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Bjorn Larsson, ”Bisogna leggere tanto per diventare dei bravi scrittori”

Leggere tanto, essere curiosi della vita, fare esperienze, giocare con la realtà. Questi sono solo alcuni dei segreti per diventare scrittori. O meglio, queste sono alcune delle esperienze che Bjorn Larsson ha fatto prima di diventare autore di successo...

“Diario di bordo”, l’ultimo libro di Bjorn Larsson che racconta il percorso dell’autore per diventare lo scrittore di successo che oggi tutti gli appassionati lettori conoscono. I segreti della sua “arte del saper scrivere” ce li racconta in questa intervista

MILANO – Leggere tanto, essere curiosi della vita, fare esperienze, giocare con la realtà. Questi sono solo alcuni dei segreti per diventare scrittori. O meglio, queste sono alcune delle esperienze che Bjorn Larsson ha fatto prima di diventare autore di successo. Nel suo ultimo libro, “Diario di bordo” Larsson si racconta ai suoi lettori, parlando degli ostacoli che ha dovuto affrontare per diventare l’autore che oggi tutti conosciamo e  svela i retroscena dei suoi romanzi più famosi. Ecco cosa ci ha raccontato Bjorn Larsson in questa intervista.

”Diario di bordo”, oltre ad essere il suo ultimo libro, è anche un’ancora di salvezza per tutti quelli che vogliono diventare degli scrittori. Insomma, in qualche modo ce la si fa?
Per prima cosa, uno non deve sognare di « diventare scrittore » – come ho fatto io da giovane – ma deve piuttosto chiedersi se ha qualcosa di importante, di bello e di urgente da raccontare agli altri. Esistono già tanti buoni libri su tutti i temi possibili e pensabili, il che rende veramente presuntuoso pretendere di scriverne un’altro di valore. Non c’è alcun bisogno di un altro libro fra i centinaia di migliaia di altri se non apporta qualcosa di nuovo ai lettori. Un futuro scrittore deve dunque leggere molto, da una parte per non reinventare la ruota, dall’altra per imparare il mestiere. Tutti i grandi scrittori che conosco sono stati e sono grandi lettori. L’altra esigenza di coloro che sognano sul serio di fare gli scrittori è semplicemente di… scrivere. Ho conosciuto molte persone chi si inventano ogni genere di pretesto per non scrivere… manca il tempo, ci sono i bimbi, il lavoro, c’è bisogno di solitudine, etc. Ma scrivere – la letteratura – non è un passatempo, qualcosa che si fa quando non ci sono cose più importanti da fare. È – o dovrebbe essere – qualcosa di altrettanto necessario come l’amore o l’amicizia o la libertà.  

 
Nel suo libro racconta il percorso che si fa per scrivere un libro, gli ostacoli che bisogna superare, gli studi che bisogna fare. Ma non racconta del risultato, perché quello è un giudizio che deve rimanere in mano ai lettori. Dopo anni da scrittore, qual è il suo rapporto con i lettori? Cosa ha imparato da loro? E’ capitato che il loro giudizio l’abbiano bloccato nel suo lavoro?
Al contrario, i miei lettori che mi scrivono e con i quali scambio a volte qualche parola sono un vero incoraggiamento per continuare a lottare per scrivere un libro che possa contare almeno un po’ nella vita della gente. Ho avuto testimonianze di lettori chi mi hanno raccontato che un mio libro li ha aiutati a scegliere una vita o a cambiare di direzione. Non c’è complimento migliore per uno scrittore. Detto questo, non è possibile scrivere un libro pensando a un genere specifico di lettore. Ogni libro ha forse il suo lettore ideale, pero non si sa chi sia prima di pubblicare il libro e se sarà letto da lui o da lei. In parte, è questa l’avventura della letteratura: è imprevedibile e deve esserlo.

