Ci sono autori che attraversano la Storia come fari silenziosi, capaci di illuminare il presente con la luce, a volte aspra e diretta, della memoria. Mario Tobino è uno di questi.
Medico psichiatra, poeta, narratore, Mario Tobino è stato testimone di un secolo inquieto e complesso, capace di raccontare l’Italia senza sconti, ma con una rara umanità.
La sua scrittura nasce dal contatto diretto con la vita, sia nei reparti degli ospedali psichiatrici in cui lavorò per decenni, sia nelle strade e nei nascondigli della Resistenza, che visse in prima persona.
Tra i suoi romanzi, “Il clandestino” occupa un posto speciale: non solo perché è uno dei testi più intensi sulla Resistenza italiana, ma perché riesce a trasformare un’esperienza storica precisa in un racconto universale di coraggio, sacrificio e rinascita morale.
Curiosità su Mario Tobino: Lo sapevi che…
Il clandestino vinse il più prestigioso premio letterario: Il premio strega, consacrando Tobino come uno dei grandi narratori del dopoguerra.
Mario Tobino continuò a lavorare in manicomio anche dopo la fama letteraria, considerandolo parte integrante della sua identità.
Viareggio e la memoria: molte opere di Mario Tobino sono ambientate nella sua città natale, che diventa un microcosmo in cui osservare la Storia e l’animo umano.
Mario Tobino: chi è e perché è importante conoscerlo
Mario Tobino non è solo un autore da studiare: è uno scrittore da vivere. Il clandestino è un romanzo che unisce il valore storico alla forza emotiva, trasformando la memoria della Resistenza in un’esperienza di lettura viva e necessaria.
Riscoprirlo oggi significa ridare voce a una generazione che ha creduto nella possibilità di un mondo più giusto, ma anche ricordare a noi stessi che la libertà e la dignità umana sono conquiste da difendere sempre, anche nei giorni in cui sembrano garantite.
Chi era Mario Tobino
Nato a Viareggio nel 1910, Mario Tobino trascorse gran parte della sua vita tra la medicina e la letteratura. Dopo gli studi di medicina e la specializzazione in psichiatria, lavorò in diversi ospedali, tra cui il manicomio di Maggiano, vicino a Lucca, che diventò per lui non solo un luogo di lavoro ma anche una fonte inesauribile di storie e riflessioni sulla condizione umana.
Il contatto con i pazienti psichiatrici, spesso dimenticati e reclusi in condizioni durissime, affinò il suo sguardo di narratore, sempre attento ai margini e alle fragilità. Durante la Seconda guerra mondiale, Tobino partecipò alla lotta partigiana nelle file degli antifascisti toscani.
La sua esperienza diretta nella Resistenza fornì la materia viva per Il clandestino, pubblicato nel 1962, che gli valse il Premio Strega.
“Il clandestino”: un affresco corale della Resistenza
Ambientato nell’estate del 1943, “Il clandestino” racconta le vicende di un gruppo di antifascisti viareggini, alla vigilia della caduta del regime e dell’inizio della lotta partigiana.
Non è un romanzo di singoli eroi, ma un mosaico di volti, voci e destini: intellettuali, popolani, borghesi, sgherri del regime, figure del bel mondo e uomini e donne comuni. La forza del romanzo sta proprio nella coralità. Mario Tobino non costruisce una narrazione monolitica: alterna scene di azione a momenti di riflessione, descrizioni di paesaggi marini e urbani a dialoghi serrati, scatti lirici a crude istantanee di violenza.
Come scrisse Vittorio Sereni, Tobino riesce a “trasformare un episodio specifico in epos generale ed esemplare”, innalzando la storia locale di Viareggio a simbolo di un’intera generazione.
Il titolo stesso, Il clandestino, evoca la condizione esistenziale di chi vive nascosto, in bilico tra la paura e la speranza. “Il clandestino” è il partigiano, ma anche l’intellettuale dissidente, il semplice cittadino che decide di disobbedire, chiunque scelga di non piegarsi al sopruso.
Un romanzo di verità e partecipazione
La scrittura di Tobino è quella di un testimone che ha condiviso i rischi e le emozioni che racconta. Non c’è distacco, non c’è il filtro dello storico: c’è la voce di chi ha corso, amato, avuto paura. L’autore alterna un tono giudicante, quando denuncia l’ingiustizia e la vigliaccheria, a un tono profondamente empatico verso chi lotta, soffre e muore.
In questo senso, “Il clandestino” non è solo un romanzo sulla guerra, ma un libro sulla rinascita dell’amore e della fratellanza tra gli uomini, come lo definì lo stesso Tobino.
In mezzo alla brutalità e alla paura, emergono gesti di solidarietà, amicizie che salvano, scelte morali che definiscono un destino.
Perché leggere Tobino oggi
Rileggere “Il clandestino” oggi significa confrontarsi con un’idea di letteratura che non teme l’impegno civile. In un’epoca in cui il racconto della Resistenza rischia di appiattirsi in formule retoriche, Tobino ci restituisce un’esperienza viva e complessa, fatta di contraddizioni, entusiasmi, errori e slanci umani.
Significa anche riflettere sulla fragilità della libertà e sulla necessità di difenderla ogni giorno. Le pagine di Mario Tobino ricordano che la democrazia non è un dono acquisito per sempre, ma una conquista quotidiana, che passa anche attraverso il coraggio di essere “clandestini” di fronte all’ingiustizia.
Infine, leggere Tobino è un’esperienza letteraria potente: il suo stile, che fonde lirismo e concretezza, la sua capacità di tratteggiare personaggi memorabili e di restituire un’intera comunità nel pieno di una trasformazione storica, lo rendono un narratore unico nel panorama italiano del Novecento.