Il vice direttore de L’Osservatore Romano parla del suo libro “Ratzinger, dalla paura al tempo dell’amore”, riedizione del suo precedente libro scritto nel 2006 e aggiornato in seguito alle dimissioni di Benedetto XVI
MILANO – Aver traghettato la Chiesa dalla pratica di una fede ereditata a una fede scelta personalmente e coerente con il comandamento dell’amore, passando da una Chiesa che si faceva guidare dalle regole anche rigide e formalistiche a una Chiesa che è rivitalizzata dalla fiducia, dalla confidenza, dalla positività. E’ questo il maggior merito di Joseph Ratzinger nel corso del suo pontificato secondo Carlo Di Cicco. Il vice direttore de L’Osservatore Romano ne parla all’interno del libro “Ratzinger, dalla paura al tempo dell’amore”, riedizione del suo precedente libro scritto nel 2006 e aggiornato in seguito alle dimissioni di Benedetto XVI. Di Cicco spiega come Papa Ratzinger sia andato fuori dagli schemi pregiudiziali che avevano sempre accompagnato la sua figura di cardinale preposto a guardia della dottrina cattolica. Secondo il vice direttore de L’Osservatore Romano il suo operato è stato per i cristiani un esempio di rinnovamento e rinascita, valori su cui riflettere proprio in occasione della domenica pasquale.
In che modo si è sviluppato il progetto del libro “Ratzinger, dalla paura al tempo dell’amore”?
Considerando il titolo della prima edizione del 2006 che aveva come titolo "Ratzinger – Benedetto XVI e le conseguenze dell’amore", posti l’11 febbraio scorso davanti alla rinuncia per i più inattesa di Ratzinger al pontificato, si imponeva un aggiornamento che tenesse in conto l’enormità di quella decisione sul piano storico. Era giunto un tempo di bilancio della sua azione di pontefice che aveva messo come faro iniziale l’amore. La scelta del nuovo titolo segna semplicemente un giudizio positivo sulla sua azione complessiva avendo traghettato la Chiesa dalla pratica di una fede ereditata a una fede scelta personalmente e coerente con il comandamento dell’amore. Dalla Chiesa che si faceva guidare dalle regole anche rigide e formalistiche a una Chiesa che è rivitalizzata dalla fiducia, dalla confidenza, dalla positività.
Può spiegarci cosa intende con il concetto di “paura” che compare nel titolo?
C’è un passo della Lettera dell’apostolo Giovanni dove si afferma che quando c’è timore l’amore non è perfetto. Una certa rigidità che caratterizzava la Chiesa prima del concilio Vaticano II, il prevalere di una mentalità di giudizio, di repressione, di discriminazione rendeva difficile un contesto di fiducia e di affidamento. La paura di sbagliare, di peccare, di venir meno agli ordini, alle pratiche da fare, alle preghiere da recitare era comune. Il dover fare e farlo in un certo modo secondo una certa tradizione era imperante. Si sentiva che essere cristiani comportava un certo soffocamento. Ora quel tempo è superato. Siamo passati a un tempo nuovo. Quasi non ce ne siamo accorti del grande mutamento. Che tuttavia c’è anche se ora ci pare normale.
In che modo il pontificato di Benedetto XVI ha destato sorpresa fin dalle prime scelte e dai primi momenti successivi alla sua elezione? Perché potrebbe essere definito rivoluzionario?
Perché ha sancito la normalità di privilegiare la dimensione dell’essere sul fare, la scelta sull’obbligo, la libertà e il dono sul comando e i precetti. E ha desacralizzato le strutture e le istituzioni che devono essere al servizio delle persone e non servirsi delle persone.
La predicazione dell’amore è stata un tratto caratteristico del pontificato di Benedetto XVI. Sarà un lascito verso cui si indirizzerà anche la predicazione del nuovo Pontefice?
Sembra proprio di sì fin dalla scelta del nome Francesco. Il lascito di Benedetto è stato tanto intenso e significativo sul piano teologico e nel riportare al centro della vita cristiana Dio e l’amore come valori di cui non si può fare a meno. La misericordia, uno dei temi pastorali da subito lanciati da papa Francesco è un messaggio speciale d’amore.
In che senso la scelta rinunciataria compiuto da Benedetto XVI può essere considerata un totale atto d’amore nei confronti dei fedeli e nei confronti del soglio pontificio?
Perché ha contribuito in un attimo a superare remore antiche. Il suo gesto restituisce piena dignità umana e cristiana a un servizio che nel tempo rischiava di restare prigioniero della burocrazia, di essere mondanizzato restringendo la sua dimensione di servizio pastorale. Riconsegnare il servizio petrino alla sua natura rende bella la Chiesa e permette di viverci meglio.
31 marzo 2013
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