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Beatrice Masini, ”Il successo de Il Piccolo Principe è la sua semplicità, arriva dritto al cuore’

La storia de ''Il Piccolo Principe'' la conoscono tutti. E’, infatti, uno dei libri più amati dai piccoli e grandi lettori, di tutti i tempi. Nel 2000 è uscita una traduzione edita da Bompiani, l’unica esistente in Italia. Ora, a distanza di quasi 15 anni, Beatrice Masini ...

Da Harry Potter  a Cime Tempestone, fino a Il Piccolo Principe. Beatrice Masini ci racconta come si fa a tradurre un classico della letteratura e cosa ha significato per lei rileggere e tradurre il capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry

MILANO –  La storia de ”Il Piccolo Principe” la conoscono tutti. E’, infatti, uno dei libri più amati dai piccoli e grandi lettori, di tutti i tempi. Nel 2000 è uscita una traduzione edita da Bompiani, l’unica esistente in Italia. Ora, a distanza di quasi 15 anni, Beatrice Masini esce la nuova traduzione di Beatrice Masini. “Felicissima di tradurlo perché è stato un libro importante per me, ma anche intimorita, perché una grande libro”. La traduttrice, scrittrice e giornalista, ci racconta cosa significa tradurre un classico della letteratura e che significato ha per lei il capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry.

Il Piccolo Principe è uno dei libri più letti e più amati di tutti i tempi: qual è il segreto del suo successo secondo lei?

La semplicità. Questo libro dice delle cose importanti per tutti in modo molto diretto, senza girarci troppo attorno, andando dritto al cuore delle cose.

Quando è stata la prima volta che ha letto questo libro? Che cosa ha provato?

E’ stato un libro importante della mia adolescenza, anche per questo quando mi è stato affidato il compito di tradurlo ne sono stata più che contenta. L’ho letto intorno ai 12 anni e devo dire che allora “Il Piccolo Principe” non era così popolare come adesso. Tra le mie amiche nessuno lo aveva mai letto. A me era stato passato da mia mamma. Per me quindi è stata una grande scoperta e ricordo che mi era piaciuto molto, mi annotavo su un quaderno anche le frasi più belle.

“Il Piccolo Principe”, tra i lettori della nostra community, è uno tra i libri più amanti. Spesso, molti libri letti da piccoli, poi, vengono rivalutati in età adulta. Lei che differenze ha trovato tra la prima volta che ha letto il suo libro e ora che l’ha ri-letto in età adulta?

Be’ devo dire che tradurre un testo letterario, significa entrare nella storia di un libro da un’altra porta. Però io ho riletto più volte “Il Piccolo Principe” ai miei figli e devo dire che rimango sempre ancorata alla stessa idea: il suo punto di forza che cattura i lettori è la sua semplicità. E lo conferma anche il modo in cui è scritto, di fatto è tutto là, non ci sono giri di parole. E’ tutto molto nitido insomma, ed è un elemento che ho trovato la prima volta che l’ho letto e l’ho ritrovato ora.

Parlando del suo lavoro di traduttrice, quali sono i segreti per fare una buona traduzione di un testo letterario?

Ho fatto moltissimi confronti tra l’edizione italiana e quelle francesi ma mi sono guardata bene da ricalcare quelle stesse versioni. Tradurre un testo letterario significa un po’ ricominciare da capo. Ci sono dei classici difficili e dei classici più semplici, devo dire che quando un testo è chiaro e semplice come “Il Piccolo Principe” il lavoro è molto meno complicato, nonostante dietro ci sia quasi un timore reverenziale a lavorare su un testo di così grande importanza. La voce in questo libro è così limpida che non ho fatto altro che assecondarla, è stato un lavoro di massimo piacere. Ovviamente cerchi nuovi modi per dire le cose, ma in questo caso il testo è scritto, e anche strutturato, in maniera così semplice che non devi fare altro che andarci sopra. Ovviamente se si traduce un libro del primo ‘800, il lavoro è molto diverso perché li bisogna fare delle scelte più sostanziose.

Quindi non ci sono differenze sostanziali tra la sua traduzione e quelle precedenti…

Di traduzione de “Il Piccolo Principe” c’è solo una traduzione al momento  che quella edita da Bompiani circa una decina di anni fa. Dal 1 gennaio ne nasceranno a bizzeffe perché alla fine di quest’anno uscirà di diritti e diventerà di dominio pubblico, diventa a tutti gli effetti quello che noi definiamo un classico. E dunque chiunque può tradurlo e chiunque lo tradurrà, e allora lì sarà davvero interessante fare una lettura incrociata per vedere come saranno tutte le varianti tradotte de “Il Piccolo Principe”.

Il suo nome è legato anche ad un’altra grande saga della letteratura per ragazzi che è quella di Harry Potter, quali altri grandi traduzioni ha fatto?

Be’ io traduco sempre in maniera costante. Non anticipo i miei lavori futuri, ma ricordo con piacere di aver tradotto un anno fa “Cime Tempestose” per la casa editrice Bur, un lavoro per me molto importante perché anche questo è stato un libro che è stato fondamentale nella mia adolescenza.

Oltre ad essere una traduttrice, lei è anche una giornalista e una scrittrice. Che potere hanno secondo lei i libri, in particolare sui giovani?

I libri sui giovani hanno un potere immenso. Diventano un terreno comune, un linguaggio comune. Quando questo succede è molto bello, ma è molto bello anche quando i ragazzi abbiano gli strumenti giusti per potersi fare il proprio percorso tra i libri e la lettura, in biblioteca e in libreria. Se tutti leggessimo lo stesso libro, penseremmo tutti allo stesso modo e agiremmo tutti allo stesso modo. Quindi credo che ciascuno debba avere il maggior numero di libri a disposizione per poter scegliere quali leggere, poter scegliere da quali libri farsi cambiare la vita.

Le tre regole fondamentali per fare una buona traduzione?

Innanzitutto bisogna leggerselo molto bene, ma non da traduttore, ma da lettore. Riscoprire la sensazione che ci dà quel libro. Poi bisogna diventare un po’ più tecnici e quindi rileggerlo studiando il linguaggio e la struttura del romanzo.  E poi bisogna trovare la voce giusta, e cercare di imparare ad ascoltare la voce del narratore, capire cosa voleva dire con quel libro.

14 novembre 2014

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