“L’anatomista delle ombre”, un thriller storico che rimanda a “Frankenstein”

9 Novembre 2025

Giulio Leoni scrive un thriller storico ispirato a Frankenstein e all'elettricità. "L'anatomista delle ombre" si muove a Roma nel 1822, tra segreti e soldati.

“L’anatomista delle ombre”, un thriller storico che rimanda a "Frankenstein"

Roma, 1822. Fango, lanterne, un carro dei morti che scricchiola nella notte. E un anatomista che studia i corpi e le loro ombre, convinto che l’elettricità possa restituire alla vita ciò che l’acqua del Tevere ha strappato.

Con “L’anatomista delle ombre” (Nord), Giulio Leoni torna al romanzo storico dopo anni consacrati ai suoi investigatori “impossibili” – da Dante Alighieri in poi – e ambienta un’indagine nerissima nella Roma post-napoleonica, fra confraternite che seppelliscono gli annegati, spie pontificie, carbonari e i lampi abbaglianti del galvanismo. È un libro che, già dalle prime sinossi ufficiali, promette una storia “potente e inquieta sul confine tra vita e morte”, con un protagonista tormentato, Marzio, anatomista di professione e sperimentatore (quasi) eretico per vocazione.

Il lancio editoriale insiste su un’indagine nata “tra i corpi rigurgitati dal fiume” e su voci di esperimenti “non sui cadaveri, bensì sui vivi”: una miccia perfetta per Leoni, che fa sempre lavorare la trama come detonatore di idee storiche e morali.

Un chirurgo che lavora in segreto

Marzio ha servito come chirurgo al seguito delle truppe napoleoniche; ora, in una Roma reazionaria e piena di delatori, nasconde il passato e le simpatie politiche. Lavora in segreto per la Confraternita dei Sacconi Rossi, la storica compagnia che raccoglieva e seppelliva i morti del Tevere sull’Isola Tiberina; lì redige rapporti sulle cause di morte e prosegue, di notte, i suoi studi sull’elettricità animale.

Il caso scocca quando dal fiume riemerge una donna con segni di folgorazione, mentre in città si mormora di un “carro dei morti” che si aggira lungo le sponde. Marzio fiuta una verità che non coincide con la superstizione. E, aiutato da Martina – orfana, amante, complice – entra in un labirinto dove la scienza nuova (Galvani e Aldini) sfida la teologia, e la politica cospira nei sotterranei.

Una Roma che esiste davvero: confraternite, galvanismo, spie

Leoni innesta il suo plot su tre elementi storici solidi.

  • I Sacconi Rossi. La Confraternita, nata a Roma per “la raccolta e sepoltura” dei cadaveri del Tevere, operò a lungo dall’Isola Tiberina, fra obitorio, carità e riti funebri. La memoria dell’ordine (tonache rosse, cappucci calati) vive ancora nelle cronache e in ricostruzioni storiche cittadine. Evocarla non è folclore: è restituire alla città la sua “bassa manovalanza” della morte.
  • Galvani e Aldini. Luigi Galvani, con i suoi esperimenti di “elettricità animale”, e il nipote Giovanni Aldini – che nel 1803 elettrizzò a Londra il cadavere del giustiziato George Forster, ottenendo spasmi e “simulazioni di vita” – sono il retroterra scientifico reale di ogni immaginazione ottocentesca, da Frankenstein in poi. Gli atti e i resoconti dell’epoca sono pubblici; la stampa e i repertori enciclopedici li sintetizzano da decenni. Che un medico romano, nel 1822, ne subisca il fascino è narrativamente e storicamente plausibile.
  • La sorveglianza papale e i carbonari. Dopo la Restaurazione, lo Stato Pontificio tornò a una stretta poliziesca: informatori, processi, retate; i carbonari tramavano per l’unità e le libertà. Il clima è documentato da storici e sintesi divulgative, e Leoni lo usa per dare al suo romanzo non solo un colore d’epoca ma la pressione morale di una città che “spia” anche il pensiero.

Leoni, il metodo: quando la forma del giallo serve la Storia

Chi ha letto Leoni lo sa: la sua specialità è fare del romanzo storico un “procedurale dell’intelligenza”. Nei libri con Dante detective (“I delitti del mosaico”, “La crociata delle tenebre”, “L’occhio di Dio”) l’enigma era un modo per scandagliare lingua, potere, fede. Intervistato anni fa, l’autore spiegava che la sua sfida era “rendere contemporaneo un passato vivo”, evitando sia la docu-fiction sia il puro intrattenimento d’epoca. È un programma che “L’anatomista delle ombre” prosegue con coerenza, ma spostando l’asse dal Medioevo alla modernità nascente delle scienze della vita.

Il protagonista: un “dilemma con le mani sporche”

Marzio non è un genio infallibile: è un uomo che ha visto troppa morte (le campagne napoleoniche) e che ora tenta di “riportare indietro” almeno un barlume di vita con la scossa elettrica. È qui che Leoni alza la posta etica. Se Galvani e Aldini hanno mostrato movimenti e “resurrezioni apparenti”, cosa resta alla coscienza? Dov’è il confine tra cura e profanazione? L’anatomista diventa, allora, il luogo delle domande – e non degli assoluti – e l’indagine poliziesca è un banco di prova per la sua idea di responsabilità. I materiali storici lo autorizzano: gli esperimenti di Aldini, scritti e pubblicati, cercavano davvero applicazioni mediche alla “sospensione delle funzioni vitali”.

