Quando nel 1975 uscì negli Stati Uniti “Il Tao della fisica”, nessuno poteva immaginare l’impatto che quel libro avrebbe avuto. A scriverlo non era un mistico o un filosofo, ma un giovane fisico austriaco, Fritjof Capra , nato a Vienna nel 1939, specializzato in fisica delle particelle e già attivo nei più prestigiosi centri di ricerca internazionali.
Eppure, in quelle pagine, Fritjof Capra tracciava un collegamento ardito e rivoluzionario: le intuizioni della fisica quantistica sembravano dialogare, per analogia, con le grandi tradizioni spirituali dell’Oriente, dal Taoismo al Buddhismo Zen, dall’induismo alla mistica sufi.
Un ponte, insomma, tra scienza e misticismo, tra la descrizione matematica dell’universo e le antiche visioni del mondo come flusso, danza, interconnessione.
A cinquant’anni dalla prima edizione americana, Il Tao della fisica torna in Italia in una nuova edizione curata da Aboca, con capitoli aggiornati e una ritraduzione che restituisce freschezza al pensiero di Fritjof Capra, confermandolo come una delle figure più influenti della cultura contemporanea.
Curiosità su Fritjof Capra: Lo sapevi che…
Shiva danzante: nel CERN di Ginevra, tempio della fisica delle particelle, si trova una statua di Shiva Nataraja donata dall’India. È anche un omaggio al pensiero di Capra, che in Il Tao della fisica aveva collegato la danza di Shiva alla danza delle particelle subatomiche.
Hollywood e la cultura pop : il libro di Capra è citato in numerosi film e serie, ed è stato punto di riferimento per registi e artisti legati alla contro-cultura.
Un autore di lungo corso: oltre a Il Tao della fisica, Capra ha scritto più di dieci volumi tradotti in tutto il mondo, unendo fisica, filosofia, ecologia e società.
Attualità ecologica: oggi Capra è molto attivo nella divulgazione ambientale e partecipa a conferenze internazionali sulla sostenibilità e l’educazione ecologica.
Fritjof Capra e il Tao della fisica il saggio che mette in comunione scienza e religione
Dalla fisica delle particelle alla danza dell’universo
Formatosi come fisico teorico, Capra lavorò negli anni Sessanta e Settanta in istituti come l’Università di Parigi, Stanford e l’Imperial College di Londra. Ma fu durante una pausa di ricerca che ebbe l’intuizione destinata a cambiare la sua vita.
Studiando la fisica quantistica, in particolare il comportamento delle particelle subatomiche, si rese conto che le immagini evocate da questa nuova scienza somigliavano sorprendentemente alle rappresentazioni del mondo presenti nei testi orientali.
Il concetto di “danza cosmica” delle particelle elementari richiamava la figura di Shiva Nataraja, il dio danzante dell’induismo.
Le descrizioni della realtà come un intreccio dinamico di energie ricordavano il Tao cinese, inteso come flusso vitale che tutto pervade.
Le riflessioni sul vuoto quantistico riecheggiavano il concetto buddhista di śūnyatā, la vacuità fertile e generatrice. Non si trattava, lo sottolineò subito Capra, di affermare che i mistici orientali “sapessero già” la fisica moderna. Piuttosto, di riconoscere come linguaggi diversi potessero convergere su intuizioni comuni, offrendo chiavi complementari per comprendere la complessità dell’universo.
Il Tao della fisica: un classico che ha fatto epoca
Pubblicato per la prima volta nel 1975, Il Tao della fisica ebbe un successo planetario. Tradotto in decine di lingue, vendette milioni di copie e divenne un testo di riferimento non solo per gli appassionati di scienza, ma anche per filosofi, ecologisti, artisti, studiosi di spiritualità.
Il libro non solo apriva un dialogo inedito tra culture diverse, ma invitava a superare la visione meccanicistica e frammentata dell’universo, dominante in Occidente fin dall’età moderna.
Per Capra, la fisica quantistica mostrava che la realtà non è fatta di oggetti separati, ma di reti di relazioni, di processi dinamici, di connessioni invisibili.
Un messaggio che, negli anni Settanta, parlava alla controcultura e al movimento ecologista, ma che oggi appare ancora più attuale in un mondo attraversato da crisi ambientali, sociali e culturali.
Un pensatore sistemico ed ecologista
Negli anni successivi Capra non si è fermato a Il Tao della fisica. La sua ricerca lo ha portato a sviluppare una vera e propria teoria dei sistemi complessi, che applica non solo alla fisica ma anche alla biologia, all’economia, alla società.
Tra le sue opere più note ci sono La rete della vita (1996), La scienza della vita (2000) e La visione sistemica della vita (2014, scritto con Pier Luigi Luisi). In tutti questi testi, Capra propone un cambio di paradigma: smettere di pensare in termini riduzionisti e lineari, e imparare a leggere la realtà come un intreccio di interazioni, un ecosistema in cui ogni elemento è connesso agli altri.
Questa visione lo ha reso un punto di riferimento per il pensiero ecologista contemporaneo: la crisi ambientale, sostiene Capra, non può essere affrontata con soluzioni tecniche isolate, ma solo attraverso una trasformazione culturale profonda, che riconosca l’interdipendenza tra esseri viventi e pianeta.
Un ponte tra culture
L’originalità di Capra sta anche nell’aver messo in dialogo due mondi che per secoli sono stati visti come inconciliabili: scienza e spiritualità.
Non per confonderli, ma per mostrare come possano arricchirsi a vicenda. Per gli scienziati occidentali, la sua opera è stata un invito a non chiudersi nella matematica astratta, ma a considerare le implicazioni filosofiche e culturali delle proprie scoperte.
Per i lettori interessati alle tradizioni orientali, Capra ha mostrato che quelle intuizioni non appartengono solo al passato o alla religione, ma possono dialogare con le frontiere più avanzate della conoscenza scientifica.
Perché leggerlo oggi
A cinquant’anni dalla sua uscita, Il Tao della fisica non è solo un classico della divulgazione scientifica, ma un libro che continua a interrogare le nostre certezze.
In un’epoca segnata da crisi climatiche, pandemie e conflitti, il pensiero sistemico di Capra ci invita a superare i confini rigidi tra discipline e culture, per riconoscere l’interconnessione che regge la vita.
Capra non ci offre risposte semplici, ma ci ricorda che ogni forma vivente partecipa alla danza universale dell’esistenza. Un invito alla responsabilità, alla consapevolezza, ma anche alla meraviglia.