell'articolo è possibile leggere l'appello dei dipendenti...

Il portavoce dei dipendenti Matteo Raganati ci racconta la paradossale vicenda vissuta da lui e dai suoi colleghi, licenziati da un giorno all’altro senza comunicazione ufficiale. La stessa sorte tocca anche alle librerie di Firenze e Roma della stessa catena, controllata da Elledici Editrice

MILANO – Dopo quasi sessant’anni di attività, il 31 gennaio la libreria Don Bosco di Milano chiude i battenti. La decisione è arrivata dai proprietari dell’attività, la casa editrice Elledici, che fa capo all’ente ecclesiastico senza scopi di lucro Istituto Bernardi Semeria. Stessa sorte avranno anche le librerie di Firenze e Roma appartenenti alla stessa catena: in totale 12 dipendenti, 5 di Milano, che si trovano da un giorno all’altro senza lavoro e senza alcun tipo di sostegno economico. L’avviso è arrivato a voce, senza neppure una comunicazione ufficiale. Una notizia che è stata una doccia fredda, che li ha lasciati nella più totale incredulità, come sottolineato dal loro portavoce Matteo Raganati, che per anni ha lavorato alla libreria Don Bosco di Milano.

LA NOTIZIA DELLA CHIUSURA – “Il 30 ottobre alle 10.30 sono venuti qui il direttore generale Don Valerio Bocci, un salesiano, e il direttore amministrativo Alessandro Cavallitto e in mezz’ora ci hanno comunicato che entro il 31 gennaio la libreria avrebbe chiuso”, racconta Raganati. “Poche ore prima erano a Roma e alle 15.00 erano a Firenze per dare anche a loro la stessa notizia. Nel giro di qualche ora insomma hanno distrutto una storia”.

UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER MILANO – Verrà così meno un altro presidio della cultura milanese: il negozio, situato in via Melchiorre Gioia, per molti anni ha rappresentato un punto di riferimento per gli abitanti della zona. “Questa libreria ha quasi sessant’anni ed è molto vissuta dal quartiere. È tripartita: il nostro zoccolo duro è quello della libreria religiosa, ma teniamo anche la varia – classici, saggistica, libri per ragazzi – e da giugno a ottobre lavoriamo molto come libreria scolastica. Abbiamo dunque un’utenza universale”, prosegue Raganati. “Per giunta è a Milano, la capitale dell’editoria italiana: sarebbe la prima volta nella storia che una casa editrice chiude una sua libreria a Milano. La notizia sta dunque facendo molto rumore”.

L’APPELLO DEI DIPENDENTI – “Sulla pagina facebook dell’editrice Elledici è nato spontaneamente un flusso di commenti, molto civili e molto educati, in nostro sostegno. Noi dal canto nostro abbiamo mandato un appello al Papa, all’arcivescovo Angelo Scola e alle persone comuni, ai nostri clienti e agli amici” – appello che è possibile leggere qui, al termine dell’articolo. “I dipendenti della Elledici che sono in causa per il licenziamento hanno aperto anche una pagina facebook, Elledi Chi Dipendenti, per far conoscere la loro situazione. L’unica arma che abbiamo è l’informazione, e devo dire che si è creata una catena di solidarietà davvero notevole”.

IL LICENZIAMENTO – La decisione lascia i lavoratori ancor più amareggiati per le modalità in cui è stata gestita la questione: “Quando abbiamo appreso del licenziamento, dopo quell’incontro il 31 ottobre, siamo andati dai sindacati e questi hanno scoperto che la pratica era già stata aperta. A noi però non era arrivata alcuna comunicazione scritta”.

