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Barbara Garlaschelli e l’operazione ”Salvate una sirena dal macero”

Barbara Garlaschelli, milanese, ha scritto tante cose diverse: romanzi, storie in giallo, libri per ragazzi, umorismo nero. Con โ€œSorelleโ€ ha vinto il Premio Scerbanenco nel 2004...

Barbara Garlaschelli, milanese, ha scritto tante cose diverse: romanzi, storie in giallo, libri per ragazzi, umorismo nero. Con “Sorelle” ha vinto il Premio Scerbanenco nel 2004. “Sirena” racconta un periodo particolare della vita dell’autrice, immediatamente successivo al grave incidente che la immobilizzò.

 

Ciao, Barbara. In questi giorni su Facebook si parla molto della tua iniziativa di salvataggio delle copie di un tuo libro, “Sirena”, dal macero. Vuoi raccontare questa vicenda, emblematica di una concezione del libro come mero prodotto, merce fra altre merci? E ancora prima, vuoi parlare di questa tua opera, così personale e particolare, e delle sue tortuose vicende editoriali?

Io non ho avuto vicende editoriali particolarmente tortuose, nel senso che non ho mai dovuto fare lunghe attese – fino adesso – perché un mio libro venisse pubblicato. Il punto è che  l’editoria, in questi ultimi anni, sta vivendo un periodo di grande sofferenza. Le ragioni sono molteplici e alcune mi sfuggono, ma la mia impressione è che l’editoria “tradizionale” stia implodendo e non riesca a stare al passo con la vitalità nel web. Poi, anche all’interno di questo mondo virtuale si nascondono delle zone d’ombra (editori cialtroni, pseudo scrittori, ecc.) , ma credo che la nuova strada per l’editoria stia anche, anzi, soprattutto, lì.

Gli autori soffrono un calo di vendite e di attenzione non da parte dei lettori (la vicenda di “Sirena” è esemplare in questo senso) ma delle case editrici per le quali pubblicano. E questo genera scontento che si trasformerà, credo, nella ricerca da parte degli scrittori e delle scrittrici di nuove strade per raggiungere i lettori.

“Sirena” ha avuto una lunga e felice vita editoriale. Prima pubblicata con una piccola casa editrice (Mobydick), poi acquistata da Salani e successivamente ripresa in edizione economica da TEA. A un certo punto, come capita, i diritti sono scaduti e la mia agenzia ha chiesto a Salani e TEA se volevano rinnovare il contratto. La risposta è stata negativa, a causa della crisi del mercato editoriale. Così, un giorno mi è venuto in mente di chiedere in casa editrice quante copie avessero in magazzino (la cui destinazione certa, credo, sarebbe stata il macero o l’oblìo) e ho deciso di comperarle tutte. Anche perché molte persone, nel corso degli anni, mi chiedevano di “Sirena” (e di altri libri) e non riuscivano più a trovarli. Come non si riescono a trovare libri di autori molto più autorevoli di me. Inghiottiti nel nulla, fagocitati dalla mole di libri che, paradosso, continuano ad affollare le librerie per sparire nel giro di poco tempo.

A “Sirena” sono legatissima, racconta di me e di chi mi è stato vicino dal giorno del mio incidente a quando sono uscita dall’ospedale, dieci mesi dopo, su una sedia a rotelle. Avevo 15 anni ed era il 1981.

Quando, dopo pochi giorni, sono arrivati i pacchi, mi sono sentita morire e ho pensato: “E adesso?”. Poi mi è venuta l’idea di scrivere un post su Facebook e sul mio blog (“Sdiario”) intitolandolo “Salvate una sirena dal macero”. La risposta è stata strabiliante. Ho ricevuto richieste da tutta l’Italia, da chi già aveva una copia, a chi ne aveva sentito parlare, a chi si è incuriosito. Ci sono state decine di condivisioni. Alcuni ne hanno comperate fino a venti copie. Librai hanno esposto una locandina con l’appello. Insomma, un avvenimento, per me, emozionantissimo. Tra l’altro, per puro caso (dato che la puntata è stata registrata due mesi fa)  Carlo Lucarelli – che ama moltissimo “Sirena” (come altri colleghi, prima tra tutti Nicoletta Vallorani, grazie alla quale “Sirena” è arrivata in Salani, nel senso che lei ha portato a mano il dattiloscritto in casa editrice), dicevo per puro caso Carlo Lucarelli citerà “Sirena” nella sua trasmissione “La Tredicesima ora” in onda venerdì 13, su Rai 3, in seconda serata.

