Un romanzo che tutti stanno leggendo, ma soprattutto amando, e che la critica estera ha ormai messo sul piedistallo: perfetto per Natale, un bestseller che, ne siamo certi, piacerà anche a voi.
Quella storia d’amore classica che colpisce
Con “Cuore l’innamorato” Lily King torna a fare ciò che le riesce meglio: prendere una storia d’amore apparentemente “classica” e usarla per parlare di tempo, identità, scelte che ci segnano per sempre. Il romanzo – pubblicato in Italia da Fazi, tradotto da Manuela Francescon – è l’edizione italiana di “Heart the Lover”, uscito negli Stati Uniti per Grove Press.
Non è solo un titolo di culto per chi aveva amato “Writers & Lovers”: è stato subito un instant New York Times bestseller e ha raccolto una quantità impressionante di riconoscimenti. È tra i 100 “Must-Read Books of 2025” di Time, che lo definisce un vero strappacuore, capace di mostrare la distanza fra i grandi progetti della giovinezza e le curve imprevedibili della vita adulta. People lo ha inserito nella lista dei libri dell’anno condivisi con Time, raccontandolo come la storia di tre studenti ambiziosi, innamorati dei libri e l’uno dell’altro, intrappolati in un triangolo amoroso che li segnerà per sempre.
Secondo le schede italiane di IBS e dell’editore, il romanzo è considerato fra i migliori libri del 2025 secondo il New Yorker e il New York Times, e viene presentato come una storia che celebra l’amore, l’amicizia e la forza del perdono, ma anche la difficoltà di “fare pace con le nostre versioni precedenti”. Amazon lo ha inserito fra i Best Books of 2025, con gli editor che parlano di un romanzo “arguto e toccante” e una prova ulteriore del talento di King.
Insomma, “Cuore l’innamorato” arriva già circondato da un’aura di libro-evento.
Ma di cosa parla davvero? E perché sta colpendo così a fondo lettori e lettrici?
La casa del campus e il battito del primo amore
La protagonista – che per buona parte del romanzo conosciamo solo col soprannome “Jordan” – è un’aspirante scrittrice all’ultimo anno di college. Sa riconoscere una buona storia d’amore: i segreti, i sottotesti, gli alti e i bassi. Ma la sua, di storia d’amore, è tutto tranne che lineare.
Nell’autunno dell’ultimo anno incontra Sam e Yash, due studenti modello del corso di Letteratura. Vivono in una casa fuori campus, la Breach House: un luogo che è metà comune studentesca, metà piccolo tempio della parola scritta. Lì si gioca a carte, si bevono caffè tardivi, si discutono libri con un fervore quasi religioso. È un microcosmo perfetto per chi sogna una vita dentro e grazie ai libri, e Jordan vi scivola dentro come se fosse sempre stata attesa.
Ben presto si crea un equilibrio fragile: Sam è il ragazzo ufficiale, molto religioso, deciso a mantenere il voto di castità; Yash è il migliore amico, brillante, enigmatico, capace di un’intelligenza che incanta e spaventa. Jordan si muove tra i due, divisa fra desiderio di appartenenza e bisogno di capire chi è davvero. Il romanzo segue quel periodo febbrile in cui tutto sembra possibile: l’amore, la carriera da scrittrice, un futuro costruito solo sul talento e sulla buona volontà.
In questa prima parte King utilizza molti topoi della campus novel: seminari intensi, professori carismatici e discutibili, amicizie che nascono fra una lezione di poesia e una di filosofia, feste universitarie che si trasformano in punti di non ritorno. Ma lo fa con un realismo emotivo che evita la nostalgia patinata. Gli anni Ottanta del college non sono solo soundtrack e maglioni oversize; sono anche un’epoca in cui la violenza di genere e la cultura dello stupro non hanno un linguaggio per essere nominate, come mostra il destino di Cyra, una ragazza che compare solo di sfuggita ma la cui morte pesa su tutti.
Il salto nel futuro: quando il passato torna a bussare
A un certo punto, King compie un gesto narrativo netto: salta avanti di decenni. Jordan è ormai una scrittrice affermata, vive in Europa, ha una famiglia, un matrimonio costruito sulla stabilità più che sul brivido. Il triangolo del college sembra archiviato, almeno in superficie.
È qui che il romanzo cambia tono: dal romanzo di formazione universitario passiamo a una riflessione adulta su cosa rimane di ciò che abbiamo vissuto. Il passato torna sotto forma di una visita inattesa: Yash ricompare, malato di cancro, costringendo Jordan a rientrare metaforicamente in quella “stanza” della giovinezza dove credeva di aver chiuso tutto a chiave. L’arrivo di Yash non è un amarcord romantico, ma un vero terremoto emotivo, come sottolineano anche le schede italiane del libro.
In questa seconda metà, la narrazione si fa più intima e dolorosa. Jordan racconta in seconda persona, rivolgendosi al “tu” di Yash, come se stesse scrivendo una lunga lettera impossibile. King intreccia la storia d’amore mai davvero conclusa con il tema della cura, dell’accompagnare qualcuno verso la fine: un sito di medical humanities ha parlato del romanzo come di un libro che “intreccia la perfetta storia d’amore universitaria con una seconda parte in cui il tempo, la malattia e la morte la complicano e la sfilacciano”.
