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Antonella Agnoli: ”Le biblioteche devono concentrarsi meno sulla conservazione libraria e più sul servizio al pubblico”

''Nella mia attività mi sono sempre occupata di creare servizi dalla parte dei cittadini, che tenessero conto più della relazione tra libri e persone che dell'aspetto della conservazione'', così Antonella Agnoli riassume lo spirito del suo lavoro al servizio dell'istituzione bibliotecaria. Membro del Cda dell'Istituzione Biblioteche del Comune di Bologna, Antonella Agnoli ha collaborato in passato con numerose biblioteche in Italia e all'estero...

Ripensando alla sua lunga esperienza di collaborazione con biblioteche italiane ed estere, Antonella Agnoli dà alcuni consigli per migliorare il nostro sistema bibliotecario

 

MILANO – “Nella mia attività mi sono sempre occupata di creare servizi dalla parte dei cittadini, che tenessero conto più della relazione tra libri e persone che dell’aspetto della conservazione”, così Antonella Agnoli riassume lo spirito del suo lavoro al servizio dell’istituzione bibliotecaria. Membro del Cda dell’Istituzione Biblioteche del Comune di Bologna, Antonella Agnoli ha alle spalle diversi anni di impegno professionale in cui ha collaborato con numerose biblioteche in Italia – ha fondato e diretto la Biblioteca di Spinea (Venezia), ha lavorato al progetto della Biblioteca provinciale di Pisa, è stata consulente del Comune di Firenze per la nuova Biblioteca delle Oblate – e all’estero.

 

LA BIBLIOTECHE COME WELFARE DELLA CULTURA – “L’esperienza sul campo mi ha dato modo di comprendere quanto sia importante concepire gli spazi bibliotecari come luoghi di incontro, ambienti che favoriscano il contatto tra le persone e delle persone con libri, film, cultura”, prosegue Antonella Agnoli. “Le biblioteche devono trovare un ruolo diverso da quello di archivi deputati alla conservazione e ripensarsi come ‘welfare della cultura’: devono proporsi come luoghi ospitali, per avvicinare la gente e invitarla a entrare. Purtroppo in Italia il sistema bibliotecario è meno frequentato, funziona meno che all’estero.”

 

LA LETTURA: IN ITALIA UN PROBLEMA STORICO – Quando si parla di lettura e libri nel nostro Paese, i dati non sono confortanti. “Il problema della scarsa diffusione della lettura in Italia è storico, e affonda le sue radici nel fatto che, a differenza di quanto accadeva nei Paesi protestanti, in Italia era vietato ai fedeli leggere autonomamente la Bibbia in volgare. Ultimamente però c’è una dilagante ignoranza che sta pervadendo tutti i settori. Si legge se c’è un humus, un ambiente culturale che spinge a farlo, e in Italia manca questo ambiente. Ma la questione non è solo quella di una scarsa abitudine alla lettura: il problema grosso è che solo una minima parte della popolazione ha le competenze per leggere. E gli altri? Purtroppo negli ultimi vent’anni nel nostro Paese ci si è occupati poco di cultura. Eppure bisognerebbe considerare che a soffrire maggiormente della crisi sono stati i Paesi che meno hanno investito in questo campo: si dovrebbe investire un po’ meno in attività estemporanea e più in servizi permanenti che favoriscano la crescita in questo settore.”

 

ABBATTERE LE BARRIERE – Un ragionamento che è supportato dall’esperienza all’estero, dove Antonella Agnoli ha potuto osservare una diversa attenzione e un diverso approccio alla cultura, a partire dalla gestione delle biblioteche. "All’estero le biblioteche fanno parte della vita quotidiana delle persone, perché sono pensate  in maniera differente: mentre da noi capita spesso di non avere libri a scaffale da poter consultare in autonomia, altrove  si arriva anche ad aprire i magazzini al pubblico. Probabilmente il nostro sostrato culturale ci impedirebbe di arrivare a questo livello di socialità, ma dovremmo cominciare ad abbattere le barriere che nelle nostre biblioteche ostacolano continuamente il visitatore. Gli ambienti devono farsi più ampi e accoglienti, i libri più accessibili, così da proporsi come luoghi in cui la cultura è per tutti e tutti collaborano a produrre cultura attraverso lo scambio.”

 

OFFRIRE MAGGIORI SERVIZI – Oltre a questo, bisognerebbe ripensare seriamente il ruolo del personale. “In Italia i metodi di reclutamento sono sbagliati, manca tutto un lavoro di riflessione sulle caratteristiche che il buon bibliotecario dovrebbe possedere e manca un’attività di formazione del personale. Andrebbero poi apprestati una serie di servizi per la parte più fragile della popolazione, quella meno preparata culturalmente, che potrebbe così vedere in questi luoghi un punto di riferimento e di guida. Purtroppo in Italia, diversamente da quanto è accaduto all’estero, non sono mai state applicate in questa direzione politiche nazionali supportate da adeguati investimenti.” Una carenza che le classi politiche del futuro sono chiamate a colmare.

 

20 luglio 2012

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