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Anna Vera Sullam, ”E’ possibile tramandare l’identità e la tradizione ebraica anche senza essere praticanti”

Integrarsi nella comunità in cui si vive, senza essere praticanti religiosi e non dimenticando le proprie origini e la propria identità. E' il messaggio lanciato da Anna Vera Sullam all'interno del suo nuovo romanzo “Undici stelle risplendenti”, presentato con Daria Bignardi ieri sera al Mondadori Multicenter di Milano...

L’autrice di origine ebraica insieme a Daria biganrdi parla dell’importanza di tramandare i valori e l’identità di un popolo

 

MILANO – Integrarsi nella comunità in cui si vive, senza essere praticanti religiosi e non dimenticando le proprie origini e la propria identità. E’ il messaggio lanciato da Anna Vera Sullam all’interno del suo nuovo romanzo “Undici stelle risplendenti”, presentato con Daria Bignardi ieri sera al Mondadori Multicenter di Milano.

LA PASQUA EBRAICA – Il romanzo permette a chi legge di addentrarsi in un mondo diverso da quello cattolico, per conoscerne le tradizioni, gli usi e i costumi e lo fa attraverso i gesti compiuti da un microcosmo famigliare riunito per la cena comune del sedér. La protagonista del libro, nonché alter ego della Sullam, è Vittoria, al quale spetta il compito di preparare la grande cena di famiglia in occasione della Pasqua ebraica. A tavola, tre generazioni si confrontano sulle comuni radici ebraiche e sul senso dell’esistenza. Alla grande tavolata, oltre a celebrare la liberazione degli ebrei dalla schiavitù d’Egitto, ciascuno porta con sé la propria storia, i propri pensieri nascosti, la propria  vicenda umana che si intreccia con gli usi e i costumi della tradizione ebraica.

MODO DI VIVERE – L’autrice spiega come secondo lei l’Ebraismo ha a che fare con Dio, ma in certo senso può sussistere anche senza di Lui, perché non si tratta tanto di una fede, quanto di un modo di vivere. “La fede è una cosa tua personale, e nessuno la mette in questione. L’Ebraismo è soprattutto una religione del fare. Gli Ebrei osservanti citano costantemente delle benedizioni e delle preghiere, compiono delle azioni in un certo modo, seguono delle regole precise. Tolte esse, restano delle cose impalpabili, delle tradizioni e dei sentimenti  molto poco visibili”.

TRASMETTERE LE TRADIZIONI – Anna Vera Sullam fa notare ai lettori quali sono le difficoltà che può avere un genitore come Vittoria, non osservante, nel mantenere una tradizione, un legame con il passato,  un  sentirsi parte di un popolo, di una storia che l’ha coinvolta. La stessa Daria Bignardi sottolinea quanto sia difficile trasmettere quella radice inesprimibile se non attraverso la pratica religiosa. “Comunicare questo a dei figli è difficile – afferma l’autrice Anna Vera Sulam – E’ diverso dall’insegnare certe regole e abituarlo a certe azioni. Io sono non osservante, ma sono attaccata alla tradizione familiare, mi sento parte di una storia comune che appartiene a una comunità. Comunicare il senso d’appartenenza, il sentirsi parte di un insieme, di una tradizione che si rinnova di generazione in generazione è complicato. Non è facile insegnare delle emozioni. E’ più facile insegnare a fare qualcosa che trasmettere un’identità”.

OLTRE GLI STEREOTIPI – Il romanzo permette all’autrice di far conoscere meglio la comunità ebraica, e quindi di andare oltre certi preconcetti. “La gente sa poco degli ebrei, ha dei pregiudizi su di loro. Sterotipi come il pensare che tutti gli ebrei siano intelligenti, ricchi, tutti molto uniti al loro interno, o che gli ebrei siano tutti uguali tra loro. Gli ebrei di fronte al pericolo esterno, come nel caso della shoah, si ritrovano più uniti, mentre nel loro interno, nelle loro comunità, tendono a volte a dimenticarsi della loro identità e perdono la coesione, dando vita a tante disunioni”.

SENSO D’APPARTENENZA – Anna Vera Sullam riflette nel libro sulla comunità ebraica e sulla sua esistenza in rapporto tempi odierni, la cui identità è sempre meno forte a causa dello scontro tra i principi della tradizione e quelli della contemporaneità e dalla convivenza con diverse culture. “In tutto il mondo oggi ci sono 13 milioni di ebrei, 22mila in Italia. Molti ebrei si sono assimilati con la cultura nella quale si sono inseriti, perdendo purtroppo parte delle proprie radici.” Un bisogno di ritrovare un forte senso d’appartenenza che Daria Bignardi sente molto vicino in questo particolare momento storico dell’Italia. “Sono originaria di Ferrara, e mai come in questo periodo – afferma la giornalista – ho sentito cosi forte le mie radici. Ho sempre pensato che le famiglie ebraiche rappresentassero bene il senso d’appartenenza. Vorrei che questo libro lo leggessero in tanti, soprattutto i giovani, perché in esso l’autrice è riuscita a tessere dei temi che vale la pena di riconoscere e ad illuminare questa comunità con grande sapienza”.

 

31 maggio 2012

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