Qui “Cuore l’innamorato” diventa un romanzo sul caregiving, su cosa significa essere la persona che resta lucida mentre l’altra si spegne. King è molto concreta nel raccontare il corpo malato: le terapie, la fatica quotidiana, la disumanizzazione degli ospedali. Ma non cede mai al melodramma: il dolore viene restituito attraverso piccoli dettagli fisici, gesti di imbarazzo, tentativi di salvare una dignità condivisa.
Cosa vuole raccontarci Lily King
Il tempo che deforma (e a volte salva) i sentimenti
Uno dei nuclei emotivi più potenti del romanzo è il modo in cui il tempo riscrive i sentimenti. Jordan non è più la ragazza che entrava alla Breach House col fiato corto per l’emozione; è una donna con un lavoro, un matrimonio, dei figli, una vita costruita anche sulle rinunce.
Lily King sembra chiederci: cosa succede quando il grande amore che non abbiamo vissuto fino in fondo torna a cercarci? Diventa risarcimento, tentazione, o semplice confronto con ciò che non potrà mai più accadere? Le schede dell’editore insistono sulla necessità di “fare pace con le nostre versioni precedenti”, non per perdonarle in modo consolatorio, ma per capire che proprio quelle scelte – anche le più sbagliate – ci hanno portato fin qui.
Jordan scopre che il passato non è mai davvero passato: è una stanza interiore in cui continuiamo a tornare, di solito senza invito. La visita di Yash costringe lei e il lettore a entrare di nuovo in quella stanza, a guardare dritto negli occhi la ragazza che è stata e gli errori che l’hanno plasmata.
In questo senso, “Cuore l’innamorato” è meno un romanzo sul “primo amore che non finisce mai” e più una meditazione sul fatto che certi amori non finiscono come storie, ma cambiano forma: diventano memoria, rimpianto, talvolta forza per andare avanti.
Il peso delle scelte e la parola “hamartia”
Nel reading group guide ufficiale del libro, una delle domande riguarda una lezione universitaria sul termine “hamartia” – tradizionalmente inteso come “colpa tragica” – che Yash preferisce tradurre come “errore di giudizio casuale”, un passo falso che chiunque potrebbe compiere.
Questa riflessione diventa la chiave di lettura dell’intera storia. Le scelte di Sam, Yash e Jordan non sono macchinazioni melodrammatiche, ma errori molto umani, compiuti spesso nel buio di chi non ha ancora un linguaggio per capire cosa prova. Il romanzo torna più volte su un interrogativo: siamo vittime di un difetto caratteriale immutabile o di una serie di momenti in cui non eravamo all’altezza di noi stessi?
Lily King non assolve nessuno, ma neanche condanna. Osserva i personaggi con una pietà lucida: mostra come la paura, l’orgoglio, il bisogno di essere visti possano portare a scelte devastanti, ma lascia sempre aperta la possibilità del cambiamento e del perdono.
Libri, metafore e un grande Gatsby privato
Gatsby, Lawrence e la tradizione del romanzo d’amore
“Cuore l’innamorato” è un libro pieno di libri. Sam, Yash e Jordan leggono e discutono di classici: “Il grande Gatsby”, “L’uomo senza qualità”, l’“Eneide”, i diari di sant’Agostino. Non è solo un vezzo colto: quelle letture diventano la grammatica con cui i personaggi interpretano la propria vita.
Il soprannome “Jordan” viene proprio da Gatsby, e rimanda a quel misto di fascino, ambiguità e outsider che caratterizza la protagonista di Fitzgerald. Nel romanzo, questa scelta non è un semplice omaggio: è una dichiarazione di poetica. Come la Jordan originale, anche la Jordan di King abita i margini di un mondo dominato da uomini carismatici e ricchi di parole, senza accorgersi subito di quanto il suo sguardo sia in realtà il più acuto.
La critica anglofona ha sottolineato anche l’eco di D.H. Lawrence e di certi romanzi novecenteschi in cui amore, desiderio e morte si intrecciano in una trama quasi mitica. King gioca con questi riferimenti senza mai farne mostra: li integra nella voce di Jordan, rendendo credibile il modo in cui una giovane lettrice appassionata filtra la realtà attraverso le storie che ha amato.
Il corpo malato come lente d’ingrandimento
Nella seconda parte il romanzo si sposta su un terreno più cupo. Yash torna nella vita di Jordan con una diagnosi di tumore, e la malattia diventa metafora e realtà allo stesso tempo.
Una recensione apparsa su un sito di medical humanities insiste su come King riesca a rendere “gli orrori quotidiani del cancro” non solo fisici ma relazionali: la fatica di comunicare, l’imbarazzo di chi assiste, la brutalità dei protocolli medici che riducono il corpo a caso clinico.
Il romanzo non si limita a usare la malattia come dispositivo tragico: la guarda da vicino, nella sua ripetitività sfiancante, nei momenti in cui perfino i gesti di cura rischiano di diventare invasivi.