 
Questo suo ultimo libro è un omaggio all’Italia e, proprio qui in Italia, lei è molto conosciuto per “Il cerchio celtico”. Rumors vogliono che lei sia pronto con una nuova trilogia che approfondisce ancora meglio la sua conoscenza del mondo celtico. Ci dia questa bella notizia. E’ vero? E se si, quanto dobbiamo aspettare?
Ho in cantiere molte idee di romanzi diversi; fra queste, uno che parlerà dei Celti storici e sopratutto del perché loro abbiano scelto di non adottare la scrittura per trasmettere le cose importanti della loro cultura; scelta che in un certo senso è uno schiaffo per uno scrittore. Ho fatto molte ricerche e ho scritto, come prova, alcune pagine. Ma non so se un giorno mi butterò sul serio in questo progetto, ancor meno se sarà una trilogia. È vero che sono personalmente affascinato dai Celti e dalla loro storia, però non è sufficiente per fare un romanzo. Bisogna trovare un tema esistenziale più profondo che attraversi i tempi e i popoli. E questo non l’ho ancora trovato.  

 
In “Diario di Bordo” racconta che il suo approccio al mondo dei libri è avvenuto in tenera età. Prima ancora di scrivere, lei ha letto molto e  in molte lingue diverse. Insomma, non è decisamente uno scrittore improvvisato. Ma, secondo lei, che rapporto c’è oggi tra i giovani e il mondo dei libri? Cosa bisognerebbe fare per spingerli a leggere di più?
È allo stesso tempo molto semplice e molto difficile. E’ sufficiente che noi scrittori scriviamo libri e storie che piacciano loro. Basta che i professori a scuola e i genitori a casa trovino libri buoni per i giovani, non i libri che loro devono leggere perché gli adulti hanno deciso che fanno parte di un certo bagaglio culturale. Far leggere – e studiare – Dante a un ragazzo di quattordici anni – ne conosco uno – che non ha ancora letto un romanzo intero, neanche Harry Potter o L’isola del tesoro, non ha  nessun senso. Innanzitutto non ha l’età o l’esperienza per capire la bellezza e la profondità di Dante. Inoltre, non sa come fare a incorporare Dante nella sua vita di ogni giorno, che è fatta di calcio e amici. La lettura, in questa maniera, diventa soltanto un obbligo, non un piacere, un compito di scuola e non una scoperta personale.  
 
Ha spesso dichiarato che “La letteratura serve a dare un’alternativa alla vita grigia di ogni giorno”, la finzione è un elemento fondamentale nei suoi romanzi (anche un po’ pericolosa, come quando nel libro racconta l’equivoco con la vita del gigolò). In questo suo ultimo libro, quindi, è stato del tutto sincero o c’è anche una parte narrativa per catturare noi lettori? Non ha avuto paura di mettersi a nudo?
Nessuna paura, per la semplice ragione che non mi sono messo a nudo neanche minimamente in questo libro. Sebbene quasi tutta la mia vita sia girata intorno alla letteratura, non sono soltanto uno scrittore. Neanche nei libri Saggezza del mare o Bisogno di libertà, che sono autobiografici, ho raccontato tutto della mia vita. C’è spesso un malinteso sul rapporto fra lo scrittore e i suoi libri. Quando sono scrittore, sono soltanto una parte di me stesso, e spesso neanche me stesso, come ha sottolineato molto bene Proust. Si chiama mettersi negli panni degli altri. Da dove viene l’ispirazione non conta, dalla propria vita, dalla vita degli altri, di altri libri, di letteratura o documentari; conta soltanto che la storia raccontata sia convincente, verosimile e possibile in questo mondo. Però penso che sia molto importante non imbrogliare il lettore. Se uno scrive un libro sulla realtà, e cioè sulle cose che sono veramente successe, non ha il diritto di mentire o di fare finta. In un romanzo, invece, lo scrittore ha tutte le libertà possibili e anche impossibili. È proprio questa la peculiarità della letteratura, a differenza di altri testi e discorsi.  

7 ottobre 2014

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