 

Mi piacciono molto gli autori eclettici. E tu lo sei particolarmente. C’è un genere o un’opera che secondo te ti appartiene di più, ti rappresenta meglio (“Sirena” a parte)? E c’è un comune denominatore, un filo rosso che lega tutte le tue storie?

Tutte le mie opere mi appartengono, sono parte di me. E’ difficile indicarne una. Potrei dirti “Alice nell’ombra” ( uscito prima  con Frassinelli nel 2002 e con una nuova edizione il 10 giugno, pochi giorni fa, per Ottolibri) che è stato il mio primo noir. O “ Non ti voglio vicino” (Frassinelli), con il quale sono arrivata tra i dodici finalisti dello Strega nel 2010 e che ha vinto tanti premi. O “Lettere dall’orlo del mondo”, nel quale mi sono cimentata in un breve romanzo epistolare e che ha segnato un passaggio importante nella mia vita (edito da Ad Est dell’Equatore, grazie a Carmen Pellegrino e Carlo Ziviello che ci hanno creduto). “O ridere o morire”, il mio libro d’esordio di racconti brevi di humour nero (e qui il grazie va a Tecla Dozio della mitica Libreria del Giallo e a Marco Zapparoli di Marcos y Marcos). Insomma, sono troppi e tutti sono parte della mia vita e della mia scrittura.

 

Parliamo dello Strega? Rimane un mito per scrittori e lettori, e tu, come ricordavi, hai toccato  con mano il mito arrivando in finale nel 2010, con “Non ti voglio vicino”. Ma il mito è così mitico visto da vicino?

No, visto da vicino, per me, è stato un esilarante circo. Emozionante, certo, ma lì capisci anche che c’è un momento molto preciso nel quale il libro, l’autore, non contano più ma contano altre logiche. Lì, in quell’interregno, esistono solo le case editrici e le loro logiche di mercato. Appurato questo, per me è stato divertente, e ho imparato molte, molte cose sull’editoria…

 

Dici spesso che non fai la scrittrice, ma sei una scrittrice. Ti va di spiegarci meglio?

È una visione del mondo. È difficile, paradossalmente, raccontarla. È come se l’immaginazione e le parole e le storie fossero sempre accese nella mia testa. Sia quando scrivo che quando leggo (e leggo moltissimo) i libri degli altri.

 

Scrivi con metodo, un tot di ore al giorno, o scrivi a sprazzi, a seconda dell’umore, dell’ispirazione, seguendo il ritmo delle storie che vivono dentro di te?

Sono la scrittrice meno metodica del mondo!

 

Come me, ami condividere pensieri e riflessioni nei blog.  C’è un uso “buono” della rete che ha cambiato il costume e la comunicazione non necessariamente e non sempre in peggio, non trovi?

Sì, sono d’accordo. La rete è un mezzo che bisogna conoscere e saper usare. Dal mio punto di vista, è solo un arricchimento, la possibilità di avere l’accesso a mondi e persone che prima erano inarrivabili. Da anni lavoro al mio blog, che ora è diventato “Sdiario” e che raccoglie attorno a sé molti collaboratori che curano rubriche. “Sdiario” (che si sta trasformando) sarà sempre più punto d’incontro per molte voci, nella narrativa, nell’arte, e chissà in cos’altro ancora.

Credo molto nel lavoro insieme agli altri, per questo, insieme a Nicoletta Vallorani, Eugenia Gilardi e Daniela Losini abbiamo fondato nel 2011 un’associazione culturale che si chiama Tessere Trame (tesseretrame.com)

 

A cosa stai lavorando adesso?

È un segreto. Ma sto lavorando, e molto.

 

Grazie, Barbara, per il tuo tempo e per aver risposto con tanta generosità alle mie domande.

È stato un piacere. Grazie a te.

  

Rosalia Messina

14 giugno 2014
 
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