Il cancro, però, non ha l’ultima parola. È il catalizzatore che costringe Jordan, Yash e le persone intorno a loro a interrogarsi su cosa significhi davvero amare qualcuno: rimanere “fino alla fine”, dire la verità, accettare di non essere il salvatore di nessuno. In questo senso la malattia agisce come lente d’ingrandimento sulle dinamiche affettive, mostrando cosa resta quando si toglie tutto il resto.
Come è stato accolto: premi, liste, reazioni
Un successo trasversale tra critica e lettori
Se si guarda alla ricezione critica, “Cuore l’innamorato” è quasi un piccolo caso editoriale. Il sito Book Marks, che aggrega le principali recensioni anglofone, segnala per “Heart the Lover” un rating complessivo di “Rave”, basato su 16 recensioni entusiaste.
Il Guardian lo definisce una “storia d’amore da tesoro”, sottolineando come il romanzo sia allo stesso tempo prequel e sequel di “Writers & Lovers”, ma perfettamente autonomo, e lodandone la struttura che alterna passato universitario e presente segnato dalla malattia. Il Financial Times parla di libro “triste, sensuale e profondo”, capace di mescolare umorismo, malinconia e riflessione filosofica sul desiderio e sul lutto.
Negli Stati Uniti il romanzo è entrato nelle classifiche di best seller del Washington Post, a conferma di un successo anche commerciale. Time lo colloca fra i 100 libri da leggere dell’anno, sottolineando come King riesca a raccontare la distanza fra i progetti grandiosi dei vent’anni e la realtà spesso disordinata della mezza età.
La lista dei riconoscimenti continua: Amazon lo inserisce fra i migliori libri del 2025, con un editor che lo descrive come un romanzo “spiritoso e saggio”, prova del fatto che King resta “una delle regine della narrativa contemporanea”. Il sito dell’editore americano riporta lodi da parte di Bookpage, Booklist, Kirkus e NPR, che parlano di una grande storia d’amore triangolare, intensamente commovente, capace di catturare i picchi e le cadute di un amore universitario e di farli risuonare nel tempo.
Anche in Italia le prime recensioni sono calde: articoli su siti letterari sottolineano come il romanzo sia “un libro che fa male nel modo migliore possibile” e che coinvolge proprio perché le vicende raccontate potrebbero, con pochi cambiamenti, appartenere a chiunque.
Le voci dissonanti: quando il romanzo divide
Non mancano però le note meno entusiaste, e questo è interessante perché restituisce l’idea di un libro vivo, discusso. Alcune lettrici-blogger hanno apprezzato molto l’inizio ambientato al college, ma hanno percepito una certa perdita di tensione nella seconda parte, come se i personaggi – soprattutto Yash – diventassero meno tridimensionali man mano che ci si avvicina al finale.
Altre recensioni, pur molto positive, hanno segnalato un rischio di “sovraccarico emotivo”: la combinazione di amore, rimpianto, malattia e lutto può risultare impegnativa per chi cerca una lettura più leggera. Ma è proprio su questa intensità che King costruisce il proprio stile: la sua scrittura – sottile, capace di trovare la parola esatta nel dettaglio di una scena – tende a portare tutto in primo piano, senza filtri ironici di protezione.
In generale, però, il bilancio critico è nettamente favorevole. Chi ha amato “Euforia” e “Writers & Lovers” ritrova quella miscela di intelligenza e vulnerabilità che è ormai il marchio di fabbrica dell’autrice; chi la scopre con questo libro trova una porta d’ingresso perfetta al suo universo narrativo.
Per chi è “Cuore l’innamorato”
“Cuore l’innamorato” non è un romance tradizionale, anche se il cuore della storia è un triangolo amoroso. È, piuttosto, un romanzo sull’effetto a lungo raggio dei sentimenti: su come un periodo limitato della nostra vita – un anno in una casa di studenti, qualche mese di passione e confusione – possa continuare a determinare le scelte di decenni interi.
È un libro per chi ama le storie ambientate nei campus universitari, ma non cerca solo nostalgia; per chi ha voglia di leggere di relazioni amorose che non si chiudono in modo pulito, ma restano aperte, irrisolte, capaci di riapparire quando meno ce lo aspettiamo. È anche un romanzo per chi non ha paura di affrontare la malattia e la morte in letteratura, non come elemento ricattatorio ma come parte inevitabile dell’esperienza umana.
Soprattutto, è un libro per chi crede che la letteratura possa aiutarci a guardare in faccia le nostre “versioni precedenti” senza vergogna, con quella combinazione di tenerezza e lucidità che Lily King padroneggia come poche altre scrittrici contemporanee.
Non è una lettura neutra: è probabile che, arrivati alle ultime pagine, ci si ritrovi a pensare al proprio primo amore, a chiedersi quali gesti, quali omissioni, quali frasi non dette avrebbero potuto cambiare il corso delle cose. E forse è proprio questo il senso più profondo di “Cuore l’innamorato”: ricordarci che l’amore non è solo ciò che viviamo nel presente, ma anche la storia che continuiamo a raccontarci – e a riscrivere – di ciò che è stato.