LE RAGIONI DELLA CHIUSURA – Quanto alle ragioni di questa chiusura, Raganati spiega: “Nella comunicazione arrivata all’Ispettorato del Lavoro la motivazione ufficiale indicata era un calo di fatturato. Ma naturalmente si può avere un calo di fatturato e un bilancio comunque sano, e questo è il caso della nostra libreria!” – cosa che rende l’intera faccenda ancor più paradossale e assurda. “È vero che rispetto all’anno scorso stiamo subendo un calo attorno 10%, ma il dato è già buono per il settore: le librerie qui vicino registrano perdite molto più alte. Inoltre siamo tre impiegati full time e due part time: una soglia di dipendenti assolutamente leggera”.

NIENTE CASSA INTEGRAZIONE NÉ INCENTIVI ALL’ESODO – “Un imprenditore può decidere di chiudere quando e come vuole, ma i dipendenti che hanno lavorato per lui devono essere trattati con giustizia”, si foga Raganati. Che ne sarà invece di loro? “Siccome a giugno hanno chiuso le librerie di Genova e Messina, il totale dei dipendenti è sceso sotto la soglia dei 50, il che vuol dire che non possiamo utilizzare la mobilità. E l’ente ecclesiastico non ci concede la cassa integrazione. Perché? Non lo sappiamo, noi non abbiamo avuto risposte. L’azienda non ha neppure mai parlato di incentivi all’esodo. Da fine gennaio rimaniamo senza nessuna fonte di sostentamento”.

LO SHOCK DEI DIPENDENTI – “Quello che sta capitando insomma è una grande ingiustizia, per questo stiamo cercando di informare il più possibile sulla nostra situazione. Le Librerie Feltrinelli hanno circa 1.500 dipendenti e sono in contratto di solidarietà, non c’è stato nessun licenziato. I dipendenti delle Librerie San Paolo sono in cassa integrazione da più di un anno. Qui chiudono da un momento all’altro e ci lasciano a casa tutti: è un atteggiamento che lascia basiti. Siamo rimasti sotto shock almeno per un paio di settimane”.

LA VERTENZA – Cosa accadrà da qui in avanti? “Venerdì scorso si è tenuto il terzo incontro a livello nazionale tra le parti e c’è stata la firma del mancato accordo. A questo punto si andrà in vertenza. Naturalmente c’è un mese di deroga in cui l’azienda può presentare le sue proposte, ma stando a quanto si è detto si tratterrà di proposte insufficienti: si parlava di due contratti part time a Torino. Noi veniamo da Bergamo, Pavia, Monza-Brianza e Varese: come possiamo pensare di trasferire a Torino le nostre rispettive famiglie per un part time?”

FATTURATO CALANTE, MA BILANCIO SANO – Quel che emerge dalle parole di Raganati è che la decisione è stata presa troppo alla leggera. “Si sarebbero potute pensare altre strategie, per esempio si sarebbe potuto tentare di far rilevare l’attività da qualche altro editore. Siamo una libreria sana, perché tutta questa fretta di chiudere? Abbiamo un fatturato calante, è vero, ma l’anno scorso ha comunque superato i 600 mila euro. E soprattutto è calante per via della situazione generale di crisi, ma anche perché su tanti tavoli dobbiamo tenere i prodotti pubblicati da Elledici – e negli ultimi due o tre anni non c’è stato un titolo di Elledici che abbia venduto tanto! Nel bilancio che ci hanno mandato – soltanto la sera prima del secondo incontro nazionale – veniva indicata una passività che proprio tutta la merce Elledici contribuiva a creare: siamo obbligati a tenerla, non possiamo renderla e in più ci viene messa a bilancio!”

PERCHÉ GETTARE VIA TUTTO? – “A parte gli abitanti del quartiere, anche molti religiosi sono rimasti sotto shock”, conclude. “Gli stessi salesiani di Milano, presso la cui struttura siamo in affitto, sono stati avvisati solo poco prima di noi che da gennaio la libreria non ci sarebbe più stata: anche loro sono vittime di quanto sta accadendo, da un momento all’altro non potranno più contare sul nostro affitto. Qui abbiamo uno spazio di 200 metri quadri, sette vetrine, un fatturato discreto: che senso ha buttare via tutto così?”

18 dicembre 2013

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