Struttura e stile: noir da laboratorio, città come organismo

Leoni costruisce la sua Roma come un corpo. Il Tevere è il sistema circolatorio, le catacombe il sistema linfatico, le confraternite la “cute” rituale, la polizia dello Stato Pontificio il sistema immunitario impazzito. L’immagine non è gratuita: l’autore lavora per parallelismi fra anatomia e urbanistica, con scene notturne tagliate a lama, dialoghi serrati e un lessico che non imbalsama mai la ricostruzione. Chi ha amato il ritmo dei suoi romanzi con Dante ritroverà qui la stessa economia di scene, ma con più ombra e più rumore di fondo: l’elettricità dei congegni, il metallo delle pinzette, il gocciolio dei sotterranei.

Il “laboratorio” come teatro del crimine

La stanza dell’anatomista – tavolo, ferri, vasche, batterie – è la vera camera di risonanza del libro. Lì Leoni mette in scena un’idea molto moderna del noir: la verità non coincide con la confessione, ma con una somma di tracce, residui, minimi indizi (lesioni, bruciature, posture). Il giallo storico, così, smette di essere “all’occhio nudo” e diventa giallo forense ante litteram: una scelta che dà al lettore il piacere dell’inferenza, e ricorda quanto le scienze del XIX secolo abbiano cambiato il modo di pensare i delitti.

Scienza e fede, memoria e corpo, pubblico e segreto

“L’anatomista delle ombre” intercetta almeno quattro linee tematiche forti.

  • La scienza e la fede: non come scontro grossolano, ma come attrito tra linguaggi: la Chiesa parla di anima, l’anatomista di tessuti ed eccitabilità elettrica. In mezzo ci sono i corpi dei poveri, i “senza nome” del fiume, su cui si esercitano pietà e sperimentazione. Il caso Forster a Londra, spettacolarizzato in pubblico nel 1803, mostra bene quanto la scienza dell’epoca fosse anche teatro. Leoni sembra rispondere: e oggi quanto pubblico è il nostro dolore?
  • La memoria del trauma: Marzio porta addosso la campagna di Russia. Leoni non espone, allude: mani che tremano, flash di neve nel buio romano, gesti ossessivi nel laboratorio. La colpa privata scivola nel crimine pubblico: una donna “fulminata” potrebbe essere l’alibi perfetto per mascherare ben altro.
  • Il corpo politico: Carboneria, polizia pontificia, spie. La città è un reticolo di sguardi; “vedere” e “non vedere” è questione di potere. Anche le autopsie hanno spettatori e assenti: notabili, preti, becchini, orfani. È un romanzo su chi decide cosa guardare e come raccontarlo. Le sintesi storiche sulla Restaurazione nello Stato Pontificio restituiscono bene il clima di sorveglianza che Leoni trasferisce in scena.

Confronti utili

I lettori di lunga data si chiederanno: quanto c’è del “Leoni dantesco” qui? Abbastanza per riconoscerlo, abbastanza poco per parlare di svolta.

Restano il gusto per l’enigma colto, l’attenzione alla lingua (l’italiano di Leoni non imita l’antico, lo fa filtrare) e la capacità di “inscenare” la Storia nei luoghi: biblioteche, monasteri, archivi prima; laboratori e obitori adesso. Le recezioni internazionali dei romanzi con Dante – come le edizioni inglesi, “The Mosaic Crimes” e “The Medici Codex” – hanno spesso elogiato proprio questa qualità archeologica del dettaglio.

Tuttavia, qui la razionalità non è filologica ma sperimentale; non si decifra un codice, si interpreta un corpo. Questo cambia anche il “tempo” della narrazione: meno biblioteca, più corsie, più strada; meno memoria testuale, più indizio fisico.

Verosimiglianza storica

L’ossatura documentale è robusta. I Sacconi Rossi non sono un’invenzione romanzesca: la confraternita è attestata, così come l’uso di recuperare i corpi nel fiume per dar loro sepoltura. I resoconti locali e le pagine di storia delle confraternite ne raccontano l’azione concreta, perfettamente coerente con il mestiere di Marzio.

Soprattutto, il filone del galvanismo non è un semplice ammiccamento all’immaginario gotico: Aldini pubblicò davvero i resoconti delle sue dimostrazioni; a Newgate, davanti a testimoni, l’elettricità provocò contrazioni e “movimenti facciali” nel cadavere di Forster – materiale che l’Europa lessa con un misto di orrore e fascinazione. Inserire un “folgorato” nelle acque del Tevere non è esotismo, è sfruttare una frontiera scientifica che nel 1822 era cronaca recente.

Atmosfere e ritmo

È un noir “da torcia e ferri”, molto fisico. L’acqua, il fango, la pelle, la bruciatura: il vocabolario sensoriale è la chiave. Il ritmo alterna inseguimenti a deduzioni da tavolo anatomico, con capitoli brevi e cambi d’inquadratura che ricordano il montaggio dei procedural moderni. Il soprannaturale aleggia – nelle leggende del carro dei morti, nelle apparizioni lungo il fiume – ma Leoni lo tiene come eco, non come risposta. La risposta, se arriva, resta umana: nelle mani che aprono e nelle coscienze che tremano.

Cosa dice la critica e cosa aspettarsi

Siamo di fronte a un’uscita recente, e le anticipazioni ufficiali insistono su due parole-chiave: “potente” e “inquieto”. È un lessico coerente con il percorso dell’autore, che in interviste passate rivendicava la scelta di un giallo “che non semplifica il passato ma lo rende praticabile” – dichiarazione che, per stile e metodo, può valere anche qui.

Al netto dell’inevitabile prudenza (i primi pezzi di rassegna arrivano a ridosso della data in libreria), è utile ricordare come la critica abbia storicamente definito Leoni “uno dei maestri italiani del giallo storico” per la sua perizia d’archivio e l’efficacia narrativa. La scheda autore di RAI Libri, ad esempio, ne riassume il profilo come tra i più noti nel filone “storico-mistery”, con traduzioni estere dei titoli maggiori.

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