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Bernardino Sassoli de’ Bianchi, ”Occorre interrogarsi su cosa rappresenti la cultura per l’Italia”

Portare prodotti di qualità al più vasto pubblico possibile. Con questa idea è stata fondata nel febbraio 2011 la casa editrice Indiana Editore. Voluta da Bernardino Sassoli de' Bianchi, lo spirito della casa editrice è quello di un’officina in cui operano soggetti diversi per ambito ma affini negli intenti...

Il responsabile di Indiana Editore parla della sua casa editrice ed analizza l’attuale situazione dell’editoria italiana

MILANO – Portare prodotti di qualità al più vasto pubblico possibile. Con questa idea  è stata fondata nel febbraio 2011 la casa editrice Indiana Editore. Voluta da Bernardino Sassoli de’ Bianchi, lo spirito della casa editrice è quello di un’officina in cui operano soggetti diversi per ambito ma affini negli intenti. Indiana Editore fa incontrare talenti di diversi campi: scrittura, filosofia, cinema e musica e grafica si riuniscono all’insegna dell’espressione e della comunicazione. Ne nascono libri dalla personalità forte, tanto nei contenuti quanto nella veste grafica. Il responsabile Bernardino Sassoli de’ Bianchi spiega i piani della casa editrice e analizza l’attuale situazione dell’editoria italiana.

 

Qual è la caratteristica principale della vostra casa editrice?
Forse l’attenzione un po’ maniacale con cui immaginiamo i libri che pubblichiamo; punti di confluenza in cui (un po’ per miracolo) convergono, nei casi migliori, forse più fortunati, esigenze diverse e a volte opposte tra loro. Diciamo spesso che ogni libro per noi è un progetto: significa che cerchiamo sempre di capire come fare arrivare un certo autore al lettore giusto, che poi implica anche una certa attenzione all’aspetto commerciale, alla comunicazione, alla veste grafica. Quanto più un libro ha contenuti “di nicchia” tanto più  è importante allargare il numero di lettori potenziali a cui quel libro può arrivare. 

 

Come vi collocate all’interno dell’offerta editoriale italiana?
Sembrerà banale come risposta ma il nostro obiettivo e di portare prodotti di qualità al più vasto pubblico possibile. Da un lato attraverso dei saggi divulgativi che pur trattando temi al centro della vita di tutti i giorni, si contraddistinguano per la ricerca e la serietà; dall’altro attraverso la scoperta di giovani scrittori emergenti frutto della costanza e dell’impegno con cui ci dedichiamo allo scouting.

 

Esiste una nicchia di lettori alla quale vi rivolgete in particolare?
No, esistono tante nicchie a cui ogni libro si rivolge. Nel senso che si diceva sopra. Ogni libro ha un suo insieme di lettori; poi è chiaro che spesso queste nicchie sono in sovrapposizione. Però, per esempio, nonostante gli autori abbiano un percorso che per molti versi li accomuna, soprattutto alle origini, non credo che Il Cristo zen di Montanari e Sinapsi di Galiazzo abbiano avuto molti lettori in comune. 

 

Perché si legge poco in Italia?
Intanto non è chiarissimo che in Italia si legga così poco (si veda il libro di Solimine, o il rapporto curato da Nielsen per il Centro per la Promozione della Lettura). Forse più che altro si legge male, e quindi poco. Ma credo che la risposta sia molto complessa, e che ci si debba interrogare su cosa rappresenti per l’Italia la cultura. C’è ancora un certo atteggiamento reverenziale e quasi sacrale nei confronti del libro, dell’autore, delle idee che il libro, sia esso un saggio o un romanzo o un fumetto, comunica. O, all’estremo opposto, una concezione del libro come svago (non, si badi, come entertainment) che va benissimo ogni tanto ma non può essere l’unica percezione che si ha della lettura.

 

Quali sono le possibili strategie per promuovere la lettura in Italia?
È una domanda che non ha risposta semplice. Però mi sembra evidente (ed è quasi un corollario di quanto detto sopra) che si debba intanto ripensare il modo in cui si insegna a leggere a scuola e – forse ancora di più – all’università.

 

27 giugno 2012

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