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“Balla per me”: un romanzo sul mistero della morte e sul valore della vita

Attraversiamo lo spazio rendendo l’infinito ogni giorno più incommensurabile.

Sulla Luna non c’è finito solo il senno di Orlando, ma anche i piedi di Neil Armstrong.

Scandagliamo i segreti della Vita tramite l’ausilio della scienza che corre più lesta dell’etica e ci costringe al fiatone.

Eppure il mistero ancora oggi, anzi ancora più oggi di ieri, ci avvolge: cosa c’è prima e dopo? Ne sappiamo quanto Omero che immaginò la discesa degli eroi nell’Ade.

E, finché non possiederemo risposte, saremo artefici di innumerevoli domande e balleremo fra le epoche dell’umana storia nella convinzione e nella speranza che qualcuno, da lassù, ci guardi.

Ci solleveremo sulle punte, alzeremo le braccia verso il cielo e ci sembrerà, per un attimo, di aver sfiorato l’eternità, come da bambini credevamo di affondare nelle nuvole grazie ad un’altalena.

 

 

Balla per me”di Cristina Biolcati è un romanzo breve, edito nel dicembre 2015, che, attraverso una interessante struttura onirica e immaginifica, affronta il tema del post mortem districandosi in esso con delicatezza, intelligenza ed ironia.

Affidandosi alle parole di Davide, un ventiduenne morto a causa di un incidente stradale, l’autrice, non solo scrittrice e poetessa ma anche capace critica letteraria, compie ancora una volta il salto nell’oceano della narrativa, solcandone le onde con sicurezza e maestria.

Il protagonista, sospeso in un limbo fra il tempo dei vivi, declinato al presente, e quello dei morti, declinato al passato remoto, si interroga sui propri “amabili resti”, ossia sul segno che ha lasciato nelle esistenze dei propri cari e su come essi troveranno una strategia di elaborazione del lutto.

Tuttavia, non si tratta di un’opera incentrata sulla Morte, ma sul suo alter ego, la Vita, descritta metaforicamente come una danza al ritmo di varie melodie cui ogni nota è preziosa e unica.

La quotidianità è un “gioco da bambini”, un girotondo di ricordi, progetti, conquiste e insuccessi che contempla la paura di iniziare e il successivo coraggio di non fermarsi fino a quando l’orchestra sulla scena non deporrà gli archi e il sipario si chiuderà su un infinito silenzio.

 

O forse no?

Forse dietro il tendone di velluto, quando l’oscurità cala e la platea si svuota, inizia il vero spettacolo?

Forse la vita è solo una sala prove?

Nell’attesa di conoscere la risposta, balliamo.

 

Emma Fenu

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