Il bisogno d’amore raccontato da Dolly Alderton

20 Dicembre 2025

Il memoir di Dolly Alderton è un ponte che attraversa l'adolescenza e raggiunge i 30 anni grazie ad amicizie e desideri. Un libro che allarga la parola “amore”.

Il bisogno d’amore raccontato da Dolly Alderton

Il punto di “Tutto quello che so sull’amore” non è “capire l’amore”. Non è un romanzo di auto-aiuto, ma in memoir sulla crescita di Dolly Alderton, che prende i suoi vent’anni e li racconta con ironia e sincerità, in un modo che stranamente fa stringere lo stomaco; è come trovarsi in seduta dallo psicologo e vuotare il sacco, dire le cosa più brutte con il sorriso sulle labbra e accorgersi che si sta piangendo.

È così che Dolly Alderton prova a mettere ordine in quel decennio incasinato che sta tra i venti e i trenta: non per trarne una morale, ma per raccontare cosa succede quando crescere è una serie di prove generali.

“Tutto quello che so sull’amore” (edito in Italia per BUR Rizzoli) è diventato un caso proprio perché racconta questa zona intermedia.

Il percorso narrativo attraversa l’infanzia e l’adolescenza, l’università a Exeter, l’arrivo a Londra, le case condivise, i lavori cercati e persi, gli appuntamenti sbagliati, le ossessioni sentimentali, i momenti di euforia e quelli in cui si torna a casa senza riuscire a spiegare bene perché si è tristi.

È una “montagna russa” che parte da un sobborgo inglese e passa per Messenger, le fughe con la migliore amica Farly e poi l’approdo in città, dove cambia lo sguardo su tutto.

Alderton non scrive un romanzo di formazione “pulito”, con tappe esemplari. Scrive un memoir che si muove per episodi, liste, scene brevi, ricordi che si accendono e si spengono. È un libro costruito per accumulo, come spesso accade quando la memoria prova a riprodurre un decennio: non con una linea retta, ma con una serie di urti.

In una nota di lettura su Publishers Weekly si sottolinea l’umorismo autoironico e, allo stesso tempo, la capacità di diventare improvvisamente struggente quando la scrittura entra in territori di perdita e vulnerabilità.

Non è un memoir “brillante” e basta. È brillante, sì, ma non perché vuole piacere: perché usa la comicità come strumento di precisione.

Di cosa è fatto davvero il memoir

Uno degli effetti più netti di “Tutto quello che so sull’amore” è che non separa mai i compartimenti. La sfera sentimentale non è un capitolo, ma un campo magnetico che influenza tutto il resto.

Il desiderio viene raccontato con l’energia dei vent’anni, ma anche con la sua componente di automatismo, di bisogno di essere scelta, di dipendenza dall’attenzione. Allo stesso tempo, il corpo è un territorio attraversato con sincerità, senza la necessità di trasformare ogni episodio in tesi. E il lavoro, l’ambizione, la costruzione di un’identità professionale, è un’ossessione parallela: perché crescere, in quel periodo della vita, significa anche diventare “qualcuno” mentre si cerca di capire chi si è.

Ritmo da conversazione, dettagli da cronaca personale

Alderton viene dal giornalismo e dalla scrittura di costume: si sente nella velocità, nella capacità di trasformare un dettaglio in una scena, nel modo in cui una serata diventa una piccola unità narrativa con un inizio e una fine.

Il Financial Times, nella recensione del 2018, descrive il libro come un Bildungsroman medio-borghese molto divertente, pieno di scorribande alcoliche e di vita londinese, ma anche capace di cogliere una “fase sporca e dorata” dell’esistenza.

È un’espressione che funziona perché tiene insieme due cose: la luce e la sporcizia. La nostalgia e l’imbarazzo. L’euforia e lo sfinimento.

Il trucco delle liste non è davvero un trucco

In più punti Alderton usa liste: compaiono paure, ossessioni, frasi irritanti, cose che non si ha il coraggio di dire. Publishers Weekly nota proprio questo dispositivo, insieme a un umorismo costante e a un capitolo particolarmente toccante legato a un funerale.

Le liste non sono “carinerie”: sono un modo per riprodurre l’ansia e la velocità mentale di chi sta ancora imparando a regolarsi.

Premi e legittimazione

Il successo del libro non è rimasto confinato alla bolla social o alla promozione editoriale. Nel 2018 ha vinto il National Book Award (UK) per Autobiography of the Year.

Nello stesso periodo è arrivata anche la visibilità di shortlist e riconoscimenti popolari (tra cui la shortlist Waterstones, citata anche in un’intervista al Guardian).

Questa doppia traiettoria è interessante: da un lato, un libro che circola come “quello da passarsi tra amici”; dall’altro, un libro che ottiene timbri istituzionali. Due forme di legittimazione diverse, che raramente coincidono.

Cosa ne ha detto la critica

“Tutto quello che so sull’amore” è stato amato con entusiasmo, ma non in modo unanime. L’obiezione più frequente è sempre la stessa: quanto dipende tutto dalla “riconoscibilità”?

  • Il New Statesman (2018) lo definisce un memoir “shockingly intimate”, cioè sorprendentemente intimo, e insiste sulla qualità della scrittura più che sul “tema generazionale”.
  • Kirkus Reviews (sulla pubblicazione USA) parla di un coming-of-age raccontato con “tender flair”, un tocco tenero e misurato, e lo considera un libro capace di dare ossigeno a chi attraversa (o ha attraversato) quella fase di vita.
  • Il Financial Times lo apprezza per la vivacità, per l’energia narrativa, per la sua capacità di rendere la vita dei vent’anni una storia e non solo un diario.

Dalla pagina allo schermo

Nel 2022 il memoir è diventato una serie TV britannica in 7 episodi, scritta dalla stessa Alderton, prodotta da Working Title per BBC One e distribuita anche su Peacock negli Stati Uniti.

Le protagoniste (Maggie e Birdy) sono interpretate da Emma Appleton e Bel Powley, con un gruppo di amici che completa il quadro (Nell, Amara e gli altri).

L’adattamento è “fictionalised”: non riproduce il libro alla lettera, ma prende il suo materiale emotivo e lo trasforma in trama, ritmo, personaggi. Questa è una seconda prova del successo del progetto: “Tutto quello che so sull’amore” non è solo una confessione brillante, è una struttura abbastanza solida da diventare racconto seriale.

Un libro che allarga la parola “amore”

Il motivo per cui “Tutto quello che so sull’amore” continua a circolare non è il “tema”, né il fatto che parli di appuntamenti, feste o figuracce.

Alderton racconta quel periodo in cui tutto sembra provvisorio, ma ogni scelta pesa come se fosse definitiva: qui le relazioni diventano un laboratorio, le amicizie una specie di casa, il lavoro un termometro dell’autostima, e le serate “leggere” finiscono spesso per lasciare domande più serie del previsto. Non mette in ordine la vita, ma i movimenti della vita, le ripetizioni, i passi falsi, le cose che si fanno per sentirsi scelti e per non sentirsi fuori posto, per tenere insieme un’identità che cambia troppo in fretta.

“Tutto quello che so sull’amore” è un libro che tratta l’amore come una cosa che si impara per tentativi, spesso nei posti sbagliati, e quasi sempre grazie alle persone che restano quando tutto il resto crolla.

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