“Che te devo dì”, espressione romana che mostra perlopiù indecisione e voglia di chiudere il discorso; sn. “Chissenefrega” (versione pulita).
Il romano la usa come Socrate, quando sa di non sapere e rimette al suo interlocutore l’intera risposta. Conversazione tipo: “Come è andata ieri sera?”; “Che te devo dì…” la risposta resterà un mistero, ma è pur sempre stata data.
E dunque, da romana quale che è Melissa Bianco sceglie un titolo perfetto per la biografia che la mette “quasi” totalmente a nudo. Con “Che te devo dì?” trasporta la sua ironia da un piano visivo a un piano più intimo, narrato, tenendo sempre fede alla comicità che la contraddistingue e che per lei non è solo intrattenimento, ma uno strumento di sopravvivenza.
Un’autobiografia sincera
Dopo aver conquistato milioni di persone sui social, con i suoi sketch TikTok e le sue confessioni disarmanti, Bianco porta la sua voce sulla pagina scritta, riuscendo in un’impresa non scontata: trasformare il ritmo veloce dei video in una narrazione autentica, personale e autoironica.
Tra risate e fragilità
Nel libro, Melissa si racconta per quella che è: una ragazza come tante, ma con una lingua tagliente e un cuore gentile.
La famiglia, gli amici, gli amori, i momenti di crisi — tutto viene messo sul tavolo con il tono di chi non vuole insegnare nulla, ma condividere la propria imperfezione e sanità al di là dello schermo che scorre e i cuoricini.
Il suo “che te devo dì?” non è solo una frase diventata tormentone, ma una filosofia quotidiana: accettare che non tutto si può spiegare, che a volte l’unica risposta è un sorriso o una smorfia fatta per sdrammatizzare. È questo equilibrio tra leggerezza e profondità che fa del libro un piccolo manuale emotivo del vivere contemporaneo, dove la vulnerabilità diventa forza e l’umorismo cura.
Dalla comicità alla scrittura: il linguaggio come specchio dell’anima
Melissa Bianco scrive come parla: senza costruzioni artificiali o virtuosismi, con una naturalezza che diventa stile e colpisce il lettore. Le sue frasi scorrono veloci, mimando una conversazione a tu per tu: il lettore sente quasi la voce, il tono, l’espressione tra le righe.
La potenza de “Che te devo dì?”
Tra le numerose autobiografie dette “auto”, quella di Melissa Bianco si riconosce come genuina, non filtrata. Spicca per la sua immediatezza linguistica, per il modo di scrivere che sembra quasi attaccare bottone tra amici; è semplice, ma allo stesso tempo non lo è. Dietro ogni battuta si percepisce un lavoro di equilibrio tra comico e tragico, tra confessione e costruzione narrativa.
L’intimità dei social e la scrittura come atto di fiducia
Come molti creator della sua generazione, Melissa Bianco si muove tra due mondi: quello digitale e quello reale; ma, a differenza di tanti, non costruisce un personaggio: lo decostruisce, portando di fronte alla telecamera la semplicità della vita. Il libro funziona come un amplificatore dove racconta le sue paure, le ansie, gli amori sbagliati, i momenti di spaesamento e le giornate storte. Una sorta di “diario” pubblico.
Il risultato è un ritratto che va oltre la comicità, un atto di fiducia nei confronti dei suoi lettori: come se dicesse “guarda, sono io davvero, senza filtri, senza tagli, con tutti i miei sbagli”.
Una comicità che accoglie e consola
L’umorismo di Melissa Bianco è inclusivo e terapeutico, un modo per sopravvivere alle ansie della vita adulta senza negarle.
Nelle sue parole si riconosce chiunque abbia mai detto “oggi non ce la faccio” ma poi si è alzato comunque dal letto. È una scrittura che abbraccia il lettore, che gli dice “non sei solo” anche quando parla di solitudine, che trasforma il dolore in racconto e il disagio in un’occasione per condividere.
Melissa Bianco e la generazione della verità emotiva
C’è una generazione – quella dei social, delle confessioni in diretta, delle fragilità normalizzate – che sta cambiando il modo di raccontarsi.
Melissa Bianco ne è una voce limpida e affettuosamente caotica: rappresenta una femminilità onesta, che non teme di mostrarsi vulnerabile, goffa o arrabbiata. In questo senso, “Che te devo dì?” è più di un memoir: è uno specchio generazionale, un piccolo manuale sentimentale che parla di resilienza, famiglia e autenticità.